Torino: arte farmaceutica dall’epoca romana ad oggi

Di Luca Guglielmino (Quarta Parte)

Cinquecento e Seicento. - Con lo scoppio della guerra per il Monferrato con la Francia, Francesco I invase Savoia e Piemonte e Torino venne occupata nel 1536 e solo con la pace di Cateau-Cambrésis del 1559, Torino tornò in mani savoiarde. Emanuele Filiberto, tra le altre cose riformò anche la spezieria.

Intanto nel 1560 venne riformata la struttura organizzativa della camera ducale già riformata a suo tempo da Amedeo VIII. Il direttore era il sommeiller de corps (gran ciambellano nella corte borgognona e poi in quella di Spagna, carica ricoperta da Claudio di Savoia, signore di Racconigi e Pancalieri) e sotto di lui aveva quindici gentiluomini di camera che servivano a quartieri ossia a gruppi di cinque per quattro mesi; accanto a costoro vi erano gli ufficiali: il barbiere, il cerusico, il protomedico, lo speziale….

Lo speziale di corte è istituito solo nel XVI secolo perché prima la corte sabauda si spostava spesso da Chambéry a Torino e non solo. Con lo stabilirsi della capitale a Torino lo speziale di corte era un professionista che continuava ad esercitare nella sua bottega ma che prestava servizio presso la famiglia regnante preparando i medicamenti per il duca prima e poi per il re.

Ecco perché alcune farmacie si fregiano ancora di titolo regio: Regia farmacia Masino (casata antichissima di radici arduinico-burgunde) in via M. Vittoria 3, Regia farmacia di via XX Settembre 87, la Regia farmacia Anglesio in via Milano 11/d (Armi di Maurizio di Savoia duca di Chiablese, figlio cadetto di Carlo Emanuele III e di Elisabetta Teresa di Lorena).

Il 16 dicembre 1575 in un memoriale indirizzato ai capi della Città e al principe di Piemonte, Emanuele Filiberto irrigidì le regole per le professioni sanitarie e al Collegio medico si sovrapponevano i poteri delle magistrature pubbliche e soprattutto quelli del protomedico. Fissò le spezierie in numero di 24. Il protomedico poteva “procedere e conoscer rispettivamente sopra la sufficienza de’ Medici, Cirogici, Speciali et Barbieri per quanto concerne la loro arte, et esercizio, et anche di visitar le botteghe de Speciali, et conoscer della bontà, e malizia delli materiali, et delli eccessivi pagamenti”.

La licenza ad esercitare per medici, chirurghi e speziali veniva rilasciata dal protomedico (Patenti di Vittorio Amedeo I del 1633 a seguito di quelle del 1618 che prescrivevano l’esame di medicina per ogni medico solo se laureato in università famose). In caso di conflitti di competenza, le incombenze erano invece materia dei dottori collegiati: esame per divenire speziale, ispezione periodica sulla qualità dei medicinali, estesa anche a fondachieri e profumieri (i primi erano droghieri e i secondi preparavano oli essenziali durante le pestilenze per purificare l’aria - Patenti di Carlo Emanuele I del 1607).

Tra il XVI e il XVII secolo quindi si costituisce il gruppo organizzato degli speziali e tra il 1575 e il 1581 si costituisce il Collegio degli Speziali

Importanti sono pure i capitoli concessi da Caterina Michela d’Austria nel 1592 ove la professione di speziale non poteva venire esercitata se non dietro approvazione del Collegio stesso fissando le piazze torinesi di vendita in 24 (Come già stabilito nel 1575 e nel 1581).

A metà degli anni Settanta del XVI secolo gli speziali appaiono assai influenti nel Consiglio del comune e per tale motivo nel 1575 inviano appunto un memoriale al Principe di Piemonte Emanuele Filiberto, in cui si chiede lo svincolo parziale del controllo da parte del protomedico ducale così come stabilito nel 1568 e nello stesso 1575. Ma il Duca ribadisce le proprie posizioni. Tra il 1571 e il 1580 il Consiglio o Credenza venne guidato da Lorenzo de’ Georgis, uno speziale e alla fine del 1581 il Collegio fissò nuovamente in 24 il numero degli speziali operanti a Torino e nel 1582 ciò venne approvato dal protomedico Giovanni Antonio Bocco. Quello del 1592 è quindi un secondo ricorso degli speziali alla duchessa Caterina per dissidi sopravvenuti con il Bocco. Pagando 200 crosoni ossia piastre vecchie di Spagna corrispondenti ognuna a 8 real, gli speziali ottennero che fosse ribadito il numero chiuso di 24 esercizi e che le visite fossero fatte alle spezierie da parte di due rappresentanti del Collegio e che l’esercizio della professione doveva essere approvato dallo stesso Collegio.

I profondi mutamenti della Città, la peste di fine XVI secolo, lasciarono spazio a nuovi arrivati e nel 1606 le botteghe da speziale erano molte di più di 24 e il Collegio ne richiese la riduzione nuovamente a 24. Nel 1615 gli speziali si rivolsero a Carlo Emanuele I onde venisse rispettata la stipula del 1592 e perché cessassero gli interventi degli ufficiali del fisco. Malgrado venissero pagati 800 ducatoni e fossero riconfermati i privilegi del 1592, nel 1620 le spezierie erano 36. (E fra queste si enumera anche la S. Maria fondata nel 1615 in vicolo della Misericordia).

Carlo Emanuele I considerò superati i privilegi del 1592 per via dell’espansione urbanistica di Torino e dell’aumento del numero degli abitanti e concesse l’aumento del numero degli speziali. Tra l’altro nel 1606 gli speziali si staccarono definitivamente dal Collegio dell’arte medica e il loro Collegio divenne indipendente ed ebbero diritto ad un altare nella chiesa di S. Francesco, ultima cappella, dedicato ai SS. Cosma (medico) e Damiano (apotecario) con un quadro del Peruzzini (Luigi Cibrario - Storia di Torino vol. II- libro VI-capo primo p.661).

Gli speziali partecipavano con le altre corporazioni anche ad eventi pubblici. Il 15 agosto 1574 Emanuele Filiberto riceve Enrico III di Valois che dal trono di Polonia si trasferiva a quello di Francia perché Carlo IX morì senza eredi. Dal ponte su Dora, attraverso le Porte Palatine, la via era addobbata fino al Duomo. L’ultimo tratto era stato parato a festa con tappeti e ricoperto dagli speziali e dai commercianti, secondo gli ordinati (deliberazioni) della Città n. CXXIV fol.33. (In L. Cibrario -Storia di Torino vol. II -libro III capo secondo pp.342-343).

Partecipavano pure alle attività dell’Università degli Stolti deputata a organizzare feste e svaghi fin dall’epoca di Ludovico d’Acaia, una via a metà tra una pro-loco e un’associazione goliardica, ove gli speziali fornivano le torce per rischiarare il cammino alle dame accompagnandole (L. Cibrario- Storia di Torino – vol. II Libro III- capo settimo pp. 466 -468).

Luca Guglielmino

Fine della Quarta Parte - Continua

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Articolo pubblicato il 29/04/2022