La gloria di Re Cozio di Augusto - L'arco di Segusium

di Alessandro Mella

Anche l’alta Italia è ricchissima di testimonianze della civilizzazione romana e della sua storia millenaria ed il Piemonte, come la Valle d’Aosta, del resto, custodisce molte piccole e grandi meraviglie.

Una delle più caratteristiche è l’antico arco romano visibile a Susa:

 

Appena uscito dalla stazione di Meana, il viaggiatore vede al fondo la città di Susa e vi distingue la sommità dell’Arco di Augusto; alquanto più in alto scorge le rovine del forte della Brunetta; più in alto ancora la bella strada che sale serpeggiando sull’altipiano del Moncenisio, in mezzo alle elevatissime cime di Bard, della Ronche, della Roche-Michel e della Rocciamelone. (1)

Esso fu edificato tra il 9 e l’8 a.C. per volontà di Re Cozio il quale, con questo gesto simbolico, desiderava celebrare il proficuo accordo raggiunto con Augusto e con Roma ed ancora oggi sorge ove passava l’antica via delle Gallie.

Munito di un solo fornice, esso si erge su un basamento realizzato con blocchi calcarei e si notano, purtroppo, le molte rimozioni di parti, della scritta, delle grappe operate nei secoli.

I decori e i bassorilievi, celebranti l’accordo tra i due potenti, furono realizzati probabilmente da artisti del territorio. (2)

Una scritta dedicata al patto decorava l’arco e malgrado l’antica asportazione delle lettere, grazie ai fori di fissaggio, è possibile comprenderne il contenuto nel quale si poteva leggere che Cozio e le quattordici tribù che gli obbedivano erigevano l’arco in onore di Augusto nell’anno della sua tredicesima acclamazione imperatoria:

 

C’è anzitutto, l’Arco di Augusto, antichissimo monumento eretto nell’anno di Roma 745 e VIII a. c. da Marco Giulio Cozio in onore di Cesare Ottaviano Augusto, le cui facciate guardano l’una le Alpi Cozie, l’altra le Alpi Graie. Alto metri 13,50 e largo 12, l’insigne monumento è sorretto da quattro colonne corinzie; costruito in marmo bianco è ora diventato giallastro. Dopo venti secoli anche il marmo, esposto a tutte le bufere ed alle nevi, può mutare colore. Vi figura un’iscrizione, leggibile. (3)

È interessante notare come l’imperatore, di passaggio a Segusium, si fosse fermato per assistere all’inaugurazione della prodigiosa opera realizzata attraverso l’impiego di maestranze locali ma anche con l’impiego di tecniche e materiali tipici della cultura tecnica romana.

Malgrado il passaggio del tempo, le calamità, le mutilazioni e le vicende storiche, anche grazie al restauro del 1992, l’arco risulta comunque complessivamente ben conservato.

Il suo fascino ha sempre colpito gli illustratori del passato, in specie tra settecento ed ottocento, e fu sempre meta dei visitatori illustri.

Del resto, la popolazione era, com’è oggi, molto orgogliosa delle antiche reminiscenze della città:

 

In questo momento – sono le 10 precise – S.A.R. il Principe Umberto venendo in automobile dalla strada consolare che sale la valle giunge all’Arco di Augusto. (4)

 

Anche il Capo del Governo, ai tempi del ventennio ed in un’epoca in cui il culto della romanità era fortemente incentivato per consolidare il regime, visitò il sito:

 

Il Duce scende dal podio e risale verso l’Arco di Augusto, per una stradicciuola tagliata ai piedi del vecchio castello fatto costruire dalla marchesa Adelaide sulle rovine del palazzo di re Cozio, e che se ne sta solido, nella sua apparente rugosità, come l’anima delle stesse montagne.

Egli sosta un attimo nel Parco, della Rimembranza (…) quindi raggiunge l’Arco d’Augusto, elevato da Re Cozio I nell’8 d. c. e che, posto sulla strada delle Gallie, presenta una maestosità significativa.

Il tempo ha un po’ ingiallito la pietra bianca di Foresto, ma l’arco guida sempre verso il meraviglioso panorama di Fenestrelle che, dopo un centinaio di metri, si presenta come una sorpresa. (5)

La tipicità di questo antico lascito della storia antica ha, tra l’altro, sempre appassionato gli autori di ogni epoca:

 

Il più bel monumento però della città di Susa, è l’arco innalzato in onore di Augusto Ottaviano da Marco Giulio Cozio, sette anni prima dell’era volgare. L’architetto Masazza, che lo prese ad illustrare con molto studio, non si peritò a dichiarare che nessun altro in Italia gode riuniti i tre pregi di antichità, di gusto e di conservazione pari a questo.

Posto ad occidente della città, sull’antica strada romana che dall’Italia metteva sulle Gallie, per Monginevra, vide passare sotto la maestosa sua mole i più famosi conquistatori che conti l’istoria del mondo: è fu vera singolarità di casi che un monumento di così insigne magnificenza sai stato rispettato dal tempo e salvo durante le numerose irruzioni di barbari che rovinarono da cima a fondo l’Italia.

Esso misura metri 13.50 d’altezza, 12.09 di larghezza, 7.31 di profondità nei fianchi, l’apertura dell’arco è di metri 5.86 di larghezza per 8.80 di altezza. I quattro angoli sono sostenuti da quattro magnifiche colonne scannellate d’ordine corinzio.

Il fregio è adorno d’un bassorilievo continuato nelle quattro facce, e rappresenta il sacrifizio detto di Suovetaurilia.

Dal lato meridionale, si vede ancora nel bassorilievo il re accompagnato dai sacerdoti, con numeroso seguito di vittimarii, di trombettieri e di genti alpine a piedi ed a cavallo, e l’ara fregiata di ghirlande, mentre tue tabellarii, che compariscono all’estremità del corteggio, prendono ricordo di questo solenne atto di alleanza.

In una fascia sovrapposta al fregio fu segnata una memoranda iscrizione, la quale formò oggetto di studio a molti insigni scrittori italiani, fra i quali il Maffei, il Napione ed il Durandi. (6)

 

Ancora oggi il magnifico arco accoglie i turisti che giungono a Susa per perdersi nelle meraviglie di questa città alpestre. E racconta, con la sua imponenza, secoli di storia degli alpigiani, d’Italia e del vecchio Piemonte. Una storia ricchissima e di cui essere molto orgogliosi.

Alessandro Mella

 

NOTE

1) La Stampa, 258, Anno V, 17 settembre 1871, p. 2.

2) Molte informazioni sono reperibili negli interessanti pannelli esplicativi disponibili in prossimità del monumento.

3) La Stampa, 200, Anno LXXVI, 22 agosto 1942, p. 2.

4) Ibid., 215, Anno LXVI, 9 settembre 1932, p. 5.

5) Ibid., 115, Anno LXXIII, 16 maggio 1939, p. 1.

6) La Patria – Geografia dell’Italia – Tomo II Provincia di Torino, Gustavo Strafforello, Unione Tipografica Editrice, Torino, 1891, p. 343.

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Articolo pubblicato il 09/03/2022