L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Elio Ambrogio: Contro il male oscuro di una civiltà

In ricordo di Valentino Bellucci

Il 16 dicembre scorso a Montemarciano, in provincia di Ancona, è morto Valentino Bellucci all’età di quarantasei anni per “improvviso malore”.

La notizia mi giunge mentre sto leggendo il suo ultimo libro Idee per un nuovo Rinascimento (Ed. Byoblu) e mi lascia profondamente rattristato.

Il nome, probabilmente, non dirà molto a molte persone, e la sua scomparsa finirà in cronaca e su qualche mezzo di comunicazione marginale, atipico, disallineato dalla grande informazione mainstream. Ma chi ha conosciuto le sue idee, i suoi libri, le sue conferenze non potrà non provare un grande senso di vuoto, perché con Bellucci scompare una figura originalissima e appassionata del pensiero contemporaneo, una figura non inquadrabile in una scuola o in un filone etichettabili e facilmente inseribili in uno scaffale definito di una qualche biblioteca.

Docente presso le università di Urbino e Macerata e poi nelle scuole superiori, Bellucci ha proposto una visione del mondo olistica, sincretista, cosmopolita e affrancata dalle barriere del tempo, attingendo a quella philosophia perennis che parte da concezioni ancestrali dell’uomo e del mondo per arrivare sino alle più estreme e rivoluzionarie visioni della scienza contemporanea.

Bellucci non era un accademico nel senso ordinario del termine, anche se ha operato in ambito universitario, ma piuttosto un grande e appassionato divulgatore, uno spirito assolutamente libero dai limiti, dai conformismi e dagli opportunismi di quel mondo degli atenei che, soprattutto negli ultimi tempi, ha sentito potentemente il richiamo della grande comunicazione di massa e delle prebende offerte dai poteri economici.

Le radici del pensiero di Bellucci affondano in quella filosofia religiosa senza tempo e senza limiti che è stata -ed è ancora- l’induismo nella sua versione vedica e, in particolare, in quella raccolta in un’opera immensa come la Baghavad-Gita.

In quest’opera Bellucci vede, e propone a noi, il superamento della contemporaneità filosofica, ma anche storica, sociale, economica, tutta calata nel regno della quantità e della contingenza, una contemporaneità completamente immemore della dimensione verticale dell’esistenza, che pure un tempo fu il fondamento della mente e dello spirito dell’uomo.

A questa visione d’Oriente Bellucci aggiunge però quella della grande sapienza tradizionale dell’Occidente che va dal platonismo alla gnosi cristiana, dalla saggezza stoica a quella rinascimentale, da Plotino a Giordano Bruno fino a Leibniz , Goethe, Guénon e fino alla fisica contemporanea e rivoluzionaria di Penrose, Charon, Tipler in una ricerca perenne di ciò che unisce le tradizioni intellettuali del passato e del presente, l’acqua comune ai tanti fiumi del sapere.

Per usare un’espressione un po’ abusata ma ancora efficace, Bellucci si immerge totalmente in un “nuovo paradigma” in grado di connettere passato e presente della conoscenza, secondo un moderno esoterismo che però, a differenza di quello antico, oggi può essere accessibile a tutti gli uomini di retta conoscenza e di buona volontà intellettuale grazie alla potenza della comunicazione attuale non più affidata ai torchi da stampa.

Qualcuno può vedere in tutto questo un sincretismo un po’ dilettantistico, ma non è così: Bellucci, ripetiamo, non ha nulla della pedanteria accademica di molti studiosi, della loro minuziosa e talvolta sterile filologia del sapere. Bellucci era un entusiasta dalle grandi capacità comunicative, e questo spiega il seguito che ha avuto fra giovani e meno giovani che ne percepivano la freschezza intellettuale e sapienziale e spiega anche, ovviamente, l’indifferenza e la freddezza della cultura ufficiale nei suoi confronti.

Bellucci non è stato solo un intellettuale perso nel sovramondo di una visione metafisica e atemporale del cosmo e dell’uomo, vedicamente radicato in principi fuori da ogni comune esperienza. Bellucci ha parlato con forza anche all’uomo di oggi, alla sua mente troppo spesso offuscata da una cultura dogmatica, autoritaria, irrazionale e  -soprattutto- schiava dei paradigmi trasmessi da un passato materialista e privo di luce spirituale.

Bellucci si scontra con i grandi idola fori della contemporaneità: il materialismo, l’economicismo, lo scientismo, il consumismo. E con i grandi idola theatri: la propaganda, la pubblicità, la politica, la comunicazione.

In particolare, Bellucci ha combattuto un capitalismo (non il capitale) che oggi rappresenta il nadir, il punto più basso, del Kali-Yuga, cioè del declino intellettuale, etico, civile del mondo, non solo occidentale. La reificazione e la mercificazione dell’essere umano non possono che suscitare ripugnanza in chi conserva ancora in sé un barlume di spiritualità o, in subordine, di umanità come intese nel passato. Soprattutto oggi che quel certo capitalismo si sta rivestendo sempre più di autoritarismo e totalitarismo.

Ma Bellucci ha polemizzato a fondo anche contro un’altra degenerazione della modernità: lo scientismo, inteso come sottoprodotto tossico della scienza. La tradizione materialistica e positivistica che, dal XVIII e dal XIX secolo, informa ancora ampiamente la scienza moderna è, per Bellucci, il più grande ostacolo alla comprensione del cosmo e dell’uomo. Una tradizione che per tre secoli ha impedito una visione completa, penetrante, dell’universo ed ha rinchiuso l’umanità in una grigia tristezza conoscitiva ma anche esistenziale. Una nuova scienza che sappia integrare spirito e materia, quantità e qualità, misurazione e visione, sta emergendo con fatica ma gli ostacoli sono ancora molti.

Gli ultimissimi tempi, di cui Bellucci si è anche polemicamente occupato, con la loro narrazione e propaganda pandemica, con l’autoritarismo vaccinale, con il collasso dello scientismo medico incapace di verità, con la prevaricazione degli interessi economici di Big Pharma sulla società civile, con il degrado della democrazia ben rappresentano questi nemici dell’umanità e l’oscurità di un tempo senza dimensione verticale e senza orizzonte.

Ecco, il nuovo Rinascimento che Bellucci auspica si basa proprio sul superamento di queste mura carcerarie della società, di questi paradigmi ossessivi della conoscenza, di queste storture dello spirito e della storia contemporanea che fanno della nostra vita una caricatura di ciò che dovrebbe essere. Un appello forte alla ragione umana -a quella di sempre, lucida leggera e luminosa- e al cuore che la alimenta, la spinge e la guida.

Grazie Valentino, per quello che ci hai dato anche oltre la tua breve vita.

 

Elio Ambrogio - Firma di Civico20news

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Articolo pubblicato il 19/12/2021