Sotto tre bandiere

La parabola militare e marinaresca di Nicolò Pasqualigo (di Alessandro Mella)

Questa è la storia d’un uomo che, pur avendo lasciato la sua profonda impronta nella Storia, non ha però trasmesso ai posteri un’immagine del suo volto. Una figura epica che servì tre marine, tre bandiere, tre nazioni: l’ormai decadente Repubblica di Venezia, il Regno d’Italia di Napoleone ed infine l’Impero d’Austria.

Egli nacque a Venezia il 26 luglio del 1770, nella nobile famiglia dei Pasqualigo, figlio di Francesco e di Taddea Bembo. (1)

Arruolatosi in marina giovanissimo, dopo la prematura perdita del padre, egli fu preso sotto la protezione dell’ammiraglio veneziano Angelo Emo. (2)

Caduta Venezia egli, trovandosi in Zara, passò una prima volta al servizio dell’Austria dal cui imperatore fu nominato Capitano di Fregata e nel 1805 direttore dell’Arsenale di Venezia. (3)

Poco dopo, con la proclamazione del Regno d’Italia di Napoleone, egli passò al servizio della Marina Italiana combattendo al comando fregata Corona, munita di 44 cannoni, e facendosi valere soprattutto nella Battaglia di Lissa del 1811. (4)

Con un convoglio, infatti, era partito da Ancona diretto verso la Dalmazia ma successivamente il naviglio francoitaliano venne sorpreso dalle navi inglesi in pattugliamento ed in “caccia” nell’Adriatico.

La battaglia fu lunga e feroce ed il Pasqualigo tentò con tutte le sue forze di concorrere validamente allo scontro resistendo disperatamente per ore anche dopo la morte del comandante della spedizione, l’ammiraglio Dubordieu.

Alla fine, spossato e con la nave ormai danneggiata irrimediabilmente, dopo aver speso tutte le possibilità, fu costretto alla resa. Condotto di fronte al comandante inglese Hoste, come costumanza, gli offrì la sua sciabola ma questi rifiutò di riceverla e cavallerescamente gli rispose “Ben degno di serbar quella spada è chi ha saputo sì bene adoperarla”. Da lì a poco fu trasferito, prigioniero cui ogni riguardo ed attenzione furono assicurati, a Malta per essere custodito.

L’eco del suo eroismo giunse a Milano ed allora il vicerè d’Italia Eugenio si impegnò con la moglie del prode ufficiale per condurre personalmente in porto le trattative per la sua liberazione attraverso uno scambio di prigionieri.

Al suo rientro a Venezia la notizia fu poi data a Parigi all’imperatore Napoleone che certamente l’attendeva. (5)

Ebbe, quindi, la promozione a capitano di vascello oltre alle insegne di Cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro.

Da lì a poco vennero le sciagure di Russia e di Lipsia e poi l’invasione dell’Impero Francese da parte delle forze della coalizione e con la caduta del grande còrso Venezia tornò nuovamente sotto le aquile asburgiche e così il nostro Pasqualigo.

Nel 1815, quindi, nell’ambito della marina imperiale austriaca egli assunse il comando di due fregate aventi il compito di pattugliare il Mediterraneo per intercettare e neutralizzare le navi corsare che disturbavano i traffici marittimi dell’Austria. Incarico che mantenne fino al 1817.

In quell’anno egli ricevette l’incarico di accompagnare, via mare, l’ambasciatore conte di Eltz a Rio di Janeiro in occasione del matrimonio tra l’arciduchessa Leopoldina, figlia dell’imperatore d’Austria, ed il principe ereditario Pietro del Portogallo e del Brasile:

 

Regno Lombardo Veneto, Venezia 29 agosto. Notizie sicure ci annunziano il felice arrivo a Genova, delle due II. RR. fregate austriache, l’Austria e l’Augusta, di ritorno da Rio de Janeiro (…). Tutto l’equipaggio gode ottima salute, ed il sig. comandante Pasqualigo fu decorato dalla corte del Brasile dell’Ordine del Cristo col grado di commendatore; il sig. comandate A. Curti coll’Ordine di Davide, col grado pure di commendatore, e gli ufficiali tutti delle due fregate furono insigniti dell’Ordine del Cristo col grado di cavalieri. (6)

A Vienna, invece, fu nominato cavaliere di terza classe del rifondato ordine della Corona Ferrea d’Austria.

