Gli ospedali privati pronti a reclutare medici profughi dall’Ucraina, mentre per i nostri, i contratti non vengono rinnovati o restano sospesi

Incontro tra il presidente di Acop Vietti e il ministro Speranza

E’ notizia di venerdì scorso. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha ricevuto il presidente dell’Acop (Associazione coordinamento ospedalità privata), Michele Vietti.

Nel corso del colloquio il presidente Vietti ha espresso al ministro “l’apprezzamento della sanità privata per la previsione, introdotta nel Decreto Legge sulla crisi ucraina, del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie dei profughi provenienti da quel paese. Le strutture sanitarie private, prosegue il comunicato, sono pronte a reclutare i professionisti che arriveranno in Italia e a farsi carico anche della loro formazione linguistica, attingendo eventualmente al fondo ‘nuove competenze'”.

“Il presidente Vietti, prosegue il comunicato, ha altresì rappresentato al ministro la permanente difficoltà di reperire sul mercato del lavoro professionalità sanitarie – prosegue la nota – penalizzate da un eccesso di selezione alla fonte, nonché l’esigenza di eliminare l’ormai ingiustificato tetto di spesa per le prestazioni sanitarie imposto alla sanità privata che impedisce, tra l’altro, la riduzione delle liste d’attesa e della mobilità intraregionale ed infine la necessità di prevedere la copertura finanziaria per il prossimo contratto di lavoro anche per i dipendenti delle strutture private, evitando di farne carico alle Regioni che in passato si sono, in parte, sottratte”.

Questa notizia, ci riporta a due situazioni denunciate dal personale sanitario, anche con manifestazioni pubbliche in tutta Italia.

Medici ed infermieri che si sono prodigati durante la pandemia, continuando a lavorare nei reparti ospedalieri, seppur malati e rischiando d’infittire la schiera dei loro colleghi deceduti, perché privi della barriere protettive, negate o giunte in ritardo dalle regioni, non sono oggi in grado di prevedere il loro futuro.

Solo in Piemonte, si trovano in scadenza di contratto 3.300 persone (tra medici, infermieri e tecnici) e ad oggi rimangono privi di risposte.

Poi c’è il caso di medici non ancora vaccinati, colpiti e guariti dal covid, che non vengono riammessi a riprendere il loro ruolo nelle strutture ospedaliere, quando per disposizioni sanitarie valevoli per tutti i guariti, per almeno tre mesi non si trovano nella possibilità di accedere al vaccino.

Per molti bravi e onesti e integerrimi medici che si sono prodigati per curare i malati, questa è un’ulteriore canagliata di stato che avrà ripercussioni anche sugli utenti del servizio sanitario.

 

Al loro posto ed a quello di color che le regioni non hanno ancora confermato in servizio, verranno assunti medici ucraini arrivati negli ultimi giorni nel nostro Paese.

La sanità in quel Paese non è certo all’avanguardia ed il livello di vaccinazioni è minimo, anche tra i medici, ma la politica politicante, sorvola.

 

I nostri medici, vengono rimpiazzati da sanitari che hanno abbandonato il loro Paese e i loro pazienti. Certamente si tratta di scelte personali, da valutare individualmente, ma queste centinaia di medici disertori che sono scappati dall’Ucraina non avrebbero potuto essere più utili nel loro Paese, con tanti feriti da accudire, con gli ospedali distrutti e il sistema sanitario in crisi?

 

Chi si prenderà cura delle persone bisognose che si sono lasciati alle spalle per venire in Italia, accolti a braccia aperte dal ministro Speranza? I nostri governanti non si soffermano sulla compatibilità etica del provvedimento assunto?

 

Ma c’è di più. Il ministro ha annunciato che il personale sanitario di nazionalità ucraina verrà assunto nelle strutture del Servizio Sanitario italiano in deroga alle norme comunitarie che disciplinano le assunzioni: formazione obbligatoria, certificazione dei titoli, durata legale dei corsi e così via.

Un provvedimento che costituisce un fatto gravissimo, perché non si accerta sul livello di professionalità di costoro, cui viene affidata la salute egli italiani.

 

E nessun manager del Servizio Sanitario ha avuto per ora nulla da ridire, in sprezzo dei milioni di euro spesi nel corso degli anni per recepire norme comunitarie su cui si basa l’accreditamento, la qualità, il risk management buttati nella spazzatura con un irresponsabile (l’ennesimo) decreto in un nuovo stato di emergenza, in barba alle stesse regole comunitarie.

 

Non hanno fiatato i manager, ma neppure i sindacati e gli ordini professionali che negli ultimi due anni hanno assistito senza batter ciglio al massacro professionale di tanti loro benemeriti iscritti, anzi collaborando attivamente alla "pulizia etnica" dei non allineati.

 

Urge una piena, totale riabilitazione dei medici italiani che hanno dovuto subire un vero e proprio linciaggio morale.

 

Se vogliamo assumere medici ucraini, allo stesso tempo, snelliamo le procedure burocratiche che impediscono o ritardano l’immissione in ruolo dei nostri medici e cancelliamo le sospensioni dei medici non vaccinati, che sono state delle vere e proprie sanzioni anche nei confronti dei pazienti, oltre che dei professionisti stessi.

 

Nel gran pasticcio causato dalla diffusione di notizie confuse sui decessi causati dal covid, pochi hanno evidenziato quelli causati dalla mancanze di cure, dovute alle marcate limitazioni della diagnostica, dovute agli intoppi burocratici delle regioni.

 

Noi cittadini pretendiamo di essere curati da medici competenti. Le diatribe ideologiche figlie di disposizioni che oggi gli stessi virologi stanno mettendo in discussione, non ci interessano, così come la benevolenza verso i profughi, senza se e senza ma.

 

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Articolo pubblicato il 27/03/2022