Riforma Cartabia: che sia la volta buona?

Per porre fine al fenomeno delle “porte girevoli” tra magistratura e politica

Non è sicuramente la soluzione totale e definitiva ai guai della giustizia italiana ma sicuramente la riforma presentata dal ministro Marta Cartabia è qualcosa di inimmaginabile fino a pochi mesi fa.

E’ vero, il testo dovrà passare l’esame del Parlamento, Draghi ha detto di non voler ricorrere al voto di fiducia, e sappiamo quanto i partiti siano tenuti sotto scacco da alcune parti della magistratura, ma sicuramente la direzione impressa con questa riforma è quella giusta.

Tra le altre cose si vuole porre fine al fenomeno delle “porte girevoli” tra magistratura e politica, al fenomeno troppo frequente di magistrati che, in barba al principio di indipendenza, si candidano e assumono incarichi politici per poi tornare al ruolo di magistrato che dovrebbe essere indipendente e lontano dalle parti politiche.

Se la normativa confermata dal Parlamento sarà quella impostata nella riforma Cartabia questa schifezza non dovrebbe più avvenire.

Il direttore de Il Giornale, Augusto Minzolini, ex parlamentare di Forza Italia, al proposito ha ricordato la sua vicenda personale.

Assolto in primo grado in un processo, diventa senatore nel centrodestra e viene condannato in appello da un giudice che per 12 anni era stato parlamentare di sinistra e per due volte sottosegretario al governo; in Cassazione la condanna fu confermata da un giudice che era stato capo di gabinetto del ministro della Giustizia ai tempi del governo Prodi.

Il Senato rifiutò la decadenza parlamentare di Minzolini e venne depositata una proposta di legge, sull’onda del suo caso giudiziario, per impedire i passaggi di andata e ritorno tra magistratura e politica ( quasi sempre a sinistra); bene la proposta si arenò alla commissione Giustizia della Camera perché la presidente, parlamentare PD ed ex magistrato, non intendeva inimicarsi gli ex colleghi; obiettivo raggiunto, perché non appena lasciato il Parlamento come se niente fosse è tornata in magistratura ed è stata premiata con un posto alla Corte di Cassazione.

E di esempi di magistrati ultra militanti con buona pace del principio di autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario sancito dalla Costituzione, che entrano in politica e poi se ne ritornano al precedente lavoro ce ne sono fi che mai; a sinistra soprattutto ma anche a destra, basti pensare a Catello Maresca, candidato sindaco a Napoli col centrodestra, sconfitto ma eletto in consiglio comunale, che continua ad esercitare il lavoro di magistrato in una città vicina.

C’è davvero da sperare che la riforma Cartabia non subisca intoppi e non venga scientificamente ritardata in Parlamento per fare arrivare la fine della legislatura.

E c’è da sperare che si trovi il coraggio di sciogliere le correnti politiche della magistratura; non è in gioco la libertà di associazione che vale per i magistrati come per ogni cittadino, ma che un organo autonomo ed indipendente da ogni orientamento politico come dovrebbe essere la magistratura secondo la Costituzione sia animato da lotte e contese tra correnti che si rifanno esplicitamente a schieramenti politici è roba da dittature dell’Indocina o latinoamericane.

Se le porte girevoli tra politica e magistratura sono una vergogna a cui si prova a porre rimedio lo sono anche le correnti che permettono di fare politica orientando l’azione giudiziaria contro gli avversari politici; questa è azione politica sporca fatta senza nemmeno lasciare il proprio ufficio da magistrato, altro che porte girevoli.

Luigi Cabrino

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Articolo pubblicato il 13/02/2022