La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Le eroiche gesta di sette ragazzacci

Torino, gennaio 1888.

Poco dopo la mezzanotte del giorno 17, in piazza Statuto angolo via Manzoni, viene arrestato Carlo Vallaro detto Carlin, di 18 anni, mentre con altri due individui sta cercando di rubare l’orologio al passante Giovanni Silvagno.

Mentre Carlin è arrestato in flagrante, i suoi due complici riescono a fuggire.

Si apre così un filone di indagine per la Questura che nei giorni successivi può annunciare una serie di arresti di complici. Il 20 gennaio è annunciato l’arresto di C. Bartolomeo, R. Antonio, M. Antonio per complicità nella grassazione a danno di Giovanni Silvagno e di altri tre individui, complici dei precedenti per una truffa e per una rapina a mano armata a danno del commesso orologiaio Antonio Borri l’11 gennaio. Questi, verso le 8½ della sera, mentre percorreva il corso Regina Margherita, è stato assalito da quattro individui che dopo averlo gettato a terra, lo hanno depredato di tre orologi del valore di Lire 100 dopo avergli forato il mantello e gli abiti a coltellate.

È stata così identificata una vera e propria banda di giovanissimi rapinatori: il 21 gennaio la Gazzetta Piemontese ne descrive le imprese su segnalazione della Questura.

Nella notte dal 14 al 15 ottobre 1887 hanno rubato cucchiai, forchette e pani di stagno per un valore di Lire 400 nei locali al pianterreno della ditta Lancina, in via Bonzanigo, dopo aver divelto un’inferriata e forzato una finestra.

L’11 gennaio 1888 hanno commesso la rapina già descritta a danno del commesso orologiaio Antonio Borri.

Il 15 gennaio, in piazza Statuto, è stato aggredito Carlo Bonazzi, scrivano al Distretto militare, che è stato picchiato e depredato del suo orologio d’argento, che la Questura ha recuperato e sequestrato.

La sera del 17 gennaio, i giovani rapinatori si sono scatenati: hanno commesso una truffa a danno dell’esercente Costanza Stura (verosimilmente hanno mangiato e bevuto nella sua osteria e se ne sono andati senza pagare il conto), poi hanno tentato di rapinare Giovanni Silvagno in piazza Statuto. Ma le cose sono andate male, Carlin Vallaro è finito in prigione, dove i complici lo hanno seguito a ruota. Sempre in quella maledetta sera, i giovanotti avrebbero commessa una rapina in via Garibaldi, a danno di una persona che non è stata ancora identificata e che resterà sconosciuta. Evidentemente la rapina è stata riferita da qualcuno degli arrestati, ma la vittima non l’ha denunciata.

I torinesi, dopo aver appreso questa rassicurante notizia, possono approfondire la conoscenza coi componenti di questa banda di giovanissimi dal 19 dicembre dello stesso anno, quando sulla Gazzetta Piemontese compare - sotto il titolo «Le eroiche gesta di sette ragazzacci» - la cronaca del processo celebrato alla Corte d’Assise di Torino: a gennaio, infatti, il giornale ha presentato gli arrestati con le sole iniziali del cognome, compreso quello di Carlin Vallaro che è stato da noi anticipato.

I «sette ragazzacci» sono Carlo Vallaro detto Carlin; Giovanni Chiaravanno, meccanico; Antonio Romanotti, meccanico; Giovanni Luino, muratore; Antonio Mella, muratore; Bartolomeo Chiaberge; Vincenzo Bovolo. Sono tutti di Torino, maggiori dei 17 anni e inferiori ai 20, accusati di aver costituito una società di malfattori che tra la fine del 1887 e l’inizio del 1888 ha commesso furti e rapine tali da destare la preoccupazione della cittadinanza.

Secondo l’accusa, Luino e Chiaberge sono i responsabili del furto alla ditta Lancina, in via Bonzanigo; Chiaberge, Vallaro e Romanotti hanno commesso la rapina ad Antonio Borri (11 gennaio 1888) mentre il quarto aggressore non è stato identificato; Chiaravanno, Vallaro, Mella, Bovolo e Chiaberge sono autori della rapina a Carlo Bonazzi (15 gennaio 1888); Romanotti e Luino sono intervenuti per vendere l’orologio rubato; Vallaro, Romanotti e Chiaravanno sono imputati della fallita aggressione a Giovanni Silvagno (17 gennaio 1888).

Si annuncia un processo che si protrarrà per parecchi giorni.

