La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

La «ladra dei poveri» (Seconda e ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

 

Evidentemente Giselda è rimasta incinta, ha partorito il bambino alla Maternità e lo ha affidato a una balia. Poi ha conosciuto Vivanet. E il cronista finisce per presentarlo come una vittima dei raggiri della donna:

 

Il Vivanet conobbe Giselda in un caffè del centro e subito se ne innamorò. Questo avveniva tre mesi fa precisamente due giorni dopo che la ragazza era uscita dalla Maternità. Il Vivanet appartiene ad una buona famiglia, ed abita, coi genitori ed un fratello, appunto nella casa dove è stato arrestato dopo il fermo della ragazza.

Egli, secondo quanto raccontano le persone che lo conoscono, non è dotato di speciali attitudini per il lavoro e preferisce farsi mantenere dalla famiglia.

Come conobbe la donna, pensò senz’altro di unirsi ad essa confessando ogni cosa ai genitori i quali, naturalmente, opposero un decisivo rifiuto. Il Claudio Vivanet allora si allontanò di casa per vivere con Giselda. Purtroppo però, ben presto si fecero sentire i morsi della fame e sovente la coppia restava senza alloggio. Il cuore dei genitori di Claudio non restava insensibile alle sofferenze del figlio. Essi vennero perciò nella determinazione d’interrogare Claudio per sapere quali erano le sue intenzioni nei riguardi di quella donna. Il giovane rispose che voleva sposarla ad ogni costo.

Ed ecco che l’avventuriera si presenta in quella casa con una nuova maschera.

Veste modestamente; ha un’aria così semplice e buona da indurre in inganno anche l’individuo più astuto. Racconta la storia del padre funzionario dello Stato - storia che già conosciamo - e per di più aggiunge che le necessita recarsi immediatamente a Verona per realizzare una grossa eredità lasciatale da un ricco parente morto in quei giorni. Il suo fare riscuote le simpatie dei genitori di Claudio, i quali non esitano a fornirle i mezzi necessari perché Giselda effettui il viaggio a Verona. E la ragazza parte.

L’assenza si prolunga per quasi un mese. Al ritorno, la ragazza è più elegante, più vivace. Dice che tutto è andato bene e che l’eredità è in suo possesso; e comincia senz’altro a condurre una vita lussuosa, alla quale partecipa anche Claudio, ed affretta le pratiche per il matrimonio.

A questo punto e per maggior chiarezza, non è inutile rammentare ai nostri lettori che dalle indagini della Polizia è risultato che la Giselda è figlia d’ignoti e che non ha nessun parente a Verona.

I due fidanzati - per ora possiamo chiamarli così - non si lasciano mai. Escono tutti i giorni di casa assieme, dicendo di andare a passeggio, e assieme ritornano all’ora di cena. Alla loro apparente felicità partecipano anche i genitori di Claudio che ormai si sono rassicurati sul conto della ragazza: poi, il giorno delle nozze si avvicina e il loro figliolo farà un buon matrimonio...

Ma improvvisamente, a turbare la pace di quella casa, interviene la Polizia. I due colombi sono tratti in arresto ed una interminabile catena di furti viene alla luce del sole.

La dama di carità - l’ereditiera - la fanciulla modello - la fidanzata invidiabile, viene smascherata: essa non è che una volgare ed abbominevole ladra di poveri ed una ignobile commediante.

 

Con questa cronaca de La Stampa del 29 maggio 1929 si concludono le informazioni basate sui primi risultati dell’inchiesta. Vivanet appare come un personaggio complesso, certo uno sfaticato che non sa rendersi indipendente e preferisce farsi mantenere dai genitori, oggi diremmo un “bamboccione”. Ma il ruolo di complice pare averlo subito per amore.

Al 7 agosto, La Stampa pubblica un aggiornamento a conclusione dell’istruttoria che aggiunge particolari significativi, sia per illuminare la personalità di Claudio Vivanet che per comprendere il modus operandi dell’avventuriera Giselda.

Vivanet, forzatamente separato da Giselda nel corso dell’istruttoria, ha cercato di prenderne le distanze per scagionarsi. Sostiene di non aver mai saputo che la ragazza si provvedesse di danaro derubando i poveri. Quando l’ha conosciuta in un caffè, un solo sguardo di lei è bastato a farlo capitolare: la descrive come una «sirena, maestra d’ogni simulazione».

Giselda ha convinto anche lui della sua eredità di 400.000 lire: «Vi giuro che a sentirla nessuno avrebbe potuto immaginare che mentisse. Che grande attrice sarebbe quella donna sul teatro!».

