Il FAI alla Biblioteca del Museo Egizio di Torino
Museo Egizio: il cortile

Un Ponte fra le Culture con gli studenti del Liceo Regina Margherita

Il Museo Egizio di Torino è il più antico museo al mondo dedicato interamente alla cultura egizia. A partire dalla sua fondazione (1824), ha avuto sede nel palazzo denominato “Collegio dei Nobili”, costruito su disegno di Michelangelo Garove dal 1679, dove sono state esposte le prime antichità, della collezione Drovetti, acquistate dal re Carlo Felice. A Bernardino Drovetti (1) va il merito di aver annullato la distanza di 3.000 chilometri che separa Torino dalla Valle del Nilo, un uomo che fu definito “il più potente europeo in terra d’Africa”, un coraggioso che è giunto in Egitto prima della egittologia, che nasce con la spedizione napoleonica in Egitto, nel 1799. L’Oriente era ancora una meta o un luogo vagheggiato, caratterizzato da ombre e suggestioni dell’immaginazione, più letterario che reale.

L’edificio, grazie ad interventi di Giuseppe Maria Talucchi e Alessandro Mazzucchetti, viene ampliato e adeguato alla nuova destinazione d’uso nella seconda metà dell’Ottocento e nel 1832 apre al pubblico. Oltre alle antichità egiziane, erano presenti anche reperti romani, preromani e preistorici, insieme ad una sezione di storia naturale (l’edificio era ed è tuttora condiviso con l’Accademia delle Scienze). Dopo un’iniziale sistemazione nella parte opposta dell’edificio, la Galleria dei Re, o Statuario, viene spostata nelle attuali sale. Nel corso dell’Ottocento il Regio Museo di Antichità ed Egizio acquisisce alcune collezioni minori da privati e tramite scambi con altri musei.

Tra il 1903 e il 1937 gli scavi archeologici condotti in Egitto da Ernesto Schiaparelli e poi da Giulio Farina portano a Torino circa 30.000 reperti. Il Museo ha una prima risistemazione nel 1908 e una seconda, più importante, nel 1924, con la visita ufficiale del Re, Vittorio Emanuele III. Per sopperire alla mancanza di spazio, Schiaparelli ristruttura la nuova ala del Museo (chiamata poi “ala Schiaparelli”), nella quale espone i reperti provenienti da Assiut e Gebelein.

Particolarmente importante sarà l’opera di ricomposizione del tempietto rupestre di Ellesiya donato dal governo egiziano quale riconoscimento per l’aiuto italiano nel salvataggio dei templi nubiani minacciati dalle acque della diga di Assuan. Per il trasferimento a Torino la struttura viene tagliata in sessantasei blocchi e inaugurata il 4 settembre 1970.

A partire dagli anni ’80, anche per l’incremento dei visitatori, si è reso necessario programmare un nuovo percorso di visita che ha determinato nuovi spazi espositivi. Il recupero e la sottomurazione dell’Ala Schiaparelli hanno reso fruibili ampie sale sotterranee dedicate alle attività archeologiche ad Assiut, Qau el-Kebir e Gebelein. Al piano terreno, è stata recuperata un’ampia sala destinata a accogliere le antichità dell’Età Predinastica e dell’Antico Regno.

In occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino del 2006, lo statuario è stato riallestito dallo scenografo Dante Ferretti. L’ultimo intervento ha radicalmente rifunzionalizzato gli spazi, l’intero percorso museale (articolato su cinque piani espositivi) e le dotazioni impiantistiche, in vista della grande riapertura del 2015.

Nel cortile sono state sistemate fioriere con piante tipiche dell’Antico Egitto (come il papiro e il falso papiro). Un progetto del Direttore Christian Greco prevede la creazione di un giardino, dove troveranno posto la caffetteria e il bookshop (attualmente a un livello sotterraneo). I lavori permetteranno di liberare altro spazio museale (al momento sono esposte soltanto 20 mummie sulle 90 di proprietà).

La Biblioteca Silvio Curto è parte integrante del Museo Egizio.

Il primo nucleo della Biblioteca nasce insieme al Museo Egizio nel 1824. Tra le prime acquisizioni figurano opere di grande pregio quali: la Description de l'Égypte; i Monumenti dell’Egitto e della Nubia, di Ippolito Rosellini; i Denkmäler aus Ägypten und Aethiopen, di Richard Lepsius.

Fino agli anni Cinquanta del Novecento le aggiunte al catalogo sono sporadiche.

È solo con il rientro delle collezioni in sede, dopo lo sfollamento al Castello di Aglié durante il secondo conflitto mondiale, che ci si rende conto della necessità di una sistematica politica di acquisizioni per adeguare la Biblioteca al progresso che la disciplina egittologica aveva avuto.

I fondi a disposizione in quel periodo non permettono l’ampliamento necessario e l’incremento si basa sulle donazioni di pubblicazioni da parte di studiosi in visita al Museo.

Tra i volumi donati in quegli anni si annoverano i primi 33 volumi della rivista Journal of Egyptian Archaeology offerte da Sir Alan Gardiner e tutti quelli della Chronique d’Égypte offerti dalla Fondation Égyptologique Reine Elisabeth, per intercessione di Arpag Mekhitarian.

Un’altra via percorsa per incrementare il patrimonio librario è stato l'acquisto di testi sul mercato antiquario, dove era possibile trovare a prezzi contenuti volumi provenienti da biblioteche chiuse o disperse dopo il conflitto mondiale.

