Sulla crisi Ucraina per l'UE è l'ora del realismo

L'Opinione di Luigi Cabrino

Condannare con ogni mezzo ed in ogni modo l’aggressione militare della Russia all’Ucraina non deve comunque far perdere il contatto con la realtà dei fatti.

E i fatti ci dicono di un’Europa e un’Italia in particolare legate a doppio filo con la Federazione Russia, non solo per le forniture di gas di cui tanto si parla in questi giorni tra aumenti alle stelle dei prezzi e richieste della Russia di pagamenti in rubli per le forniture, ma anche per gli scambi commerciali, per la fornitura di materie prime necessarie alla prodizione industriale europea e tanto altro.

E si dovrebbe potere affermare questo senza essere immediatamente additati come estremisti filo putiniani.

Senza voler essere esperti strateghi militari, come lo sono diventati sulle TV e sui giornali tutti quelli che fino a poche settimane fa erano esperti virologhi ( autoproclamatisi tali ovviamente), si dovrà ragionevolmente accettare che le cause scatenati della guerra russo ucraina, le terre del Donbass – due repubbliche proclamatesi indipendenti otto anni fa il cui territorio complessivo è più piccolo del Piemonte- sono interamente russe per società, popolazione , lingua e cultura, e altro non chiedono che poter essere indipendenti dallo stato ucraino che da otto anni le bombarda regolarmente causando migliaia e migliaia di morti.

Inoltre queste due repubbliche, pur a riconoscimento internazionale limitato, hanno una struttura istituzionale che non si può far finta di non vedere, come altre repubbliche e provincie filorusse che hanno proclamato l’indipendenza negli ultimi trent’anni, pensiamo all’Abcasia o all’Ossezia del Sud; hanno consolati esteri, la Repubblica di Doneck ha un consolato a Torino, non si possono derubricare a carnevalate se il diritto di autodeterminazione dei popoli ha ancora un senso.

Per mettere in sicurezza queste repubbliche filorusse, importanti per i giacimenti di gas, miniere e industrie metallurgiche, oltre che per l’abbondanza di risorse idriche – tema , quello dell’acqua, sempre tenuto sotto traccia ma ricorrente in ogni scenario di crisi nel mondo – la Russia ha messo a ferro e fuoco uno stato grande due volte l’Italia, e questo va condannato in ogni modo, ma il diritto all’autodeterminazione dei popoli, riconosciuto dalle varie carte internazionali dell’ONU vale anche per le due repubbliche del Donbass.

Anche in questo caso si dovrebbe poter affermare questo senza essere arruolati tra i putiniani d’Occidente.

Se ci si è svegliati e si vuole rimodulare il sistema di forniture energetiche per non essere dipendenti dalla Russia occorre ragionevolmente riconoscere che una tale trasformazione richiederà anni mentre gas e petrolio continuiamo ad utilizzarlo ogni ora che passa, quindi fare i duri e puri non può che portare a sbattere contro un muro e le conseguenze non potranno che ricadere sulle spalle dei soliti lavoratori ed imprenditori che dopo mesi di crisi dovuta alla pandemia cercano a fatica di rialzarsi.

E non è nemmeno il caso di fare come i francesi che condannano in sede europea l’aggressione russa e comminano sanzioni durissime ma poi non le rispettano e se ne infischiano; no, serve essere onesti e realisti, le sanzioni imposte dall’UE, per imposizione USA – che farebbero tanto bene al mondo e all’Europa pensando un po’ di più ai fatti loro – sono sanzioni contro noi stessi, ininfluenti per gli esponenti della grandi poteri economici che decidono di imporle ma micidiali per il tessuto economico fatto da imprese e lavoratori.

“Vogliamo distruggere la nostra intera economia a occhi ben aperti?”, ha chiesto Martin Bruedemueller durante un’intervista che ha rilasciato al quotidiano “Frankfurter Allgemeine Zeitung”; si dà il caso che questo signore sia l’amministratore delegato del colosso petrolchimico tedesco BASF.

Queste domande dovrebbero porsele anche i nostri governanti, magari pensando che non è una politica estera seria l’obbedienza senza se e senza ma alla volontà statunitense che non si capisce bene dove vuole andare al di là della difesa degli interessi miliardari in Ucraina del figlio del presidente Biden.

Negli anni ’40 nel pieno della seconda guerra mondiale Spinelli Colorni e Rossi ebbero la lungimiranza di pensare ad una federazione europea proprio mentre gli stati europei si massacravano in una guerra senza pietà, sembrava l’utopia di sognatori ingenui.

Non sarebbe il caso, oltre a puntare nell’immediato alla fine delle ostilità in Ucraina che stanno mietendo vittime tra i più indifesi, di pensare ad una relazione istituzionalizzata, reale e costante tra UE e Federazione Russa?.

Serve coraggio e realismo, mettendo da parte l’ideologia che fa sragionare e arruolare tra i putiniani chi anche solo osasse pensare ad una soluzione del genere; ma non è solo questione di gas, per quanto importante ed urgente, le economie russe ed europee sono troppo correlate per venire buttate nell’immondizia come se niente fosse.

Luigi Cabrino

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Articolo pubblicato il 02/04/2022