Vivanet ha insistito nel dichiarare d’aver sempre creduto fino al momento dell’arresto che Giselda fosse seria, onesta, amante del lavoro. Di giorno si vedevano solo per i pasti, alla sera, lei gli raccontava d’aver lavorato a far camicie da uomo e da donna. «Chi avrebbe potuto pensare - conclude il giovane - che quei racconti esposti con grazia infinita fossero un inganno e coprissero tutto un losco e vergognoso traffico di basse avventure ladresche?».

Si è chiarita la vicenda che coinvolge quella Angioletta Mariani prima nominata, l’episodio più scabroso per Giselda e Claudio. La signorina Angioletta Mariani, governante che abita in via Villa della Regina 31, lamenta di essere stata truffata di 1500 Lire (in seguito si dirà 600 Lire), frutto del suo onesto lavoro.

Angioletta è stata abbindolata dai due colombi ora in carcere.

Ha incontrato Claudio, che si è subito dichiarato innamorato di lei, poi ha conosciuto anche Giselda. La povera Angioletta, troppo ingenua, non si è insospettita vedendo l’uomo del cuore in compagnia di un’altra donna. Giselda l’ha subito rassicurata: garantiva lei l’amore di Claudio, innamorato pazzo, che non vedeva l’ora di condurla all’altare.

Un brutto giorno però Angioletta ha dovuto sottoporsi ad una operazione chirurgica in un ospedale cittadino. Durante la convalescenza, il suo “fidanzato” Claudio a più riprese le ha chiesto del denaro perché, per la tristezza dei tempi, si trovava in un momentaneo imbarazzo finanziario.

Angioletta, commossa, lo ha sempre accontentato. Poi è intervenuta Giselda, per sbandierare la sua famosa eredità di 400 mila lire che avrebbe permesso a loro tre di vivere bene, tutti insieme. In vista dell’ingente eredità, confermata da Claudio, Angioletta si è spogliata di tutto i suoi averi: quando è uscita dall’ospedale, non aveva più un soldo e si è decisa a sporgere denuncia.

Claudio sostiene di averlo fatto in buona fede, convinto dall’abile Giselda. Lei, più di una volta, si era fatta accompagnare dal notaio De Benedetti in via Milano che, a suo dire, curava le pratiche per l’eredità. Lo faceva aspettare sul portone, lei saliva, poi scendeva, sempre con buone notizie. L’eredità era sempre più imminente: avrebbero potuto andare in automobile, bere champagne, giocare alle corse, comperare mezza Torino...

Troppo tardi Claudio si è reso conto dell’imbroglio, quando ha accertato che il notaio De Benedetti era morto da parecchio tempo e che il suo successore non conosceva affatto Giselda. Erano stati presi in giro lui e Angioletta, che lui è sempre disposto a sposare per impegno d’onore...

Il giudice istruttore non ha creduto a queste dichiarazioni di Claudio e lo ha rinviato a giudizio insieme a Giselda per correità in truffe a danno di Angioletta Mariani e di Ida Sabbatini vedova Perrone, abitante in via Verdi 12, che ha affittato una camera ai due amanti e ai quali ha fornito anche il cibo per un paio di mesi. La coppia, nello scorso aprile, si era trasferita in via Carlo Alberto 31, senza pagare alla Sabbatini le 530 Lire dovute. Le avevano promesso di saldare il debito dopo essere entrati in possesso della famosa eredità.  

Claudio e Giselda sono rinviati a giudizio per i numerosi furti ai poveri: il giudice non ha creduto che lui non avesse capito il genere di vita della sua compagna dalla quale accettava numerosi regali non compatibili con gli onesti guadagni di una camiciaia.

L’ultimo episodio stabilito in istruttoria interessa la sola Giselda.

Nella sera del 30 dicembre 1928 la ragazza aveva perduto la chiave di casa ed ha quindi accettato la compagnia di un amico provvisorio incontrato in piazza Castello: Mario Toriani da Mantova. Hanno pernottato all’albergo del Leon d’Oro in corso Regina Margherita.

Il mattino seguente dopo che i due se ne sono andati, la padrona dell’albergo si è accorta che era scomparso un soprabito di seta da sera lasciatole in deposito una sua amica. In istruttoria Toriani è stato assolto per non aver commesso il fatto. Giselda invece dovrà rispondere anche di questo furto. Lei nega, ma la cameriera dell’albergo ricorda d’averla vista andare via tutta gonfia e infagottata...

Questo episodio dimostra come Giselda, prima di divenire dama di carità, non trascurasse qualche occasionale marchetta.

A fine agosto i due sono processati davanti al Tribunale Penale di Torino, come riferisce  La Stampa del 30 agosto 1929.

Il cronista giudiziario esordisce con un confronto tra la realtà e l’apparenza.