Dopo il viaggio, nel 1818, fu investito del titolo di ciambellano dell’Impero e nell’anno successivo accompagnò l’imperatore nel suo viaggio in Italia in particolare a Roma e Napoli.

Ancora piuttosto giovane e nel pieno degli anni egli morì nel gennaio del 1821 alla vigilia dell’assumere il comando di una spedizione navale destinata a dar soccorso ai Borbone al tempo dei moti del 1820 e 1821.

Secondo alcune fonti egli si spense il 13 e secondo altre la notte tra il 18 ed il 19 a causa presumibilmente di un attacco cardiaco seguito ad un lungo periodo nel quale aveva anteposto, fino all’eccesso, il dovere alla tutela della sua salute.

Il funerale militare si tenne il successivo giorno 21 ed i suoi resti mortali furono collocati presso la basilica marciana a San Michele di Murano.

 

Nell’aprile del 1870, riunita Venezia all’Italia, gli venne dedicato il Ponte Pasqualigo, sul Rio Santa Fosca, ove era stata posta una targa che recitava:

 

«Il 17 ottobre del 1810 partì da Ancona alla volta di Lissa una squadra franco-italiana. Il 22 la squadra entrò nel porto di Lissa e sbarcò le sue truppe. La squadra franco italiana alla notizia che le navi inglesi si avvicinavano, levò l'ancora e fece vela per Ancona, da qui l’11 marzo del 1811 partì una nuova e più forte spedizione in cui era la fregata Corona al comando del capitano NICCOLÒ PASQUALIGO.

Fra tutte si distinse la Corona, che resistette al fuoco nemico per parecchie ore, infine, essendo stato il PASQUALIGO ferito, ridotta la ciurma a un pugno di uomini ed essendosi sviluppato un incendio, fu costretta ad arrendersi. Questa battaglia navale costò egli Inglesi un centinaio di morti, duecento feriti gravi e molti leggeri, tra cui lo stesso ammiraglio, il Pasqualigo, ferito anche lui, ricevette lodi per il suo contegno dall'Hoste, che gli lasciò in dono la spada»

 

Il Pasqualigo, due volte cavaliere della Corona di Ferro sotto due gran maestri assi diversi, commendatore del Cristo, a servizio di tre bandiere ed ufficiale di provato coraggio e notorio valore fu uno di quei personaggi della storia che volle dedicare la propria vita esclusivamente al servizio come militare ed ufficiale di marina affrontando gli stravolgimenti politici ed i mutamenti di potere senza disperazione.

All’indomani del crollo del Regno Italico bonapartista e del ritorno della Lombardia e del Veneto all’Austria non furono pochi gli “italici” che si ribellarono ed andarono a rinfoltire le organizzazioni segrete più o meno liberali e più o meno ribelli dalle quali, occorre aggiungere, poi fiorì il nostro Risorgimento. (7)

Altri, invece, si adattarono al cambio di “imperatore” andando a servire il nemico di poco prima.

Oggi nessuno di noi può permettersi giudizi. Se i primi affascinano, i secondi portano a porsi molti interrogativi cui è difficile, forse impossibile, dare risposta. Certamente furono scevri da ogni interesse politico e si confermarono unicamente soldati. Solo, autentici, soldati. Il Pasqualigo, leggendario ufficiale di marina dal coraggio indomabile, fu uno di loro.

Alessandro Mella

NOTE

1) Notizie sulla famiglia Pasqualigo sono reperibili nelle edizioni XXXI e XXXIII dell’Annuario della Nobiltà Italiana diretto da Andrea Borella.

2) Il Cimitero di Venezia – Necrologie, Fabio Mutinelli, Venezia, 1828, p. 4.

3) Personaggi illustri della veneta patria gente Pasqualigo, Venezia, 1822, p. 53.

4) Memorie degli avvenimenti successi in Dalmazia dopo la caduta della Repubblica Veneta, Giò Cattalinich, Spalato, 1841, p. 141.

5) La Marina Italiana di Napoleone (1796-1814), Virgilio Ilari e Piero Crociani.

6) Gazzetta di Milano, 252, 1° settembre 1818, pp. 1175-1176.

7) Il tema è stato ampliamente esaminato da questo autore nel volume “Viva l’Imperatore Viva l’Italia – Le origini del Risorgimento – Il sentimento italiano nel Ventennio Napoleonico”, edizioni Bastogi, Roma, 2016.

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Articolo pubblicato il 04/10/2021