Un siciliano a Trieste

L’affascinante storia del filantropo e patriota Currò (di Alessandro Mella)

Ci sono mille storie, grandi e piccole, di uomini straordinari la cui parabola umana dovrebbe essere consegnata ai posteri senza esitazioni.

Tra queste spicca quella di Rosario Currò il quale, nel cammino della vita, non solo dimostrò grande valore umano ma anche nobile spirito ed animo generoso.

Egli nacque ad Acireale, Catania, il 3 febbraio del 1813 al tempo in cui i Borbone si erano rifugiati in Sicilia avendo abbandonato il loro perduto regno alle armate napoleoniche.

Il padre Placido era un commerciante dedito al lavoro ed alla sobrietà ed aveva preso in sposa Antonia Vadalà madre del nostro. (1)

Rosario, tuttavia, pareva assai meno morigerato e dopo essersi spostato a Catania si avvicinò ai movimenti liberali dediti alla cospirazione contro l’assolutismo borbonico e la polizia finì per metterlo agli arresti. Tutt’altro che sfiduciato, preso atto della sua infelice situazione, nel 1835 si imbarcò per le americhe trattenendosi per diverso tempo e tornando carico di caffè e tabacco per i suoi compatrioti. Giovane ma astuto, prese la decisione di trasferirsi nella Trieste asburgica per darsi al commercio. Scelta coraggiosa ma lungimirante poiché la città adriatica rappresentava un vero punto di convergenza per commerci, culture, popoli, lingue, visioni e sogni. Qui diede vita alla società “Fratelli Currò” e volendo ampliare i suoi commerci acquistò due imbarcazioni, a breve distanza di tempo l’una dall’altra, cui diede i nomi dei genitori tanto amati e che rappresentarono un prezioso strumento per i suoi commerci.

In un contesto economico e sociale come quello, un giovane munito di visione e coraggio poteva puntare a grandi successi e così fu per lui che prese rapidamente ad arricchirsi oltre ogni più rosea speranza.

La vita scorreva decisamente felice per il nostro, soprattutto dopo il matrimonio con la nobile Lucia de Reya, triestina che purtroppo lo lasciò vedevo nel 1872, dal quale ebbe i figli Rosario, Antonietta, Adele e Vittoria.

Uomo dotato di grande sensibilità dimostrò presto di non aver dimenticato la terra natia che aveva lasciato per cercare fortuna e quando Catania fu sconvolta dal colera, nel 1867, tostamente intervenne in suo favore:

Il signor Rosario Currò, di Catania, negoziante, domiciliato da 30 anni in, Trieste, commosso dalle notizie sulla strage che fa il colera nella sua patria, ha annunziato al console generale italiano in Trieste che egli metteva a disposizione del Regio Governo, mediante cambiale a vista, la somma di lire italiane 25,000, delle quali 5,000 da erogarsi a favore dei colerosi e delle superstiti loro famiglie, e 20,000 da capitalizzarsi perché i frutti siano destinati a beneficio dell'ospedale di San Marco di Catania. Le lire 5,000 furono messe a disposizione del prefetto di Catania. Questo atto filantropico del signor Currò, superiore ad ogni elogio, merita di essere proposto ad esempio, e di essere affidato alla riconoscenza del paese. (2)

Le sue attività politiche, commerciali e filantropiche gli valsero presto la concessione di numerose onorificenze ed egli raggiunse il grado commendatore degli Ordini dei Santi Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia della Real Casa di Savoia e di cavaliere dell’Ordine di Francesco Giuseppe della Casa Imperiale d’Austria.

A questi seguì, nel 1883, con Regio Decreto 29 novembre, la concessione del titolo di “barone” da parte del Re Umberto I. Al benessere economico, quindi, egli poté associare il lustro d’una nobiltà frutto del proprio merito.

La sua vita, infatti, era davvero stata un esempio di capacità, zelo, onestà, coraggio ed amore per il prossimo nonché di abilità amministrativa e commerciale come confermato dalle tante cariche che ebbe: Membro della Camera di Commercio ed Industria di Trieste, consigliere della Cassa di Risparmio e direttore, Ispettore dell’Imperial Regia Accademia di commercio a nautica, censore delle Banche Nazionale e Triestina, presidente del Comitato per l’Istruzione Gratuita, direttore dell'Unione filantropica Previdenza e socio fondatore dell'Associazione Beneficenza Italiana.

