Sei domande a Bruno Landi
Bruno Landi

Le rivolge Michele Franco al pittore che scolpisce la tela con la luce dell’eternità

Con Bruno Landi da diversi anni vivo un rapporto di grande stima verso l’uomo e di vero amore per le sue opere. Da ogni incontro che abbiamo esco sempre arricchito dalla sua profonda visione dell’Arte e della Vita, e “il pittore che scolpisce la tela” da anni non smette di stupirmi: le sue opere recenti del triennio 2020-2022 hanno forza cromatica, intensità espressiva e contenuti così magistralmente espressi, che affermo senza tentennamenti di trovarmi di fronte a una luce interiore rinnovata e fulgida.

Landi riesce a portare, intatta su tela, l’energia vitale frutto di una intensa ricerca intima, di scavo nella sua sensibilità personale raffinatissima, in un percorso che ha come risultanti l’Amore e lo stupore. Per le persone, le cose, i sentimenti.

È l’Amore di chi non ha mai smesso di cercare, interrogandosi e rapportandosi continuamente col suo “io” artistico più viscerale e profondo, con una ricerca instancabile, costante, faticosa. È lo stupore dello sguardo di bambino, ogni volta meravigliato dalla spiritualità che vive nelle cose che osserva. Ciò che ne scaturisce si trasmuta in bellezza, equilibrio, armonia e purezza, trasposte su tela con maestria rara (m.f.).

“La mia pittura? Mi piace definirla come una sintesi di Modigliani visto da Picasso”. Così dicevi riferendoti alla tua arte. Tu nasci “scultore”, inizi adolescente nello studio di Via del Babuino, Roma, dallo zio Enrico Tadolini, scultore noto e discendente di Adamo Tadolini, allievo prediletto del Canova che gli cedette lo studio. Quanto ti ha “formato” quel luogo?

Mi ha formato moltissimo! In quello studio ricco di storia respiravo Arte e cultura. Lo zio mi ha aiutato molto, sia nell’aspetto pratico, lavorando con lui che era un autentico Maestro della scultura, sia sul versante dell’arricchimento culturale. Fin da giovinetto assistevo, a casa dello zio, alle chiacchierate tra lui e persone del calibro di De Chirico, Montale, Ungaretti, Quasimodo, per citarne alcuni. Sono cresciuto in un ambiente fantastico e stimolante.

Roma del secondo dopoguerra è il paradiso degli artisti: gallerie d’Arte notissime, sperimentazioni artistiche, cenacoli tra artisti. In quegli anni arrivano per te i primi riconoscimenti prestigiosi...

Guarda, Roma era mitica, e trovarcisi era una benedizione per un artista. C’era un confronto diretto, anche “di pancia”, tra gli artisti. C’era un continuo fermento di correnti di pensiero, nazionali e transnazionali, c’era una realtà stimolante che ti trasmetteva la febbre della ricerca e della sperimentazione. Si “osava” e pittura e scultura erano territorio immenso da esplorare e vivere con la passione e la curiosità della giovinezza.

Hai vissuto a Parigi, USA, Nordafrica, sperimentando tecniche, consolidando la fama e restando fedele all’Arte mai piegata ai gusti del momento. Il tuo linguaggio espressivo raccoglie stilemi del passato e istanze contemporanee, coniugandole mirabilmente. Quali i punti di riferimento principali delle tue opere?

Altra grande fortuna è stata vivere in straordinari paesi, così diversi tra di loro, ma ognuno ricco di arte, cultura, personalità. Parigi la ricordo con enorme nostalgia; vivere in queste nazioni è stato un passaggio fondamentale della mia vita artistica: lì ho trovato nuovi spunti per pittura e scultura. All’estero ho anche trovato la mia più esatta dimensione di artista: posso dire che in quelle culture così diverse dalla mia originaria, ho “incontrato” la mia Arte, ho incontrato il nuovo Landi pittore e scultore.

Ci vuoi parlare dell’importanza della figura femminile nelle tue sculture e nei tuoi dipinti?

È la centralità del nostro percorso terreno. La Donna ci dà la Vita, e già questo sarebbe sufficiente. Senza scordare che, alla fine del percorso, ci attende un’altra figura femminile, Sorella morte, come la chiamava San Francesco. La figura femminile è assoluta nella storia d’ogni forma d’Arte, pittura, scultura, musica, danza. Possiamo dire che senza la figura femminile non esisterebbe l’Arte. Le Donne delle mie opere sono madri, sorelle, amiche, complici, sono Madonne e Donne nel contempo. Nei miei quadri le figure femminili non rivelano, celano il mistero e la complessa visione dei sentimenti che solo l’universo femminile sa creare e sa offrire.

La tua poetica artistica è ricca di concetti di contrapposizione, espressi nel rapporto tra luci e ombre, animali ed esseri umani, giorno e notte, musica e battaglie, donne e guerrieri. Ma su tutto aleggia una visione rassicurante, di cose e sentimenti. Quale messaggio vuoi trasmettere?

L’artista deve scavare dentro sé fino a spellarsi le unghie. Fino a trovare le gocce di sangue dentro l’anima. E quando arrivi al centro delle cose, non ti resta che scoprire la potenza dell’Amore. Anche dopo una guerra, restano i sentimenti che leniscono le ferite. Vita e Amore vincono su tutto. E se c’è la bellezza creata dall’Arte per celebrare tutto questo, si compie una magia speciale.

Collezionisti, musei e fondazioni: le tue opere sono apprezzate da chi vuole circondarsi di un’Arte “vestita” di luce d’eternità, per i significati che contiene e per la tecnica con cui è realizzata.

Cos’è la nuda tela da affrontare prima di dipingerla?

Ti sembrerà strano, ma parlo con le tele, prima di toccarle. Loro sono lì a disposizione, pronte a darti tutto. Ma la prima condizione è che tu le rispetti. Perché lì sopra ci finisce un “pezzo” di te, della tua anima, del tuo pensare, della tua visione delle cose. Ma lì sopra ci finisce soprattutto l’Arte.

E l’Arte non la puoi tradire. Per tutta la mia vita non l’ho mai tradita, non me lo perdonerei. L’Arte non accetta compromessi, se no non è Arte, ti pare?

Sì, Bruno Landi è come dici.

Aggiungo che anche da questa intervista esco rinfrancato: persone con questa sensibilità fanno vivere l’Arte nella sua espressione più elevata.

Landi riesce a condurci in dipinti dal respiro grandioso, in cui troviamo un meraviglioso fondersi di altissime punte di pittura del passato con la contemporaneità.

La visione scenografica rimanda alla pittura medievale, il vigorio di cavalli e guerrieri permea i dipinti del classicismo più nobile, la grazia delle figure rinascimentali convive con la costruzione dei piani di ascendenza picassiana e cubista, i lunghi colli femminili rimandano a Modigliani mentre partiture delle tele svelano l’astratto e l’informale che emergono anche nelle geometrie più essenziali.

Nelle sculture il classicismo si sposa col plasticismo alla Mastroianni, col cubismo, e con scomposizioni dal dinamismo futurista. Una tela o una scultura di Landi ci consegnano un respiro artistico di portata enorme, dai risultati mai caduchi o modaioli. Entrano con delicatezza e forza nell’arte senza tempo, quella vestita di una luce d’eternità.

Michele Franco

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Articolo pubblicato il 27/03/2022