Torino: arte farmaceutica dall’epoca romana ad oggi

Di Luca Guglielmino (Ottava Parte)

Il Settecento. - Nel centro di Torino, soprattutto nel Settecento, gli edifici furono costruiti sotto l’influenza del commercio al minuto. In genere erano edifici a quattro piani con soffitte.

Al piano terreno botteghe e artigiani, all’ammezzato subito sopra i titolari di tali botteghe, al primo piano o piano nobile per la famiglia che aveva fatto costruire il palazzo, al secondo per coloro che esercitavano professioni liberali, un terzo per impiegati e funzionari, un quarto per gli operai e infine le soffitte per la servitù.

Accadeva comunque che un inquilino utilizzasse più piani collegati tra loro all’interno. E ciò avveniva pure negli uffici pubblici; nel Palazzo comunale nelle cui soffitte abitavano i dipendenti, vi sono ancora caminetti e forni e tale piano era collegato con il terzo non solo con scale interne ma anche con aperture nel pavimento ove in genere transitavano cesti con cibo sia per il vitto dei dipendenti che per l’approvvigionamento familiare. Ai vari piani vi erano l’archivio e i vari tribunali.

Nei cortili vi erano diversi mercati: lato via Dora Grossa il cortile della griota, aperto su via con un’osteria e un albero di griote, ciliegie che qui venivano pure vendute, che venne comunque chiuso tra il 1736 e il 1775 con l’allineamento degli edifici da parte degli architetti Bertola, Plantery e Lampo su ispirazione juvariana con misure dettate da Benedetto Alfieri.

La piazza delle Erbe viene pure risistemata da Benedetto Alfieri nel 1756 cui si deve poco dopo (1758) la Sala Rossa.

Il cortile del “butirro” dal lato della contrada del Senato o via d’le pate, poi Corte d’Appello, perché in piazza Susina (ora Savoia) vi era il mercato antiquario dei robivecchi, fu aperto fino al 1815 e al posto dell’odierna Sala Carpanini vi era la chiesa di S. Benigno costruita nel 1385.

In piazza delle Erbe (Palazzo di Città) si vendevano frutta e verdura mentre la piazzetta che la collegava con via Dora Grossa (Garibaldi) e via S. Gregorio (S. Francesco d’Assisi- non vi erano ancora i tre “portijet” o piccoli portici di Palazzo Sclopis ove ora transitano tram e bus, almeno fino al 1756) deteneva il mercato del pesce.

Quello del grano era oltre “la volta rossa” che collegava piazza delle Erbe con l’odierna piazza Corpus Domini che però vide la costruzione dell’omonima chiesa solo all’inizio del XVII secolo dietro a S. Silvestro ora chiesa dello Spirito Santo.

Insomma, il Palazzo Civico era al centro di un polo mercatale e commerciale e sotto il portico di facciata si trovavano diverse botteghe in affitto che a fine Settecento (1796) erano ben 31 di cui uno speziale (ASCT, Collezione X, vol. 25 Testimoniali di Stato delle Case ed Edifizi dell’Illustrissima Città di Torino 1726 e vol. 26.1800).

Ai lati del portone principale vi erano quattro librai e dal momento che vi era pure un’acquaviteria che era pure pasticceria.

Un luogo ideale d’incontro di piccoli gruppi di persone anche considerando il fatto che ben sette vani nel cortile erano occupati dalla stamperia Fontana. Questo probabilmente era dovuto alla presenza dello Studio fino al 1720 e comunque alla presenza successiva nel Palazzo Civico, della Scuola di Umanità e Retorica. Le botteghe e le abitazioni interne dei dipendenti vennero rimosse nel periodo napoleonico.

Nel 1772 Carlo Emanuele III emana le nuove Costituzioni per l’Università che per gli studi non modificano nulla ma per gli esami posseggono un regolamento nuovo e per certi versi più completo e aggiornato. Le prove per gli speziali erano: conoscenza del latino, farmacopea (esame di un’ora e mezza), preparati galenici, conoscenza delle droghe. Questo per la prova orale.

Le prove pratiche erano due: chimica e galenica. Tali esaminatori erano gli stessi di coloro che intendevano divenire chimici e che molte volte erano speziali che dovevano qui sostenere due prove pratiche di chimica nell’officina di uno dei sindaci del Collegio degli Speziali e questo avveniva anche per le prove chimico-galeniche degli speziali.

Si era evoluta la chimica che divenne professione riconosciuta e le uniche strutture attrezzate per eseguire ricerche ed esperimenti erano le spezierie di città. Molti speziali erano quindi anche chimici.

Tali norme saranno valide fino a quando il Piemonte verrà annesso alla Francia napoleonica il 21 settembre 1802.

All’Archivio di Stato di Torino (Sezioni Riunite- Finanze - 1° archiviazione Commercio, manifatture e fabbricazioni mazzo 1 n. 23 - Stato de’ Negozianti, e Artisti della Città di Torino, e suoi Borghi 1742) si legge come vi siano 36 speziali collegiati, et piazzati che sono secondi a pari di orefici, gioiellieri e droghieri, nelle 13 classi di tassazione dopo banchieri e negozianti forestieri legati al commercio internazionale

Vengono pure forniti i nomi di tali speziali.

Sarebbe interessante approfondire ove costoro avevano la bottega e ove abitavano.

Ad esempio, Carlo Tomaso Bussi abitava ove oggi vi è il palazzo di via Garibaldi 23 con seconda entrata carraia in via S. Francesco d’Assisi 2, ex palazzo medievale dei Beccuti, attiguo a quello del conte Durando di Villa (Giovanni Antonio banchiere arricchito - i cui avi avevano una distilleria- che nel 1757 ricevette il titolo di conte di Villa) al 23 bis angolo Via Botero, allora isola di S. Secondo (il Comune era in isola S. Massimo). Il Bussi aveva bottega nel medesimo palazzo e risiedeva al terzo piano in affitto. Il palazzo venne costruito a seguito del raddrizzamento di via Dora Grossa tra il 1736 e il 1739 dal Plantery con regole dimensionali in altezza e a fronte dettate da Benedetto Alfieri ed ebbe diversi proprietari adiacenti: conte Pastoris, conti di Castellalfero, d’Harcourt, Garelli di Selve e avv. Pansoja decurione ccomunale. (cfr. Relazione storica, a cura dell’arch. Daniela Biancolini – luglio 2016- Tesi di laurea magistrale in architettura e restauro- Politecnico di Torino - Case e denaro. Grandi e piccoli proprietari urbani nella Torino del Settecento. Indagine su una fonte seriale del 1743 Relatore prof. E. Piccoli- Cand. Maria Luisa Marinetti p. 78)

Nell’elenco non mancano i Ferrero, i Masino e gli Anglesio.

Luca Guglielmino

Fine della Ottava Parte - Continua

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Articolo pubblicato il 03/05/2022