Il cuore contro il fuoco

Ricordo del maggiore Domenico Borghesio (Di Alessandro Mella)

Tutta la lunga storia della Grande Guerra è costellata di migliaia di esempi di coraggio, sacrificio, eroismo e fede. Dal più gallonato generale al più umile soldato, gli italiani mostrarono uno spirito indomabile in quei tempi burrascosi. Certo ci fu chi si lasciò vincere dallo sconforto, dalla paura, dall’angoscia ed umanamente costoro vanno compresi. Ma ovviamente non messi sullo stesso piano di chi, invece, tenne i nervi saldi ed onorò fino all’ultimo i propri doveri.

Tra questi esempi da non dimenticare può certamente figurare il personaggio cui è dedicato questo breve articolo.

Domenico Borghesio, figlio di Battista, nacque a Rivarossa, poco lontano da Torino e nel cuore del Canavese, sulla fine dell’Ottocento. Giovane senz’altro brillante, si dedicò allo studio della Giurisprudenza così da garantirsi un sicuro avvenire. Il suo impegno lo portò a conseguire la laurea presso la Regia Università di Torino nell’anno scolastico 1900 e 1901. (1)

Poco prima di raggiungete questo importante risultato, già diplomato, venne inquadrato quale ufficiale di complemento del Regio Esercito Italiano come sottotenente di fanteria. (2)

Gli anni in congedo passarono piuttosto in fretta e l’Europa, frattanto, finì per scivolare nella terribile fornace che consumò migliaia, anzi milioni, di vite in tutto il continente. Entrata l’Italia nella Prima Guerra Mondiale, anche il nostro Domenico, nel frattempo più volte promosso, venne destinato al fronte ed inquadrato nel 5° bersaglieri, 14° battaglione, con il grado di maggiore.

In linea si comportò sempre da ufficiale valoroso, senza temere i pericoli numerosissimi, senza mostrare fragilità agli uomini posti al suo comando. A Torino, nei primi mesi del 1918, giunse una notizia che provava quanto valore albergasse nel cuore del combattente di Rivarossa. La concessione di una medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione:

 

Comandante di un saliente della linea molto esposto al tiro ed agli attacchi nemici, nonostante le forti perdite subite, manteneva saldamente e per molte settimane la posizione dando prove di grande spirito di abnegazione ed alto sentimento del dovere. Dopo un furioso bombardamento sostenuto per cinque ore, e benché ferito, si lanciava più volte al contrattacco, finché cadeva svenuto. Esempio costante di alte virtù militari. Monte Sisemol, 6 dicembre 1917. (3)

 

Il quotidiano torinese “La Stampa” ne sottolineò i natali nel piccolo borgo canavesano e diede la notizia con quel briciolo d’enfasi comprensibile. Tuttavia, al momento dell’uscita nelle edicole del giornale, nessuno poteva immaginare che quel trafiletto l’interessato non avrebbe mai potuto leggerlo.

Pochi giorni prima, non lontano da Asiago, il nostro Domenico aveva condotto nuovamente i suoi bersaglieri all’attacco, all’assalto di trinceramenti austriaci, perdendo drammaticamente la vita.

All’alba del 28 gennaio 1918, infatti, iniziò la prima Battaglia dei Tre Monti alla quale prese parte anche il 14° battaglione del 5° bersaglieri. Al sorgere del sole l’artiglieria italiana iniziò a cannoneggiare il nemico per fiaccarne la prevedibile resistenza e i reparti gradualmente presero a muoversi. Il 14°, colonna sinistra, mosse da Valbella verso Stenfle finché gli austriaci non ne segnalarono la presenza con un razzo illuminante rosso che, tuttavia, trasse in inganno gli artiglieri italiani.

Venne quindi a mancare il fuoco d’appoggio, portato più avanti, e la conquista delle trincee nemiche fu vanificata poiché, a quel punto, il contrattacco nemico ricacciò indietro gli italiani al costo di perdite altissime.

Tra i caduti, purtroppo, ci fu anche il maggiore Domenico Borghesio che, forse, non fece nemmeno a tempo a festeggiare la sua medaglia d’argento.

Una seconda, seppur alla memoria, gli fu concessa nel 1921:

 

Comandante di un battaglione, fulgidissimo e costante esempio di valore, visto che la prima ondata d’assalto deviava, prese il comando della seconda, ponendosi con leonino slancio alla testa di essa, vi trasfuse coll’esempio tale irresistibile forza che raggiunta e oltrepassata la prima ondata, conquistava – primo fra tutti – due ordini di trincee.

Sempre eretto nella persona, mirabile esempio a tutti, tutto diresse e comandò. Ferito mortalmente si curò più dell’azione e dei suoi dipendenti che di sé stesso.

Raccolto agonizzate, mentre una granata nemica colpendolo ne faceva orribile scempio, spirava additando ai suoi bersaglieri il nemico da debellare. Valle Stenfle (Asiago) 28 gennaio 1918. (4)

 

Si spense così, in linea tra i suoi soldati, un uomo pieno di coraggio.

Vigoroso e animato dalla speranza di costruire un futuro migliore per il suo paese. Sicuramente ebbe a sua volta momenti di debolezza, di nostalgia di casa, di terrore, ma reagì sempre con fermezza e spirito.

Esempi come questi non devono essere dimenticati perché il loro sacrificio merita memoria e gratitudine.

Alessandro Mella

 

NOTE

1) Annuario della Regia Università di Torino, Anno XXVI, 1901-1902, Stamperia Reale Torino, 1902, p. 210.

2) Annuario Militare del Regno d’Italia, Tomo I, 1906, p. 78.

3) La Stampa, 32, Anno LII, 1° febbraio 1918, p. 2.

4) Archivio Istituto Storico del Nastro Azzurro.

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Articolo pubblicato il 14/03/2022