Medaglia di bronzo e cuore generoso

Memoria di Pietro Costantino (di Alessandro Mella)

Capita, ogni tanto, che tra le mani passino vecchi appunti, vecchi lavori, datate opere che ogni divulgatore custodisce nel cassetto dei ricordi.

Nasce così questo articolo, quale rilettura, riscrittura, rimessa in opera di un testo di molti anni fa quando ebbi occasione di incontrare la famiglia D’Angelo – Costantino. A quel tempo essi mi aprirono amorevolmente le porte di casa, condivisero con me ricordi e documenti poi, complici tante sventure della mia vita, persi purtroppo irrimediabilmente i contatti. Oggi vorrei rinnovare la mia gratitudine attraverso un migliorato ricordo del loro antenato.

Debbo, tuttavia, anticipare, mio malgrado, che questo articolo ha come scopo il ricordare un uomo straordinario, un grande italiano, e non significa che io abbia in animo di tornare ad occuparmi di temi ormai lontani dal mio cuore. Il fatto che egli fosse un mio collega, che abbia portato la mia stessa divisa, non implica necessariamente un mio ritorno alla storiografia di quel corpo. E questo debbo, purtroppo, specificarlo per rispetto a tante situazioni e persone cui mi sono negato negli ultimi anni.

Pietro Costantino nacque a Favria, nel cuore del Canavese in Provincia di Torino, il 15 giugno 1897 figlio di Francesco e di Caterina Perino.

Giovanissimo intraprese gli studi superiori, cosa non scontata a quel tempo e tanto più in un ambiente ancora molto rurale, diplomandosi geometra. Quell’attestazione gli aprì la strada per il corso allievi ufficiali e lo vide uscire con i gradi di sottotenente proprio nel corso della grande tempesta che sconvolse l’Europa tra il 1914 ed il 1918.

Entrata in guerra anche l’Italia, il 24 maggio 1915, progressivamente la gioventù italiana finì per ritrovarsi al fronte e Pietro venne chiamato nel 1916 inquadrato nel 41° Reggimento d’Artiglieria di Campagna costituitosi proprio nel maggio 1915. Il reparto si trovava nel Terzo Corpo d’Armata, quello comandato da Emanuele Filiberto di Savoia duca d’Aosta.

Giovane, coraggioso, non privo di senso del dovere e di capacità, si comportò al fronte con spirito e determinazione guadagnandosi una medaglia di bronzo al valor militare:

 

“In momenti nei quali l’impeto del nemico cercava di travolgere le nostre difese, volontariamente e per più volte, sprezzando il grave pericolo, raggiungeva i luoghi ove la strenua difesa delle nostre fanterie arginava l’irruenza dell’avversario, allo scopo di procurare notizie sull’andamento della lotta e rendere più efficace l’azione della sua batteria. Fagarè (Piave) 15 e 16 Giugno 1918”. (1)

Per fortuna riuscì a tornare a casa da quella fornace in cui la follia umana aveva consumato le vite ed il futuro di più di seicentomila italiani. Un disastro immane che azzerò un’intera generazione lasciando profonde cicatrici nella società e nella nazione.

Rientrato a Favria il nostro Pietro si sposò, ebbe due figlie e riprese a vivere e a lavorare in ambito civile con serenità e speranza. Avendo cura, tuttavia, di tenersi lontano dalla politica e dai bruschi mutamenti che ormai stavano accadendo attorno a lui.

Fu costretto ad iscriversi al Partito Fascista quando il segretario Achille Starace riuscì a farne una condizione indispensabile per lavorare e quindi nel 1932 accettò obtorto collo una tessera che se fosse stata gradita avrebbe preso certamente molto prima. Tanto più che farlo avrebbe costituito, in quel momento, una comodità ed un titolo da spendere nelle relazioni pubbliche. Anche perché, quella della tessera, dopo divenne anche condizione non negoziabile per restare al locale corpo dei pompieri di Rivarolo ove prese ad operare nel 1938.

Nel frattempo, altre tensioni crescevano in Europa e nel giugno del 1940 l’Italia commise l’errore fatale di lasciarsi coinvolgere dalla guerra scatenata dalla Germania. L’illusione del conflitto breve ed indolore presto venne meno e il nostro paese dovette fare i conti con la durissima ed infernale realtà.

La furia dei bombardamenti, aumentati a dismisura dopo che agli aerei inglesi s’erano andati ad aggiungere anche quelli americani, costrinse il governo italiano a correre ai ripari ed ai vigili del fuoco fu concesso di aumentare provvisoriamente gli organici.

Nel luglio 1942, quindi, il geom. Pietro Costantino fu inquadrato come ufficiale volontario dei vigili del fuoco stessi nell’83° Corpo di Torino. I mesi che vennero furono terribili ed egli dovette affrontare, insieme a molti altri colleghi, la tragedia collettiva amplificata dalle devastazioni delle incursioni aeree nemiche.