Il cronista giudiziario non si dilunga in descrizioni dei singoli imputati, ma sottolinea il racconto di Antonio Borri, vittima di una delle grassazioni, che ha presentato «una delle più brutte e truci scene della vita barabbesca torinese, dandoci la nota dalla ferocia di questa brutta genia, piaga dalla nostra società». Borri racconta infatti che

 

nella sera dell’11 gennaio, alle 8 ½, mentre di ritorno a casa sua percorreva il viale Regina Margherita, un individuo gli venne alle spalle, e prima che avesse avuto neanche il tempo di girarsi, gli pose rapidamente un fazzoletto agli occhi e con uno strappo violento lo gettò a terra. Corsero addosso a lui altri tre, dal quali uno lo agguantò per i piedi, un altro prese a frugarlo in tutta la persona mentre gli vibrava coltellate sul lato destro, incoraggiato e consigliato sul modo di colpire dagli altri due.

«Goarda sa l’ha ‘l rochet» diceva uno dei due consulenti all’amico del coltello.

Questi lo frugò e vide cha il rochet (la rivoltella) non l’aveva.

«Forlo, Cento, forlo come un suin» (Foralo, Vincenzo, foralo come un porco).

Ma il querelante aveva altro per il capo che fare una questione personale per l’insulto.

Mi sentii calare - egli dice - qualche coltellata sulla persona.

Però l’accoltellatore colpiva sul lato destro, e ciò al consulente pareva una ingenuità in materia e suggeriva: «Ciola, sastu nen forelo?» (Stupido, non sai forarlo?)

E l’amico ascoltò il buon consiglio e prese a colpire sul lato sinistro in direzione del cuore; ma per fortuna il Borri era vestito d’inverno e le coltellate o non passavano la stoffa o non si affondavano molto, e a ciò dovette la sua salvezza.

Però in quel momento era più morto che vivo e quelli credendo forse di averlo finito: «Adesso ne ha abbastanza, possiamo tirar via. Ci troveremo alle 11 all’osteria».

Che ve ne pare di questo quadretto di vita torinese? Lo raccomandiamo alla Questura.

Mi dimenticavo la nota più saliente: i giovinetti di cui sopra non passano i diciotto anni.

Uno degli accusati, Chiaberge, presenta dei testimoni per provare che nella sera dell’aggressione era nel suo villaggio. Antonio Borri, però, persiste nel riconoscerlo come uno dei suoi aggressori.

Carlo Bonazzi, lo scrivano del Distretto militare, racconta che nella sera del 15 gennaio, verso mezzanotte, si trovava nel Caffè Astrua. Qui una comitiva di cinque o sei giovinastri l’ha avvicinato con la pretesa di fargli pagare quello che avevano mangiato e bevuto. Lui si è rifiutato e quelli si sono vendicati. Lo hanno seguito e, poco dopo, lo hanno preso sottobraccio, uno da una parte e l’altro dall’altra, mentre quello di sinistra gli ha strappato l’orologio. Bonazzi ha reagito afferrandolo per il collo, ma sono sopraggiunti altri complici che lo hanno aggredito e malmenato, tanto da obbligarlo a lasciar scappare il ladro, che si è allontanato portandogli via l’orologio e dietro di lui sono fuggiti anche gli altri.

Dopo tre giorni, il processo contro i sette barabba, si conclude. Il Presidente inizia il riassunto del dibattimento alle tre e lo termina alle cinque, quando i giurati si ritirano in camera di deliberazione per rispondere ai 51 quesiti loro proposti.

I giurati assolvono Antonio Mella e Vincenzo Bovolo, subito messi in libertà; tutti gli altri sono colpevoli, Carlin Vallaro senza attenuanti. Queste le condanne: Chiaberge a 10 anni di reclusione, Vallaro a 7 anni e Romanotti a 5 anni della stessa pena; Chiaravanno e Luino a 5 anni di carcere ciascuno.

L’anonimo cronista, che non ha mai mostrato alcuna simpatia per gli accusati, da lui definiti barabba «piaga dalla nostra società», narra infatti che

Nella camera di sicurezza, mentre i giurati decidevano della loro sorte, ballavano allegramente, e colla massima indifferenza intesero la lettura della sentenza.

In questa visione dei sette imputati come criminali ormai incorreggibili sono accomunati anche i due che sono stati assolti, quasi ad alimentare l’idea che siano stati scarcerati non perché innocenti, ma piuttosto per essere riusciti a conquistare la simpatia dei giurati.

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Articolo pubblicato il 18/09/2022