Joseph Fouché, la polizia politica moderna, la realpolitik, i servizi segreti

Luca Guglielmino analizza questo complesso personaggio francese, poco noto in Italia (Seconda e ultima parte)

Nella sua lotta contro i resti della chouannerie (controrivoluzione monarchica), Fouché ha fatto largamente ricorso alla gendarmeria e anche alle guardie nazionali e all’esercito, soprattutto all’inizio del Consolato. Si dedicò soprattutto a rendere sicure le strade e i trasporti di fondi governativi regolarmente attaccati dagli chouans, ormai qualificati come briganti, spesso autori d’imboscate sulle grandi vie di comunicazione. È in gran parte a Fouché che si devono tali norme; con l’ordinanza del 6 gennaio 1801 infatti armò le diligenze pubbliche e creò squadroni militari incaricati di proteggerle. I postiglioni erano armati e la scorta non doveva arrendersi se non dopo aver sparato tutte le venti cartucce a disposizione per uomo e, in caso non avesse ottemperato agli ordini, doveva comparire innanzi a una commissione militare giudicatrice.

Teoricamente e praticamente, la gendarmeria era soggetta alla polizia e infatti il trattamento dell’ispettore generale era iscritto a bilancio di polizia.

Era la combinazione gestionale di un corpo militare a gestione civile onde ribadire che il regime seguito al Direttorio era civile e non militare; prima la legge e poi le armi.

Nel febbraio 1805 scoppia un conflitto a seguito di una direttiva impartita dal consigliere di Stato Miot ai prefetti della seconda circoscrizione di polizia (nord ed est) che costui dirige di concerto con Fouché. Tale direttiva sarà infine applicata su tutto il territorio.

Constatando la libertà assunta dalla gendarmeria in materia di informazione e accusandola di errori e incertezze costanti, Miot ribadisce che la gendarmeria è a disposizione della polizia e ne è il braccio armato che non deve divenire essa stessa polizia.

È una guerra larvata tra organi di polizia e Fouché rimprovererà sempre a Moncey di non comunicargli i rapporti dei propri subordinati o, peggio ancora, di informarlo in ritardo dei torbidi a lui noti da lungo tempo, attraverso i propri servizi, allungando le procedure, in modo che i fatti sono già noti a Fouché tramite i suoi servizi.

Napoleone reagisce prendendo le parti di Moncey e della gendarmeria e i bollettini manipolati da Fouché sono oggetto degli strali di Bonaparte che accusa Fouché di anarchia, disorganizzazione e disinformazione.

L’unico ad informarlo correttamente era Moncey.

Tuttavia, Napoleone non può minare alla base il proprio potere e si rende conto che un conflitto all’interno degli organi di polizia potrebbe essergli fatale. Se in una lettera del 1° marzo 1805 difende Moncey, in un rapporto del 9, tenta di fare della gendarmeria non solo il braccio ma anche l’occhio della polizia.

L’autonomia di questa resta relativa e comunque essa deve dipendere dai prefetti e quindi dall’autorità civile e non da quella militare. È un comportamento equivoco che mette in concorrenza le fonti d’informazione dell’Imperatore, un divide et impera per salvare il proprio potere.

Il pragmatismo vincerà in nome dell’efficacia. E Napoleone agirà caso per caso se si presenteranno dei conflitti. Il principio è quello di un regime che trascura progressivamente la legge a favore dell’arbitrio, la fissità e l’uniformità delle regole vengono quindi sottomesse alla volontà personale e particolare del capo. È una deriva denunciata da Fouché in modo indiretto. Se da un lato egli è invitato a non immischiarsi dei regolamenti interni della gendarmeria, questa tuttavia è pregata di assecondarlo. Fouché non cercherà più quindi di mettere il militare al passo con le proprie regole ma non rinuncerà mai a servirsene a nome della pace civile e dell’ordine pubblico. Il Ministero di Polizia non era tanto posto a difesa dell’Impero ma difendeva in principio repubblicano originario in seno all’Impero medesimo.

 

La creazione della polizia moderna

L’avvento di Fouché al Ministero della Polizia Generale, nel 1799, segnò la nascita della polizia moderna. Non è solo: ha i suoi scagnozzi, alcuni dei quali hanno nomi meravigliosi, come Boucheseiche, geografo diventato poliziotto, o Bertrand, capo della polizia politica.

Ciò che è molto moderno è aver capito che non si fa un buon corpo di polizia con i chierichetti.

All’epoca, quindi, furono reclutati ex detenuti più o meno pentiti, la cui figura più illustre rimase Vidocq. Quando quest’ultimo fuggì dalla Prefettura di Polizia in rue de Jerusalem, fu acclamato nelle osterie e nelle bische. Divenne un informatore.

Vidocq coglie l’occasione per offrire “colpi” ai delinquenti, ma, all’ora stabilita, la polizia è lì, ad aspettarli. Sotto Fouché emerge così la figura del poliziotto losco, di cui non sappiamo chi sia veramente, poliziotto o delinquente...