Rare le occasioni per rientrare in famiglia, lasciare la città in balia delle perpetue distruzioni si faceva sempre più complicato e la sua sola consolazione era forse sapere che moglie e figlie si trovavano al sicuro lontani dal pericolo che cadeva dal cielo. Lui aveva preferito non restassero in città e tornassero al paese fin dal principio del conflitto. Una delle figlie, al tempo in cui le incontrai tanti anni fa, mi raccontò che una sera il padre rientrò a casa e l’abbracciò commosso. Lo stesso giorno aveva estratto dalle macerie il corpo senza vita di una bimba della sua stessa età. Quanta pena dovette provare in quegli istanti?

Anche questa misera sicurezza, tuttavia, venne meno quando la guerra iniziò ad entrare ancora più prepotentemente nelle case, nei paesi e nelle borgate dopo la caduta del regime e l’armistizio del settembre 1943.

La contrapposizione violentissima tra i fascisti della Repubblica Sociale al loro crepuscolo disperato e tra i partigiani della Resistenza si fece giorno dopo giorno più cruda e più feroce. Come si poteva essere sereni?

Al netto delle immagini di facciata, i vigili del fuoco furono costretti a giurare fedeltà al governo fascista repubblicano volenti o nolenti, molti si fecero coinvolgere dai fatti e non furono pochi quelli che scelsero di aiutare come si poteva la lotta di liberazione.

Che anche Pietro Costantino fosse un uomo sensibile alla causa della Resistenza lo dimostrarono i fatti.

Il 23 agosto 1944, infatti, un automezzo tedesco di ritorno da un’azione di rastrellamento s’imbatté in un gruppo di partigiani e ne nacque un conflitto a fuoco inevitabile. In quella gragnuola di piombo un militare germanico restò ucciso. La sparatoria si era verificata lungo la strada che da Busano entra in rione Sani Michele di Favria ed immediatamente si temette che i nazisti non fossero disposti a lasciar correre ed infatti il giorno dopo la borgata venne data alle fiamme per rappresaglia.

Allontanatasi la soldataglia tedesca, giunta ore prima da Rivarolo, tutti coloro i quali erano fuggiti per difendersi dal pericolo di fucilazioni o deportazioni rientrarono alle loro case e quella che seguì fu una vera gara di solidarietà per spegnere l’incendio. (2) Immediatamente si pianificò una prodigiosa opera di ricostruzione la quale, tra l’altro, esponeva anche a rischi e pericoli:

 

La notte stessa, di nascosto, alcuni membri del locale Comitato di Liberazione Nazionale si riunirono in casa del farmacista di Favria dott. Nando Barberis (Francesco Pene - medico condotto, Andrea Bertano - educatore, Pietro Costantino - ufficiale dei pompieri e il vice parroco don Eugenio Bosio) e concordarono le iniziative da intraprendere per dare corso immediatamente alla ricostruzione del rione. (3)

Nei giorni che seguirono dalla cenere delle case incendiate le mani operose e coraggiose della gente fecero risorgere nuove abitazioni, nuove speranze e nuova vita. E con quelle speranze e quei sogni nel cuore tutti attesero i tempi migliori che vennero mentre via andavano i nemici germanici e la guerra finiva.

Nel maggio 1945, dopo aver passato indenne le verifiche delle commissioni d’epurazione, Pietro Costantino fu restituito alla sua vita restando in servizio locale fino al 1948 quando, dal 1° gennaio, cessò il servizio in via definitiva. (4)

Visse ancora a lungo, fece del suo meglio per contribuire alla ricostruzione nazionale, guardò al futuro con tale fede da vederne ancora molto e assistere alla rinascita nazionale. Circondato da quella famiglia che aveva tanto amato e protetto si spense nel 1989.

Eccezionalmente sono tornato su questi temi non solo per onorare l’ufficiale ma per ricordare l’uomo. Il suo spirito, il suo coraggio, il suo cuore generoso. Nella speranza che, qualora la famiglia abbia modo di leggere questo pezzo, riprovi le stesse emozioni d’un tempo. Loro che mi diedero modo di scoprire una così bella figura del nostro paese e della nostra Italia.

Alessandro Mella

 

L’autore desidera ringraziare la Famiglia D’Angelo – Costantino per la collaborazione, cortesia e straordinaria disponibilità che tanti anni va vollero riservargli ed il cui ricordo egli conserva vivamente nel cuore.

 

NOTE

1)         Decorati al Valor Militare di Torino e Provincia 1833-1933, Istituto del Nastro Azzurro Sezione di Torino, Casa Editrice Giovanni Chiantore, Torino, 1933 p. 281.

2)         È difficile al momento capire quale reparto tedesco avesse effettuato l’operazione. Sul motore di ricerca dell’Istituto Germanico in Italia la presenza di reparti specifici in Rivarolo parte solo dal settembre 1944 quando è indicata la presenza della 157 Gebirgs. Division costituita lo stesso 1° settembre. È possibile che si trattasse di un plotone della 157 divisione di riserva che vi confluì. Ma sono solo supposizioni per ora.

3)         Fabrica - Appunti di storia favriese, Tipografia Baima Ronchetti, Castellamonte, 2005, p. 145.

4)         Molti anni fa ebbi modo di esaminare il fascicolo dell’epurazione con la verifica della sua posizione dalla quale egli era uscito indenne come del resto meritava.

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Articolo pubblicato il 31/01/2022