Sotto lo sguardo del Basilisco

Una leggenda canavesana (di Dario Noascone)

“Un gallo nero dell’età di sette anni, prima di morire, deponeva segretamente un uovo che era fecondato da una vipera e successivamente covato da un rospo. Se l’uovo era covato in luogo umido e bagnato nasceva un drago che viveva per oltre cento anni, ma, se covato in luogo caldo e asciutto, sulla sabbia, nel letame o nella paglia, allora nasceva un basilisco (...)”.

Parole che paiono uscite da un antico grimorio, e che invece troviamo pubblicate nel bel mezzo di Cintano, soleggiato Comune delle colline canavesane che ad una nostalgica cornice contadina unisce il fascino di una narrazione misteriosa ed ancestrale.

Le parole appena citate, infatti, sono riportate sul piccolo leggio che affianca il singolare “Monumento al Basilisco”, manufatto in terracotta che campeggia di fronte alla chiesa parrocchiale. Come anche testimoniato dalla segnaletica del paese, la misteriosa figura del Basilisco, incrocio tra un gallo ed un rettile, si lega a doppio filo con la storia di Cintano, fino a diventarne la principale attrattiva.

Difficile stabilire da cosa nasca la versione cintanese del Basilisco, antica leggenda diffusa in tutta Europa: possiamo contare su parziali racconti tramandati nel tempo, testimonianze certo non facili da verificare.

Teatro delle vicende non è propriamente il borgo di Cintano, ma una località raggiungibile da una ben poco agevole strada che, attraverso i boschi, conduce alla Cappella del Malpasso (nomen omen…): è proprio qui che si hanno le più importanti segnalazioni sul misterioso animale.

Ce lo conferma Susanna Cappa, infaticabile ricercatrice di storie, leggende e racconti popolari del Canavese, da sempre attenta agli aspetti più misteriosi e “magici”. Proprio lei, col brillante entusiasmo di cui si accende quando parla di tradizioni canavesane, ci introduce ai misteri del Basilisco cintanese.

“La chiesa del Malpasso, nel tempo contesa fra Cintano e la vicina Sale, sorge proprio nei luoghi in cui, in passato, le genti del luogo dicevano di aver avvistato animali sperduti che poi sparivano improvvisamente, probabilmente richiamati dalla presenza del basilisco, che alcuni sostengono anche di aver avvistato. La gente era spaventata, non voleva più passare in quelle zone. Ovviamente non è facile trovare notizie certe”. Sfuggevole anche ad una collocazione nel tempo, il fantomatico Basilisco forse non era nemmeno solo: sempre nel singolare documento che accompagna il monumento, si ipotizza che diversi basilischi vivessero nella zona lungo le rive del torrente Piova. Ma oggi, che fine ha - o hanno - fatto?

“La morte del Basilisco, unico o ultimo che fosse, è oggetto di un’altra leggenda – prosegue Susanna Cappa. – Ne esistono diverse varianti, ma l’elemento comune è sempre una chioccia coi suoi pulcini. Bisogna prima di tutto premettere che il Basilisco uccideva pietrificando la vittima con lo sguardo, ma questo avveniva solo se era lui per primo a guardare. Chi avesse lanciato lo sguardo per primo, avrebbe ucciso il Basilisco stesso.

Avvenne così che la suddetta chioccia coi suoi pulcini attraversava la strada che conduce al Malpasso, ma venne aggredita dal Basilisco. Un solo pulcino si nascose in un cespuglio, e, dopo che il mostro ebbe sterminato la sua famiglia, ebbe la fortuna di guardarlo per primo pietrificandolo. Secondo un’altra versione, fu un ragazzo a lanciare lo sguardo, mentre il Basilisco era distratto dall’ultimo pulcino”.

Sempre secondo la leggenda, la bestia venne sepolta in una fossa su cui venne poi costruita la Cappella. “In effetti – prosegue l’esperta – si vocifera che sotto la Cappella vi sia una grotta o una cavità, in cui è custodito il Basilisco pietrificato. Purtroppo, non se ne conosce la via d’accesso”.

La Cappella, nonostante su una parete sia segnato l’anno 1844, è senza dubbio di epoca anteriore, probabilmente a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, e non si distingue dalle molte, caratteristiche chiesette di campagna di cui pullula il Canavese, ma la vera sorpresa è data da un dipinto originariamente custodito al suo interno, e ora trasferito nella chiesa parrocchiale per ovvi motivi di sicurezza. 

