Domenikon 1943. Quando ad ammazzare sono gli italiani

Indagini e reportage occultati negli anni, sino all’emersione della verità. I giovani debbono sapere

Ci sono vicende vergognose e rivoltanti nella storia del nostro Pese e non solo che la retorica ed il buonismo ha cercato di occultare per molti anni. Al mondo doveva continuare a circolare la leggenda che gli italiani fossero buoni, magari un po’ scemi, in quanto si sono fatti fregare in ogni circostanza. In effetti, salvo lodevoli eccezioni, in modo particolare nelle guerre coloniali, nelle due guerre mondiali e nelle pagine della guerra di liberazione, sono state scritte pagine agghiaccianti nella quale emerge il cinismo e la crudeltà dei soldati italiani. Italiani assassini spietati!

 

Ci riferiamo in modo particolare alla  strage di Domenikon, mirabilmente descritta da Vincenzo Sinapi in un testo uscito da poco.

 

Nel villaggio di Domenikon in Grecia, ci fu l’uccisione di circa 150 civili greci, effettuata dal Regio esercito italiano durante l'occupazione della Grecia nel corso della Seconda guerra mondiale. Essa fu giustificata dai militari come reazione e rappresaglia ad un'azione partigiana avvenuta nelle zone circostanti il villaggio. Nelle vicinanze di Domenikon, un piccolo villaggio della Grecia centrale situato in Tessaglia, il 16 febbraio del 1943 un attacco partigiano contro un convoglio italiano provocò la morte di nove militi italiani delle Camicie nere. 43 greci, fra attaccanti e supposti fiancheggiatori, furono uccisi a seguito dell'azione.

 

Come ulteriore reazione il generale della 24ª Divisione fanteria "Pinerolo" Cesare Benelli, un autentico assassino, ordinò la repressione dei civili del villaggio: centinaia di soldati circondarono il borgo, lo distrussero e rastrellarono la popolazione, catturando tutti gli uomini di età compresa tra 14 e 80 anni. Essi furono caricati su furgoni militari per essere trasportati a Larissa, probabilmente in vista di un loro internamento. Sulla via però la colonna italiana fu raggiunta dall'ordine del comandante della Divisione Pinerolo di fucilarli sul posto.

 

Nel cuore della notte, nei pressi del villaggio di Damasi si procedette alla fucilazione  di 97 uomini. Furono risparmiati solo il capovillaggio (insediato dagli stessi italiani nei primi mesi dell'occupazione), un suo fratello e un suo cugino, collaboratori degli italiani, che avevano promesso di segnalare i nominativi dei dirigenti delle bande ribelli.

 

Questo episodio non fu isolato: la storica Lidia Santarelli indica che esso fu il primo di una serie di violente azioni repressive attuate nella primavera-estate 1943. Dopo Domenikon seguirono altri eccidi in Tessaglia e nel resto Grecia: 30 giorni dopo 60 civili fucilati a Tsaritsani e successivamente a DomokosFarsala e Oxinià.

 

La lotta ai ribelli secondo una circolare del generale Carlo Geloso, comandante delle forze italiane di occupazione, fu basata sul principio della responsabilità collettiva, secondo cui "per annientare il movimento partigiano andavano annientate le comunità locali”.  Addirittura, secondo quanto riportato, i tedeschi furono costretti ad intervenire in più occasioni per limitare la sete di sangue dei soldati italiani assassini.

 

Ovviamente i governi democratici del dopoguerra non iniziarono nessun procedimento a carico dei generali italiani, efferati delinquenti  e assassini.

Quella descritta, fu una delle peggiori stragi compiute dai militari italiani nei Balcani.

 

Per i morti di Domenikon nessuno ha mai pagato. È un caso di giustizia negata che, come spiega Vincenzo Sinapi anche attraverso documenti inediti, è legato a quello dell'impunità assicurata ai criminali di guerra nazisti responsabili delle stragi commesse in Italia... Una storia che aiuta ad aprire gli occhi su una pagina buia, e ancora poco esplorata, della storia del nostro Paese.

 

L’evento, descritto in diverse pubblicazioni greche del dopoguerra, è tornato di attualità a seguito della ricostruzione effettuata nel documentario televisivo di Giovanni Donfrancesco La guerra sporca di Mussolini, andato in onda per la prima volta il 14 marzo 2008 su History Channel.

 

Stathis Psomiadis, insegnante e figlio di una vittima, intervistato nel documentario, è stato uno dei promotori della ricostruzione dell'eccidio raccogliendo documenti e testimonianze di testimoni e superstiti.

 

In Italia il programma non è andato mai in onda sulla RAI, dichiaratasi "disinteressata al progetto", mentre è stato trasmesso il 3 gennaio 2010 su Rete 4.

Il 16 febbraio 2009, durante la cerimonia di commemorazione, l'ambasciatore italiano in Atene Gianpaolo Scarante ha chiesto scusa da parte dell'Italia ai familiari delle vittime e alla Grecia.

 

Nel 2019 vi è stata stabilita l'archiviazione da parte del GIP militare Elisabetta Tizzani, dopo una lunga indagine da parte del procuratore militare di Roma, Marco De Paolis: per 9 indagati su 11 in quanto deceduti, compreso il generale Angelo Rossi, comandante del III Corpo d'armata, e per i due ex capomanipolo, Penta e Morbiducci, a causa della loro mancata localizzazione.

 

L’Italia ha insabbiato ogni ricerca e riferimento per oltre sessant’anni. Così tra deceduti e non reperiti, tutto finì tra tarallucci e vino.

 

Queste vicende storiche dovrebbero essere portate a conoscenza dei giovani ed inserite nei programmi scolastici. Al bando da ogni retorica, se un Paese vuole far luce sugli errori del passato, senza infingimenti, crea le premesse per evitare di incorrere nuovamente nei misfatti.

 

Domenikon 1943. Quando ad ammazzare sono gli italiani

Autore: Vincenzo Sinapi

Prefazione di Filippo Focardi e Lutz Klinkhammer
Editore: Ugo Mursia Editore.

Pagine: 250, Brossura
Prezzo di copertina: €18

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Articolo pubblicato il 15/08/2021