Coincidenze. “BELLA CIAO” citata da Mattarella il 25 aprile, è di ORIGINE UCRAINA

La musica è una commistione del folklore delle campagne ucraine e yiddish, di cui esistono almeno altre due registrazioni provenienti dagli Stati Uniti.

Si è fatto un gran parlare sul riferimento pronunciato da Mattarella circa l’attualità di ”Bella ciao”, nel corso delle celebrazioni dl 25 aprile.

Al di fuori delle polemiche ideologiche e politiche che quest’anno hanno contrassegnato l’anniversario della Liberazione, il Presidente della Repubblica ha inteso identificare la resistenza degli Ucraini, con il ruolo dei nostri partigiani, facendo l’accenno alla canzone.

La canzone cantabilissima, qual’è “Bella Ciao” è in effetti l’incisione del 1919 di Mishka Ziganoff, ebreo, ucraino di Odessa della canzone “Koilen”.

La musica è una commistione del folklore delle campagne ucraine e yiddish, di cui esistono almeno altre due registrazioni provenienti dagli Stati Uniti: una del 1921 di Abraham Moskowitz e una del 1922 di Morris Goldstein.

Fu Yves Montand, a portarla al successo nella versione italiana. La registrò nel 1964, contribuendo a darne diffusione internazionale. Da ballata yiddish a inno partigiano, diffuso nel 1965, ventennale del 25 aprile, è iniziata la vulgata di Bella ciao.

In merito alla ricerca delle origini, lo rivela la testimonianza di Jenner Meletti: “Nel giugno del 2006 ero al quartiere latino di Parigi, in un negozietto di dischi. Vedo un cd con il titolo: “Klezmer – Yiddish swing music”, venti brani di varie orchestre. Lo compro, pagando due euro.

Dopo qualche settimana lo ascolto, mentre vado a lavorare in macchina. E all’improvviso, senza accorgermene, iniziai a cantare “Una mattina mi son svegliato / o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao…”. Insomma, la musica era proprio quella di Bella ciao, la canzone dei partigiani. Mi fermo, leggo il titolo e l’esecutore del pezzo. C’è scritto: “Koilen (3′.30) –Mishka Ziganoff 1919″.

E allora ho cominciato il mio viaggio nel mondo yiddish e nella musica klezmer. Volevo sapere come una musica popolare ebraica nata nell’Europa dell’Est e poi emigrata negli Stati Uniti agli inizi del ‘900 fosse diventata la base dell’inno partigiano”.

Fausto Giovannardi, ingegnere a Borgo San Lorenzo e turista per caso a Parigi, ha scoperto un tassello importante: già nel 1919 il ritornello della canzone era suonato e inciso a New York. “Come poi sia arrivato in Italia – dice l’ingegnere – non è dato sapere. Forse l’ha portato un emigrante italiano tornato dagli Stati Uniti. Con quel cd in mano, copia dell’incisione del 1919, mi sono dato da fare e ho trovato un aiuto prezioso da parte di tanti docenti inglesi e americani. Martin Schwartz dell’università della California a Berkeley mi ha spiegato che la melodia di Koilen ha un distinto suono russo (in realtà, ucraino) ed è forse originata da una canzone folk yiddish.

Rod Hamilton, della The British Library di Londra sostiene che Mishka Ziganoff era un ebreo originario dell’est Europa, e la canzone Koilen è una versione della  yiddish “Dus Zekele Koilen”. Cornelius Van Sliedregt, musicista dell’olandese KLZMR band, ne conferma l’origine. “La Maxwell Street Klezmer Band di Harvard Terrace, negli Stati Uniti, ha in repertorio “Koylin” e trovare lo spartito diventa semplice. E’ proprio la Koilen di Mishka Tsiganoff. Ma resta un dubbio. Come può uno che si chiama Tsiganoff essere ebreo? Bene in Ucraina uno su cinque è ebreo.

Lo dimostra il governo attuale di Kyiv. Ernie Gruner, australiano afferma: Mishka Tsiganoff era un “Cristian gypsy accordionist”, un fisarmonicista zingaro cristiano, nato a Odessa, che aprì un ristorante a New York: parlava correttamente l’yiddish e lavorava come musicista klezmer”.

Del resto, la storia di Bella ciao è sempre stata travagliata. La canzone diventa inno “ufficiale” della Resistenza solo vent’anni dopo la fine della guerra.

“Prima del ’45 la cantavano – dice Luciano Granozzi, docente di Storia contemporanea all’università di Catania – solo alcuni gruppi di partigiani nel modenese e attorno a Bologna. La canzone più amata dai partigiani era “Fischia il vento”. Ma era troppo “comunista”.

Innanzitutto era innestata sull’aria di una canzonetta sovietica del 1938, dedicata alla bella Katiuscia e le parole non si prestano ad equivoci. Questa “vittoria” di Bella ciao è stata studiata bene da Cesare Bermani, autore di uno scritto pionieristico sul canto sociale in Italia, che ha parlato di “invenzione di una tradizione”. E poi, a consacrare il tutto, è arrivata Giovanna Daffini”. La “voce delle mondine”, a Gualtieri di Reggio Emilia nel 1962 davanti al microfono di Gianni Bosio e Roberto Leydi aveva cantato una versione di Bella Ciao nella quale non si parlava di invasori e di partigiani, ma di una giornata di lavoro delle mondine.

Aveva detto che l’aveva imparata nelle risaie di Vercelli e Novara, dove era mondariso prima della seconda guerra mondiale. “Alla mattina, appena alzate / o bella ciao, bella ciao, ciao, ciao / alla mattina, appena alzate / laggiù in risaia ci tocca andar”.

Così come per ”Bandiera rossa” che è una canzone repubblicana dell’800,anche “Bella ciao” è un ” furto”, come è stato sempre uso dei comunisti sovietici e italiani che ancor oggi tra populismo e buonismo, vorrebbe imporla nelle scuole affianco dell’Inno di Mameli.

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 29/04/2022