Recensione: "La prima politica è vivere"
Il tavolo dei relatori

Nel libro di Maurizio Lupi edito da Mondadori si parla di cosa vuol dire essere morale per un politico

La prima politica è vivere, è un libro di Maurizio Lupi, molto bello e molto sentito che verrà messo alla prova in un momento in cui proprio la passione politica viene messa alla prova. Nel libro edito da Mondadori si parla di cosa vuol dire essere morale per un politico, del rapporto tra la sua vita privata e la responsabilità pubblica, della coerenza di un cattolico che decide di fare politica, della capacità di lavorare per il bene comune e di dare risposte efficaci.

L’approccio a questi temi è poi quello dell’autore, vicepresidente della Camera, del suo modo di fare politica e di parlarne. Il taglio è molto pratico e concreto lasciando intravedere le forti radici ideali in quello che fa con amicizia ed affetto, cose strane nella percezione che dall’esterno si ha della politica o del palazzo o della istituzione.

Quello che ha imparato ed appreso vivendo prima da semplice parlamentare e poi con una responsabilità che gli ha fatto apprezzare molto le istituzioni, come vicepresidente della camera, che sono lo specchio della società, è che non solo ci può essere una buona politica ma ci può essere un rispetto per l’altro, per l’impegno che l’altro pone, che diventa esempio per tutti.

Questa è stata sostanzialmente la grande scoperta per Maurizio Lupi, di tutti gli anni dedicati alla politica. Possono nascere amicizie, contese anche dure, ma tutto nasce per poter approfondire quello in cui si crede e la ragione per cui ognuno ha deciso per un pezzetto della propria vita di mettere il proprio tempo al servizio del proprio paese, del bene comune.

Più che un libro vuole essere una testimonianza perché come sempre nella vita nulla può essere formale e nulla può essere a caso. È stato proprio da una trasmissione di Ballarò che è nato lo spunto di questo libro ma innanzitutto una provocazione. Accettando questa, ogni politico deve avere la capacità e il coraggio di rimettersi sempre in discussione.

Non perché non abbia certezze ma perché la propria certezza si approfondisce solo se continuamente rispetto a quello che accade nella propria realtà e nella propria vita, ci si domanda come quella certezza possa essere vera, come possa essere anche modificata rispetto alla strada che si ha da percorrere.

E allora a proposito della moralità e di Ballarò, ci fu un epico scontro sul caso Ruby e dopo quella trasmissione molti lo criticarono. Si sentì rivolgere frasi del tipo: “ Ma uno come te perché ritiene che oggi valga la pena impegnarsi in politica?” “ Qual è la ragione per cui difendi Berlusconi? ma tu sei cattolico, sei bravo salvati!”.

Secondo Lupi davanti a questo o alle critiche in genere che si possono avere sulla casta si possono avere due reazioni. La prima che è profondamente sbagliata è quella di porsi arroccati nel proprio fortino e difendersi. La seconda è quella di rimettersi in discussione e di non difendersi ma di testimoniare perché ne vale la pena.

Ne vale la pena, perché ci sono parlamentari colleghi che pur militando in banchi diversi testimoniano che son mossi dal fare buona politica. Per l’autore sono evidenti gli esempi. Un frutto di questo atteggiamento può essere la fondazione del gruppo interparlamentare per la sussidiarietà che ha avuto uno spunto molto semplice. In quegli anni di duro scontro politico tra maggioranza ed opposizione.

Lupi non riusciva a percepire perché con alcuni amici di partiti diversi si dialogava al Meeting di Rimini, mentre altrove si doveva rappresentare il teatrino della politica. Per cui è nata l’idea dell’intergruppo proprio per recuperare il dialogo con stima anche se animosamente sviluppato.

Pensandola diversamente ma condividendo una idea della politica che è al servizio del bene comune e che fa della sussidiarietà, cioè della centralità della persona il punto di partenza del proprio impegno. Accettando la sfida se ne vale la pena, il libro è semplicemente un racconto ed una testimonianza in risposta ad una provocazione per tutti , non solo per Lupi.

Perché la prima politica è vivere? In modo semplice nell’inizio del libro c’è ciò che più ha colpito l’autore quando studiava all’università stimolato da Luigi Giussani ad essere protagonista della propria vita. Venne pubblicato un libretto di Havel, dissidente della Cecoslovacchia comunista poi diventato presidente della repubblica, dal titolo affascinante “Il potere dei senza potere”.

Veniva raccontata in questo, una brevissima storia che Lupi ha preso come punto di partenza. Un fruttivendolo che vendeva frutta e verdura nel suo negozio nella Praga del regime comunista duro di allora che imponeva che oltre al prezzo fosse scritto “proletari di tutto il mondo unitevi”.