Le povere donne cadute nelle reti truffaldine di Giselda l’hanno descritta come una giovane, bellissima donna, dai modi distinti, dagli sguardi abbaglianti, simile in tutto ad una autentica e rispettabile «Dama della carità» come lei si presentava.

Secondo il cronista, in tribunale Giselda appare ben diversa: «Ma quale contrasto nella dipintura che è stata fatta di questa sciagurata ragazza, e la realtà nella quale essa è apparsa ieri, in occasione del giudizio in Tribunale. Spoglia totalmente di vezzi, fisicamente insignificante, con lineamenti punto gradevoli ed un fare duro e dispettoso, che non è attenuato neppure dalla spigliata e colorita parlata veneta, la quale conferisce, solitamente, un tono di dolcezza alle creature più ispide. [...] è apparsa come una di quelle disgraziate ragazze che si incontrano, la notte, per le strade buie: relitti umani che la società vitupera e dai quali deve difendersi.

Nulla in lei che possa anche lontanamente far pensare di trovarsi di fronte, non diciamo ad una gran dama, ma ad una modesta borghese: la personalità più desolante e gli atteggiamenti più sciatti».

Sul banco degli imputati prende posto anche Claudio Vivanet. Giselda, secondo il cronista giudiziario «ben lontana dall’avere il fascino delle cosiddette donne fatali, ha suscitato in lui una folle passione». Osservazione quanto mai veritiera. Anche Claudio se in istruttoria forzatamente separato da Giselda è sembrato prenderne le distanze, adesso appare di nuovo ammaliato: «Stretti l’uno accanto all’altra, i due parlottarono con tono estremamente affettuoso durante tutto il dibattimento».

Queste considerazioni rischiano di far passare in secondo piano le vittime di Giselda: trentacinque vecchiette, alcune emaciate per le privazioni, altre cenciose, tutte provate dal bisogno. Forse nemmeno tutte le danneggiate hanno denunciato la visita di Giselda, per non unire al danno le beffe.

L’interrogatorio di Giselda è brevissimo. Ammette, in blocco, tutti i furti commessi presentandosi come «dama di carità», senza rievocarli: «Confermo la confessione fatta in istruttoria» dice, senza aggiungere altro.

A richiesta del Presidente dichiara di essere ricorsa a quell’attività delittuosa perché spinta dal bisogno di mantenere il figlioletto. Con accento vibrato, la ragazza scagiona l’amante: «Egli era all’oscuro di tutto. Non sapeva dei furti e non ricevette mai nulla di quanto rubavo. È innocente...».

È questo il suo ritornello e la sola preoccupazione che dimostra nella sua difesa.

Si attribuisce anche l’iniziativa dei raggiri per turlupinare Angioletta Mariani e la padrona di casa Ida Sabbatini.

Vivanet, grato all’amante per la sua generosità, asseconda questo sistema di difesa.  

Dopo le esplicite ammissioni dell’imputata è inutile ascoltare le sue vittime che si sono presentate anche solo per raccontare ai giudici le loro disavventure e magari maledirla.

La sfilata all’udienza delle povere vecchiette è uno spettacolo penoso.

Il Pubblico Ministero, dopo aver messo in risalto il carattere doppiamente delittuoso delle imprese dei due imputati, chiede per entrambi la condanna a 4 anni e mezzo di reclusione. Parlano i due avvocati difensori e il Tribunale condanna i due imputati per furto continuato e truffa a 3 anni, 3 mesi, 15 giorni di reclusione e 350 lire di multa ciascuno. Assolve entrambi dall’accusa di truffa a danno della signora Sabbatini per non provata reità.

La sentenza chiude, solo apparentemente, la vicenda.

Come sempre, nei casi di condanna di truffatori, alle loro vittime resta l’amaro in bocca. Oltre la perdita economica e di oggetti di valore affettivo, si sentono effetti psicologici negativi, una sorta di senso di colpa, di insicurezza delle proprie capacità di giudizio per essersi lasciati ingannare, che possono risultare devastanti per persone deboli e indifese. Già il cronista ha definito spettacolo penoso la sfilata delle vittime di Giselda.

In casi come questi, la condanna non pare avere ricadute pratiche: non si parla di restituzione della refurtiva, i due giovani condannati usciranno dal carcere dopo pochi anni, magari quando molte delle loro vittime saranno già passate a miglior vita. In particolare, Giselda, non ancora trentenne, e sicuramente dotata di quanto necessario per riprendere la sua vita di espedienti. Dobbiamo ammettere con rammarico di non avere riscontri di successive attività né sue né di Caudio Vivanet. In ogni caso, visti i suoi precedenti, è difficile ipotizzare un nuovo modo di vivere non più basato sul sistematico raggiro del prossimo.

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Articolo pubblicato il 09/02/2022