Di notevoli dimensioni, il quadro, databile a fine Settecento, raffigura tre Santi Martiri in adorazione del Bambino Gesù, in braccio alla Madre. Da sinistra troviamo Sant’Ignazio di Antiochia martire (a cui è dedicata la Cappella), san Giovanni Battista e San Sebastiano, mentre ad un livello più elevato troviamo la Madonna col Bambino, il quale regge una croce, il cui braccio inferiore – e questo è l’elemento particolare - si prolunga fino a diventare una sorta di lancia con cui Gesù è in procinto di trafiggere un grosso drago ai piedi dei martiri.

Ovviamente, proprio la presenza del drago ha suscitato le maggiori curiosità, tanto da essere identificato tout-court come il Basilisco dalla gente del luogo.

In realtà, sebbene insolita, l’immagine è strettamente legata ad una forte simbologia cristiana: il drago (ucciso da San Giorgio o da San Michele) rappresenta le forze infere, che vengono sconfitte dal sangue dei Martiri. Naturale, comunque, che quell’opera presente esattamente nei luoghi del Basilisco, vada a consolidare ulteriormente una leggenda di indubbio fascino.

Leggenda che sussiste anche in tempi recenti, confortata da episodi in grado di far sorgere qualche dubbio, vaghe testimonianze orali che solleticano quello che l’indimenticato Pitigrilli definiva “gusto per il mistero”.

Ed è ancora Susanna Cappa a confidarci, con ironica semplicità, che proprio suo nonno, visse una sorta di “incontro ravvicinato” col Basilisco.

“Premetto che mio nonno era noto per bere soltanto acqua – specifica scherzando la ricercatrice. - Il fatto avvenne nei tardi anni ’40, quando mio nonno, scendendo in un “crottin” (la tipica cantinetta scavata sottoterra) di sua proprietà, nei pressi del Malpasso, scorse una sagoma scura che stava bevendo il latte da un secchio, e che scappò non appena lo vide. Questo accadde per ben due volte. Quando chiesi al nonno, molti anni dopo, come fosse fatta la “cosa” che aveva visto, mi disse senza esitazione che sembrava un grosso lucertolone con piccole ali”.

Certo, se fosse vero, confermerebbe il fatto che vi sia ben più di un basilisco, in quelle zone...

Potremmo terminare qui le considerazioni su quella che si rivela una tenace forma di folklore non priva di riscontri sotto il profilo turistico, ma il perfido Basilisco ci riserva ancora – è il caso di dirlo - un colpo di coda.

Circa vent’anni fa, una rivista locale la cui pubblicazione è ormai cessata, riportava a grandi linee la leggenda del basilisco cintanese, completandola con una curiosità che ricorda da vicino “The Blair Witch Project”.

A quanto pare, negli anni ’50 un ricercatore tedesco, accompagnato dalla sua giovane assistente, si recò al Malpasso sulle orme del Basilisco.

I due iniziarono le ricerche registrando rilevazioni e conversazioni, ma ben presto sparirono senza lasciare traccia.

Dai nastri recuperati (custoditi ancora presso il Comune, sostiene qualcuno), pare che ad un tratto sia accaduto qualcosa di molto spaventoso...

Vendetta del Basilisco o – più prosaicamente – fuga del professore con la giovane assistente? Non è dato a sapersi.

Rimane comunque intatto il fascino di una leggenda che anche in epoca tecnologica non cessa di stimolare la nostra fantasia.

Dario Noascone

 

Classe 1971, Dario Noascone vive a Cuorgné (TO), dove ha scelto di abitare, con la propria famiglia, in una tranquilla frazione di campagna circondato dai suoi libri. Laureato in Lettere, ricercatore nell’ambito dell’antropologia delle religioni, della storia antica, della Tradizione e delle simbologie, da anni si diletta nell’organizzazione di eventi culturali sul proprio territorio, ed in passato ha ricoperto il ruolo di Consigliere delegato alla Cultura per il Comune di Cuorgné.

Già fondatore del circolo culturale Centro Studi Elementa, attualmente non operativo, è ora responsabile per la zona del Canavese di CulturaIdentità, per la cui pubblicazione mensile scrive con frequenza. 

È anche Consulente Generazionale Familiare secondo i principi della Genodiscendenza®, affascinante ambito nel quale si occupa di dinamiche relazionali dell’individuo nel contesto familiare.

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Articolo pubblicato il 30/08/2022