A partire dal 1964, in seguito alla partecipazione del Museo Egizio alla campagna per il salvataggio dei templi nubiani, ci sarà l’aumento dei fondi destinati dal Ministero della Pubblica Istruzione all’acquisto di libri. Ciò permetterà l’avvio di acquisizioni sistematiche delle principali serie e dei più importanti periodici di settore: grazie a ciò la Biblioteca diventa nel corso del tempo un punto di riferimento per gli studiosi di tutto il mondo.

Nel 1968 Giuseppe Botti, egittologo e demotista, lascia in eredità al Museo la sua ricca e preziosa biblioteca. Nel 1977 e 1978 donano le proprie biblioteche personali Celeste Rinaldi e Vito Maragioglio. A inizio Duemila la Biblioteca ha un’altra battuta d’arresto nelle acquisizioni, ma negli ultimi anni gli acquisti e i doni hanno visto un notevole incremento.

Seppure con limitazioni, dovute alla esiguità delle postazioni a disposizione, la Biblioteca è aperta al pubblico e alla consultazione.

La presenza del FAI (Fondo Ambiente Italiano) in questo luogo ha avuto un doppio significato: far raccontare ai giovani ciceroni del liceo Regina Margherita la storia del Museo e, con il progetto FAI Ponte tra Culture, proporre visite guidate in lingua araba.

Il patrimonio viene in questo modo valorizzato non solo dal punto di vista storico e artistico ma anche antropologico, riscoprendo i legami, antichi o recenti, tra l’Italia e il resto del mondo, le reciproche influenze e connessioni. All’origine di questo pensiero vi è l’idea che la sensibilità artistica sia universale: tutti i popoli, in ogni epoca storica, si sono espressi con opere d’arte, ricercando un’ideale di bellezza e godimento estetico, attraverso espressioni artistiche che sono state occasione di scambio e dialogo tra le culture. Anche per questo il nome del progetto - FAI ponte tra culture - richiama l’immagine e il significato del ponte, luogo metaforico in cui incontrarsi in ogni campo. È una proposta culturale che ama le differenze, poiché grazie ad esse e al continuo confronto e scambio l’umanità si è evoluta nel corso dei secoli. FAI Ponte tra Culture persegue queste finalità: attraverso la conoscenza del patrimonio, il progetto opera da un lato per favorire lo sviluppo del senso di identità e appartenenza tra persone che hanno scelto l’Italia come nuova patria e dall’altro per valorizzare la presenza di legami che uniscono il nostro paese al resto del mondo, con la voce di persone che arrivano da altri paesi e culture.

In occasione delle Giornate FAI d’Autunno 2022, tra le varie aperture vengono proposti anche siti FAI ponte tra culture che puntano a valorizzare gli elementi, dell’antico passato o più recenti, che legano il nostro paese al resto del mondo, come è accaduto al Museo Egizio di Torino, nei giorni 15 e 16 ottobre.

L’ispirazione di tutto questo può essere ritrovata in un pensiero di Ralph Linton, scritto nel lontano 1979:

“Il cittadino americano medio si sveglia in un letto costruito secondo un modello che ebbe origine nel vicino Oriente. Egli scosta le lenzuola e le coperte che possono essere di cotone, pianta originaria dell'India; o di lino, pianta originaria del vicino Oriente; o di lana di pecora, animale originariamente domesticato nel vicino Oriente; o di seta, il cui uso fu scoperto in Cina. […] Si infila i mocassini inventati dagli indiani delle contrade boscose dell'Est, e va nel bagno, i cui accessori sono un misto di invenzioni europee e americane, entrambe di data recente. Si leva il pigiama, indumento inventato in India, e si lava con il sapone, inventato dalle antiche popolazioni galliche. […] Mentre fuma legge le notizie del giorno, stampate in un carattere inventato dagli antichi semiti, su di un materiale inventato in Cina e secondo un procedimento inventato in Germania. Mentre legge i resoconti dei problemi che si agitano all'estero, se è un buon cittadino conservatore, con un linguaggio indo-europeo, ringrazierà una divinità ebraica di averlo fatto al cento per cento americano”.

Note

(1) Bernardino Drovetti nasce a Barbania (TO) il 4 gennaio 1776 (la lapide tombale è errata). Laureatosi in legge, nel 1796 si arruola nell’esercito francese, combatte a Marengo e diventa comandante di squadrone negli ussari piemontesi. Dall'ottobre 1801 è giudice presso il Tribunale Criminale di Torino. Il 20 ottobre 1802 è sottocommissario alle relazioni commerciali ad Alessandria d'Egitto. Le basi della profonda influenza esercitata sul pascià d'Egitto Mohammed Alì nascono nel 1807, nel corso della spedizione inglese (marzo-settembre), che tenta di spodestare il Pascià appoggiandosi ai bey mamelucchi. Drovetti sfugge a un attentato, lascia Alessandria occupata dagli Inglesi, e raggiunge il Cairo, rianimando la resistenza locale e richiamandovi Mohammed Alì. Nel 1816, libero da impegni consolari, intraprende il primo vero e proprio viaggio di esplorazione in Alto Egitto, arrivando sino alla seconda cataratta, dove tenta senza successo di convincere gli indigeni ad aiutarlo nei lavori necessari per portare alla luce il tempio di Abu-Simbel. Nel 1821 si avvia un programma che prevedeva soggiorni di studio in Europa (inizialmente a Torino) per giovani egiziani promettenti. A gennaio 1824 tutta la sua collezione passa in Piemonte per la somma di 400.000 lire. In giugno. Champollion si reca a Torino per studiarla e vi trascorre nove mesi.

Bibliografia

Ralph Linton - Lo studio dell’uomo - Bologna, Il Mulino 1973

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Articolo pubblicato il 22/10/2022