Il Governo riammette nelle scuole i docenti non vaccinati, ma li isola dagli allievi.

L’esecutivo non segue una logica sanitaria e la scuola ne fa le spese

Ormai ci siamo lasciati quasi alle spalle lo stato d’emergenza, augurandoci che non si tratti di un pesce d’aprile. Da oltre due anni il Paese è ingessato per colpa di divieti spesso incomprensibili e che hanno tarpato le ali ad ogni slancio e proposito di ripartenza. Il miraggio del contagio zero ha ispirato misure restrittive ancora in vigore e che stanno frenando la ripresa delle attività economiche in ogni campo. In attesa della caduta dei divieti, c’è ancora una norma che, così disegnata appare un pò anacronistica, ovvero le disposizioni sui docenti non vaccinati, che nelle ultime versioni in vigore da ieri, rischiano di disegnare uno scenario davvero surreale. Ci si è lamentati finora del carattere parassitario del reddito di cittadinanza e di altri sussidi improduttivi.

 

Ora, al reddito di cittadinanza rischia di sostituirsi il reddito di presenza. Lo percepiranno tutti i docenti non vaccinati, che sono tornati sul luogo di lavoro, ma senza poter entrare in contatto con gli studenti.  Una bizzarria, l’ennesima, tutta italiana, che sta scatenando vibranti proteste ad ogni livello e che rischia di inasprire la diatriba, già molto accesa, tra vaccinati e non vaccinati, che pareva destinata a morire.

 

Così, da ieri, i professori “no vax”, circa 4.000, che si sono aggiunti alle 6.000 persone non vaccinate tra personale Ata e di segreteria, sono tornati a scuola. Decade la sospensione dall’attività lavorativa e dallo stipendio, anche se l’obbligo vaccinale resta fino al 15 giugno ed è confermata la sanzione amministrativa di 100 euro. I docenti non vaccinati, dal primo aprile, potranno entrare negli istituti scolastici dopo aver fatto un tampone e percepiranno interamente il loro stipendio, ma di fatto senza lavorare, perché appunto non potranno entrare in contatto con gli studenti.

 

Alcuni sindacati hanno protestato, anche perché, come osserva il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli, “è molto difficile, negli istituti, stabilire quali siano le mansioni non a contatto con i ragazzi. Gli stessi impiegati di segreteria e i bidelli entrano a contatto con gli alunni. C’è una volontà di normalizzare la situazione di chi non si è vaccinato: gli si paga lo stipendio per non lavorare, dando mansioni sostanzialmente inesistenti”.

 

Il tema si sta rivelando divisivo anche in ambito politico, se è vero che gli esponenti 5 Stelle della Commissione Cultura della Camera sono insorti e chiedono di rivedere il sistema, “anche perché - sottolineano - il personale non vaccinato potrà tornare in servizio solo per attività di supporto all’istituzione scolastica e in questo modo dovrà essere sostituito nell’impiego da personale supplente retribuito con fondi stanziati per la valorizzazione dei docenti. Un paradosso che deve essere risolto”.

 

Perfino il sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso, esprime riserve sulla decisione presa dallo stesso governo di cui fa parte: “Un docente viene sospeso quando compie un illecito penale o disciplinare. La mancata vaccinazione non rientra in nessuno dei due casi. I docenti non possono essere demansionati. Bisognerebbe mantenere almeno un minimo di serietà. In un governo di unità nazionale c’è ancora chi vuole mantenere una situazione di emergenza che oggi, grazie ai vaccini, abbiamo superato. Qualcuno si vuole forse vendicare di questi lavoratori che non si sono vaccinati?”

 

“Parliamo di insegnanti, prosegue il sottosegretario, pronti a rientrare in classe, con il tampone, come è successo per altre categorie di lavoratori. È un cortocircuito generato dal ministero della Salute. Sono un sottosegretario e mi devo confrontare con due ministri, quello dell’Istruzione, sensibile al tema, e quello della Salute che, come si dice, da quest’orecchio non ci sente”.

 

Continua il sottosegretario: “Questa è una cosa che non ha alcuna logica sanitaria. Se il docente entra con un tampone negativo dov’è il rischio? Se vogliamo invece essere rigorosi, allora non facciamoli rientrare a lavoro, diciamolo chiaramente. Se il 31 marzo viene meno lo stato di emergenza, vengono meno anche tutte le misure legate a quella situazione. Noi stiamo istituendo il diritto a leggersi il giornale a scuola: questo non va bene e non piace a nessuno”, conclude Sasso.

 

Questa telenovela infila anche il dito nella piaga dell’utilizzo dei tamponi, dapprima considerati risolutivi per tracciare il virus, poi ritenuti inutili, poi nuovamente indispensabili anche per i vaccinati (resteranno indelebilmente nella memoria collettiva le code alle farmacie sotto Natale, con persone che avevano già 2 o addirittura 3 dosi di vaccino e facevano tamponi di continuo). Oggi, evidentemente, tornano ad essere inutili, se è vero che i professori non vaccinati, che potranno tornare a scuola dopo aver fatto il tampone, saranno comunque discriminati.

 

Col green pass base potranno rientrare in servizio, a partire dal primo aprile, anche militari e appartenenti alle forze dell’ordine non vaccinati, ma a differenza dei prof “no vax” potranno svolgere le stesse mansioni dei vaccinati.

La scuola, dunque, viene trattata in maniera diversa da altri luoghi di lavoro.

 

E la contraddittorietà delle misure anti-Covid continua a tenere banco, mentre negli altri Stati questi discorsi non li fa nessuno e tutto è tornato già da tempo alla normalità.

 

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Articolo pubblicato il 02/04/2022