Ancora in età avanzata egli si preoccupava di utilizzare le sue ricchezze per fare del bene ove possibile:

Lascito Currò. Il Ministero degli interni acconsentì che l’Associazione di beneficenza degli italiani di Trieste percepisse un lascito di L. 20,000 assegnato dal barone Currò a scopo di sussidio pei connazionali italiani. L’on. Crispi avrebbe espresso il desiderio che il fondo prendesse nome di fondo Margherita. Il Re avrebbe acconsentito. (3)

Da tempo, purtroppo, i segnali di una precoce senilità andavano segnandone lo spirito ed il corpo e poche settimane dopo questo ennesimo atto d’amore egli si spense nella città che l’aveva adottato e gli aveva donato successo e gloria:

È morto questa notte il barone Currò, filantropo italiano. Era nativo di Sicilia, domiciliato a Trieste. (4)

Il barone Currò. — Il barone Currò, di cui i telegrammi ci hanno testé annunciata la morte, nacque ad Acireale, presso Catania, nel 1812, e venne a stabilirsi a Trieste nel 1837. In quest'anno appunto egli ha celebrato il 50 anniversario della fondazione della sua Casa di commercio, la quale crebbe in prosperità mercé un'attività straordinaria. Il barone Currò era molto amato perché faceva largo uso delle sue ricchezze.

Parecchie filantropiche istituzioni di Trieste o Catania portano il suo nome. Egli fu sempre uno fra i più attivi membri della «Beneficenza italiana».  Incaricato dal R. Governo, il barone Currò andò a Parigi a ricevere le ceneri di Vincenzo Bellini e contribuì all'erezione del monumento a quel grande maestro, immaturamente rapito all'arte. Oggi i navigli italiani ancorati in porto sono pavesati a lutto. Si preparano funebri imponenti. (5)

Qualche giorno dopo ebbero luogo i funerali e la città intera parve cessare il proprio lavoro, porre freno ai ritmi asburgici della sua frenetica vita, raccogliersi in cordoglio attorno all’illustre estinto. Fu una imponente manifestazione di italianità in terra straniera poiché, occorre ricordarlo, a quel tempo Trieste era ancora una città austriaca:

I funerali del barone Currò — I funerali del compianto barone Rosario Currò ebbero luogo oggi alle 11 ant. e riuscirono imponenti. Vi prese parte quasi tutta la cittadinanza. Il corteggio, interminabile, stentava nel farsi largo attraverso una fitta spalliera di gente. Tutti i navigli italiani ancorati in porto avevano issato il tricolore a mezz'asta. Aprivano il corteggio i poveri della Pia Casa di ricovero; seguiva il clero, il carro funebre tirato da sei cavalli, tutto coperto di ghirlande, un secondo carro pieno di magnifiche ghirlande con nastri ed iscrizioni.

Seguivano i famigliari, i numerosi agenti della sua Casa di commercio, eppoi le i. r. autorità, la rappresentanza municipale, il regio vice-console d'Italia, conte Gherardo Pio di Savoia (che rappresentava il Governo italiano, nonché i deputati della provincia di Catania onorevoli Finocchiaro, Bonaiuto e De Luca-Aprile), e i presidenti delle Società operaie, della Beneficenza italiana, i capitani dei piroscafi, i capi delle Case commerciali, ecc., ecc. Tenevano i cordoni il presidente della Camera di commercio barone Reiuelt, il barone Morpurgo, il prof. Occioni di Roma od altri amici intimi del defunto. Al Cimitero tennero commoventi discorsi il Padre Tommaso di Siracusa, l'orientalista cav. D. Gius. Barellai. Quest'ultimo splendido per forma e per concetti.

Infine disse brevi e toccanti parole il r. vice-console Gherardo Pio di Savoia, in nome del Governo, dei deputati siciliani e dei cittadini italiani qui residenti. Accennò al patriottismo ed alla filantropia del benemerito trapassato.

Fra ì numerosi telegrammi, giunse al Consolato uno di Francesco Crispi, col quale incaricava l'egregio primo vico-console di presentare la condoglianza del Governo al figlio dell'insigne cittadino. (…). (6)

 

Oggi i suoi resti mortali riposano nell’artistica tomba di famiglia che egli commissionò allo scultore ligure Santo Varni e due busti, uno all’Itis di Trieste e l’altro alla collezione Psacaropulo di Villa Margherita, celebrano e ricordano questo brillante imprenditore siciliano, nobile e patriota italiano, generoso e munifico filantropo dalla visione europea.

Alessandro Mella

 

NOTE

1) Annuario della Nobiltà Italiana, Andrea Borella a cura di, Ed. XXXIII, Tomo I, p. 1397.

2) Gazzetta Piemontese, 173, Anno I, 1° agosto 1867, p. 1.

3) Gazzetta d’Alba, 96, Anno VI, 7 dicembre 1887, p. 2.

4) Gazzetta Piemontese, 255, Anno XXI, 15 e 16 settembre 1887, p. 1.

5) Ibid., 258, Anno XXI, 18 settembre 1887, p. 3.

6) Ibid., 260, Anno XXI, 20 settembre 1887, p. 3.

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Articolo pubblicato il 11/05/2022