La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Le donne borsaiuole

Borsaiòlo (letter. Borsaiuòlo) s. m. (f. -a) […]. - Ladro che ruba borse, portafogli, valori ai passanti o a persone convenute in luoghi pubblici, con destrezza e di nascosto, senza fare uso della violenza; borseggiatore.

Così il Vocabolario on line Treccani definisce questa specialità del mondo criminale. Il punto di nostro interesse risiede in quella indicazione posta tra parentesi: femminile borsaiola.

Sul finire dell’Ottocento l’attività di borsaiola, «borsaiuola» come si diceva allora, era largamente praticata. Per il passato, questa occupazione illecita femminile è ampiamente documentata, ad esempio dal libro Roma e Londra. Confronti del sacerdote Giacomo Margotti (Torino, 1858), dove viene ben descritto il modus operandi delle borseggiatrici londinesi, e dalle diverse opere a carattere scientifico di Cesare Lombroso.

Con una manciata di ritagli di giornale aggiungiamo qualche pennellata curiosa a un così vasto affresco.

Apriamo con una modestissima esponente, quasi una dilettante, presentata dalla Gazzetta Piemontese del 14 luglio 1892.

 

Alla larga da certi abbracci! - Verso le ore 9 pom. di ieri il commesso negoziante M.A., di anni 22, domiciliato in via Po, N. 42, se ne stava pacificamente seduto, godendosi un po’ di fresco, sopra una panca del corso Regina Margherita, quando, con sua non ingrata sorpresa, una ragazza sui venti anni, da lui già conosciuta, lo avvicinava e lo abbracciava…

Più tardi però il sig. M. si accorse, con assai più brutta sorpresa, di essere stato alleggerito da quella giovane dell’orologio d’oro, del costo di lire 100.

Denunciato il fatto alla Questura, questa identificava la borsaiuola per certa Scagliano Vittoria fu Remigio, d’anni 19, sarta, abitante in via Barbaroux, N. 10, piano 5°, e procedeva al di lei arresto, sequestrandole sulla persona l’orologio rubato al commesso M.

 

Una vera dilettante allo sbaraglio, che ignora i rudimenti dell’arte: deruba un uomo che la conosce e non si libera del “corpo del reato”. Ma l’idea della sartina che si improvvisa borsaiuola ci fa quasi ipotizzare una versione alternativa della commedia-operetta-film “Addio giovinezza!”.

Le borseggiatrici più navigate, per evidenti motivi, operano spesso nelle chiese, a danno di altre donne concentrate nelle loro preghiere. La Stampa, il 10 dicembre 1898, arriva a lanciare un allarme per le sue lettrici.

 

Signore devote attente alle borsaiuole in chiesa. - Ieri mattina una signora, rimasta ignota, recavasi nella chiesa di San Filippo. Mentre era tutta intenta alle sacre funzioni venne avvicinata da una ragazza decentemente vestita, la quale, dopo un po’ di manovra, le cacciò una mano nella tasca della veste ove si trovava il portamonete. Fortunatamente la signora si accorse subito del tiro, afferrò il braccio della ladra obbligandola a lasciare la preda. La borsaiuola per tema di peggio, abbandonò il portamonete e, non trattenuta più dalla signora, si chiamò fortunata di potersela cavare a così buon mercato.

 

Oltre alle chiese, le borseggiatrici agiscono anche nelle fiere e mercati della provincia. Questo articolo de La Stampa di giovedì 11 novembre 1897 (Arresto di quattro donne ladre) ci presenta questo declinazione della loro attività e, nello stesso tempo, l’impegno della Questura torinese per il controllo del fenomeno.

 

Ieri una squadra in borghese di agenti di pubblica sicurezza arrestarono nella stazione di Moncalieri quattro note borsaiuole della nostra città, le quali si disponevano a partire per la linea di Bra, per quindi portarsi nelle fiere e mercati di quel circondario in cerca di «buoni affari».

È da notarsi che quando queste rondinelle borsaiuole vogliono spiccare il volo per paesi lontani non partono mai dalle stazioni della città, dove sanno che vigile è l’occhio degli agenti di pubblica sicurezza, ma per prudenza si recano alle stazioni vicine.

La Polizia, però che ha ormai indovinato la manovra, quando l’occasione si presenta spinge la caccia anche fuori, e raramente i cacciatori ritornano senza preda.

Le quattro arrestate di ieri sono fra le più conosciute ladre del genere e già subirono tutte parecchie condanne. Due sono anche sottoposte a vigilanza speciale. Nelle loro tasche portavano quei piccoli coltelli detti sacagn, di cui si servono i borsaiuoli per tagliare destramente i panni delle vittime designate.

 

Concludiamo con una anonima cronaca giudiziaria de La Stampa del 15 aprile 1899, dal titolo Una celebre borsaiuola. La donna protagonista è stata processata dal Tribunale Penale di Torino e il testo della cronaca risente della mentalità lombrosiana: ne esamina l’aspetto fisico - che fa pensare ad una forma di acromegalia - e cerca di analizzarne i risvolti psicologici. Il cronista ipotizza che nell’esecuzione dei borseggi trovasse una sorta di gratificazione per il superamento della sua infelice corporatura.

 

L’imputata risponde al nome di Ballarino Caterina. È nata il 1° agosto 1871 in Alessandria ed ha una statura veramente eccezionale. Una grande capigliatura nera e crespa le incornicia il volto pallido e dai lineamenti decisi e pronunciati.

Ma quanto è in lei di maggiormente fenomenale è la mano, una mano enorme che ricorda quella del gigante Peyrouse (1) che testé lottava al nostro Caffè Romano. Eppure con questa corporatura così poco acconcia alla professione cui la ragazza s’era dedicata, ella aveva saputo vincere le contrarietà della sua natura e ad onta della mano sproporzionatamente pesante e nodosa, riuscì una delle più abili ed ardite borsaiuole conosciute negli annali giudiziari.

La donna, che teneva negozio di stiratrice, ciò che non le impediva di dedicarsi a certe scappatelle... amorose, che la fecero assai nota, aveva prescelto a campo delle sue gesta le piattaforme dei carrozzoni tranviari. E su essi istallavasi coll’aspetto della più gentile modestia, ed operava sempre con tale sollecitudine, sicurezza e circospezione, che poté ripetere parecchie volte il suo giuoco, facendo un bottino copiosossimo.

Ma i nostri buoni vecchi dicevano che il diavolo fa le pentole... senza coperchio, e la borsaiuola, che pur diede tanta prova di prudenza e scaltrezza, mancò del più elementare buon senso... ladresco, ritenendo presso di sé i portafogli rubati, dopo essersi impossessata del loro contenuto. Forse gli erano cari quali trofei di vittorie... borsaiuolesche!...

Ma quei trofei la condussero invece alla reclusione. Arrestata su vaghi indizi prestati dalla sua eccezionale corporatura, si confessò rea dei diciotto borseggi di cui restavano le predette vestigia...

Il Tribunale, ritenutala colpevole di borseggio continuato, condannò la giovane donna, dedita alla mala vita, a 4 anni di reclusione e ad 1 anno di vigilanza speciale.

 

(1) Lottatore francese, più volte ritratto fra il 1899 e il 1902 dallo scultore tedesco Hugo Lederer (1871-1940).

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Articolo pubblicato il 02/04/2022