Esistono diverse polizie: quella di Fouché, ovviamente, e c’è anche la polizia del palazzo delle Tuileries, al servizio di Bonaparte, la polizia degli aiutanti di campo, che fornisce una protezione ravvicinata. Senza dimenticare la gendarmeria e il mondo dello spionaggio militare, che sfugge completamente a Fouché.

In fondo, la figura emblematica di questo inizio dell’Ottocento non è forse quella dell’”informatore”? Certamente. C’è anche un’intera rete di informatori, introdotta in tutti gli ambienti. Anche servi e portinai forniscono informazioni...

Ovunque, Fouché paga perché le persone gli riferiscano ciò che viene detto. Queste vengono remunerate con fondi segreti che sono alimentati dalle tasse sulle case da gioco e dalla tassa sulla prostituzione che ufficialmente era destinata alla salute delle stesse. Ma tale denaro era conferito alle spie, di cui la più nota era Joséphine, moglie di Napoleone che notoriamente era piena di debiti da saldare.

Il Ministero di Polizia venne creato nel 1796 per la prima volta in modo autonomo ma è un’istituzione tentacolare che comprende di tutto, dalla vita economica all’educazione ed è con Fouché che effettivamente diviene una struttura efficiente.

Costui instaurò un quarto potere che nel 1815 lo portò a tradire Napoleone e a restaurare il re.

In occasione dell’attentato a Napoleone la sera di Natale del 1880 con un “carretto bomba”, le indagini seguirono metodi moderni. I resti del cavallo che trainava il carretto, vennero ricomposti ed essendo la testa rimasta intera, essa venne riconosciuta da colui che l’aveva venduto, a seguito di indagini dettagliate presso i rivenditori di cavalli. Costui fu in grado di descrivere gli acquirenti. Lo stesso venne fatto presentando i resti del carretto presso i vari carrozzieri. Confrontando con gli schedari dei sospetti, denominati “topografia chouanne”, si giunse all’identificazione di due sospetti che vennero arrestati: François- Jean Carbon detto le Petit Français e il suo complice Saint- Régent. Allora non esistevano fotografie ma vi erano comunque descrizioni accurate dei volti e di eventuali segni di riconoscimento e inoltre venne interessata per un riscontro, la “police des garnis” o polizia addetta al controllo dei movimenti presso affittacamere e hotel.

Ogni mattino Fouché informava con un bollettino giornaliero, Napoleone.

Avvenimenti del giorno, cospirazioni, scioperi, prezzi del pane, entrate e uscite da Parigi, informazioni private come quelle sulle giovinette da marito da recensire e da indagare sul loro passato e sulla loro discendenza. Questo perché Napoleone vide chiaramente che i suoi ufficiali, troppo occupati nelle campagne militari, non erano in grado o meglio non avevano il tempo di trovarsi una compagna.

Per le informazioni sociopolitiche, Napoleone aveva una propria rete personale.

C’era poi il famoso “cabinet noir” che intercettava la posta sia diplomatica che privata.

Agenti sotto copertura violavano gli scritti in codice delle ambasciate, annullavano e rifacevano timbri. Veniva letta anche la corrispondenza privata. Il cabinet noir, sito in Rue Coq-Héron non era sotto Fouché direttamente, ma faceva capo al direttore generale delle Poste. Fouché pagava quindi suoi informatori addetti a violare la posta e a riferire.

Napoleone nel 1802, compresa la pericolosità di Fouché, tentò di affrancarsi mettendo la polizia sotto l’egida del potere giudiziario: fu un fallimento. La polizia ama essere autonoma e non agli ordini dei giudici.

Con la Restaurazione e con la Monarchia di Luglio si entra in un regime parlamentare e il bilancio della polizia viene dibattuto e votato.

Sotto Napoleone questa era solo una formalità. La polizia entra così nel mirino del Parlamento che le diventa ostile, intendendo moralizzarla. Nel 1818 si abolisce il ministero di Polizia generale che dopo 28 anni di autonomia, passa al ministero degli Interni.

Fouché parte per l’esilio da cui non ritornerà. A differenza di Talleyrand “le boiteux maudit” che pure aveva cospirato contro Napoleone, Fouché, pur essendo stato ai vertici del Grande Oriente di Francia, è un uomo finito. E la sua caduta apre il dibattito sul lato oscuro delle forze di polizia.

Di solito la polizia di Fouché vestiva in borghese poiché costui stimava che in poliziotto in divisa non si poteva lasciar andare agli abusi di un poliziotto in abiti civili.

Personalmente Fouché s’interessava direttamente della polizia politica, lasciando il resto alla competenza dei prefetti.

Luca Guglielmino - Fine

 

Bibliografia

Emmanuel de Waresquiel, Fouché. Dossiers sescrets, Tallandier, 2017, cap. V.

Jean Tulard, Fouché, c’est la naissance de la police moderne, par Eric Pelletier, 27 oct. 2005 in L’EXPRESS.

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Articolo pubblicato il 01/04/2022