Ad un certo punto quel fruttivendolo e sua moglie decisero di fare un gesto semplicissimo, apparentemente innocuo ed inutile, continuare a vendere frutta e verdura togliendo quella frase. Per Havel quella famiglia da quel momento è diventata il nemico pubblico numero uno del regime comunista di allora.

Che cosa era successo? Non avevano fatto un proclama politico, non avevano ideato nessun progetto per ribaltare il regime comunista ma avevano semplicemente deciso di essere protagonisti della propria vita e di voler giocare nelle proprie circostanze quello in cui credevano: nella propria condizione umana, nella propria responsabilità e libertà.

Quel gesto, togliere quella scritta, che è il potere dei senza potere, è valso più di qualsiasi altro gesto e programma della dissidenza che si poteva attuare contro il regime comunista. La prima politica è vivere vuol dire che prima ancora di aspettarsi dalla politica la salvezza, ognuno di noi nella propria vita può essere protagonista, perché la realtà è positiva.

Ognuno di noi può essere protagonista e un semplice gesto può cambiargli la vita. Può anche cambiare banalmente un regime, può iniziare a minare dalle fondamenta un regime. Una questione importante poi è il tema del ponte che ognuno di noi deve edificare nei confronti dell’altro. Per fare un ponte bisogna avere delle fondamenta solide con dei pilastri solidi. Senza questi i ponti non reggono.

Noi viviamo innanzitutto in una società e anche in un contesto culturale mediatico dove il punto non sempre è la riflessione. Ogni tanto si riesce a riflettere, ma c’è quasi sempre lo scontro. Rischiamo di non giudicare quello che accade e di non capire qual è il vero problema della società che stiamo vivendo.

Il primo grande problema di questa, anche alla radice della crisi economica è la crisi morale, la crisi umana, la debolezza dell’identità delle persone. Quei fondamenti, quei pilastri sono le identità che ognuno di noi ha e che non si possono eliminare. Non si può prescindere da quello in cui ognuno di noi crede, dalla propria storia, dalla propria identità. Per dialogare c’è bisogno di essere coscienti e di approfondire ciò che si è.

E allora si scopre che l’altro è una ricchezza. È anche un avversario politico ci mancherebbe altro, ma declinando diversamente la propria identità, il proprio modo di rispondere concretamente si viene giudicati e la politica viene giudicata su questo. E ci confronterà e ci si arricchirà e si verrà rimessi in discussione perché la democrazia si fonda solo sul principio che l’altro è una ricchezza, altrimenti non può esistere democrazia.

Per l’autore è sempre attuale la frase di uno dei primi premi Nobel della medicina, che spesso don Giussani citava. Alexis Carrel diceva che molto ragionamento e poca osservazione conducono all’errore, molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità. Bisogna essere realisti se si vuole bene alla propria vita, al proprio compito e a quella degli altri, anteponendo il bene comune al bene particolare, quando si fa politica.

La condivisione in politica è per il bene comune. Alla presentazione a Torino del libro di Maurizio Lupi al Centro Incontri della Regione c’era anche il sindaco Fassino e il direttore de La Stampa, Calabresi:

“La politica - ha riferito Lupi - vuole riconquistare la fiducia dei cittadini può fare solo una cosa, testimoniare con molta concretezza la sua importanza e cioè mettersi al servizio del bene comune, ricostruire insieme alla società il bene comune” .

La serata è stata organizzata da Nuova Generazione, l’ associazione fortemente voluta dagli esponenti del Pdl Giampiero Leo consigliere regionale e Silvio Magliano, vicepresidente della sala rossa.

La partecipazione del sindaco Fassino non è stata soltanto cortesia istituzionale secondo gli organizzatori, ma la consapevolezza che la politica per ricostruire deve puntare sulla condivisione, su ciò che unisce e non su ciò che ci divide.

“Quando io sono stato eletto sindaco - ha detto Fassino - ho detto nel mio primo discorso che avrei ispirato la mia azione di governo della città al principio della condivisione cioè alla ricerca della più larga convergenza di pareri e di consensi intorno alle soluzioni buone per la città e per il futuro di Torino”

“Nuova Generazione - ha aggiunto il presidente Silvio Magliano -  è una associazione culturale e politica che ha il compito di rimettere al centro il protagonismo dei cittadini verso la cosa pubblica. Noi pensiamo che sia più forte ciò che ci unisce di ciò che ci divide. E quindi ripartire dalla politica vera, la politica seria pensiamo sia necessario”

 

 

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Articolo pubblicato il 20/01/2012