La malattia tubercolare oggi in Piemonte

Scoperta di un caso di tubercolosi all’interno di un nosocomio romano

Notevole clamore ha suscitato nei giorni scorsi, in tutti i mass-media, la scoperta di un caso di tubercolosi all’interno di un nosocomio romano.

Un clima da caccia alle streghe, corredato da grida isteriche che ricordavano il “dagli all’untore” di manzoniana memoria, è stato creato da giornali e televisioni intorno all’infermiera italiana portatrice dell’affezione.

Qualcuno ha addirittura fatto l’ipotesi di risarcimenti milionari. Come se quello di Roma fosse l’unico caso di tubercolosi rilevato nel nostro paese.

Purtroppo la realtà è ben diversa e l’insistenza esercitata sulla nostra connazionale tendeva, negli argini del pensiero politicamente corretto, oggi imperante, a nascondere od almeno minimizzare tale realtà.

L’intento era, ed è, duplice: nascondere alla popolazione italiana il dato che la malattia tubercolare, dopo decenni in cui nel nostro paese era quasi scomparsa, si stia diffondendo, anno dopo anno, in modo preoccupante ed evitare di far percepire che tale diffusione è legata a filo doppio ai flussi migratori.

Per raggiungere questo obiettivo, anime pie e veramente buone hanno diffuso sui mass-media messaggi come quello che i migranti, partiti in buona salute dai loro paesi, si ammalavano non appena toccavano il nostro suolo. O come quello che “fino al 2008 i casi di TBC registrati in Piemonte hanno riguardato maggiormente gli italiani, con un leggero incremento degli stranieri solo negli ultimi due anni”.

Affermazione che sorvola sul fatto che gli stranieri sono per ora una piccola minoranza e che i nostri connazionali, sottoponendosi agli accertamenti ed in seguito alle cure, possono essere censiti. Molti migranti invece, e tra loro i clandestini di cui nessuno può in Italia conoscere il numero ( le stime della Caritas devono essere suggerite dallo Spirito Santo) , ignorano la loro condizione.

Altri, pur consci del loro stato di malattia, evadono controlli e cure, non possono essere registrati e risultano pertanto molto meno numerosi della realtà.

Un altro messaggio illusorio è quello che “il tasso di incidenza della malattia all’interno della popolazione straniera risulta elevato, (…) ma presenta negli ultimi dieci anni un trend in diminuzione”. Cosa impossibile, se consideriamo il grande numero di migranti affluito nel nostro paese in questi ultimi dieci anni, in assenza di ogni atto di prevenzione e di controllo sanitario.

Misure peraltro che vengono etichettate come violazioni della dignità umana, e talora anche come razzismo, da quella miriade di onlus, confessionali e laiche, che lucrano sul problema dell’immigrazione.

Qualcuno tra le fila della sinistra ci ricorda che anche gli italiani in passato erano emigranti. Ma finge di non ricordare gli accurati controlli cui erano sottoposti i connazionali che giungevano in America, nel corso della quarantena sull’isola di Staten Island.

Nella nostra nazione e quindi anche in Piemonte, fino al 2009, l’incidenza della tubercolosi era di circa 10 casi per 100.000 abitanti: nel 2009, secondo le valutazioni emerse negli “Stati generali a Roma.

STOP TB” del 23/8/2011, l’incidenza delle forme respiratorie della malattia, quelle più contagiose e quindi passibili di trasmettere l’infezione con il fiato e con il respiro, è stata di 7 casi ogni 100.000 abitanti corrispondenti a 4200 casi di malattia .

Di fronte a questo dato appare fuorviante ed illusoria la cifra delle infezioni latenti che interessa nel nostro paese ben 7.200.000 persone. Perché non è da escludere l’evenienza che ogni lesione TBC latente, intestinale, osteoarticolare ecc., può, in caso di decadimento organico, trasformarsi in forma attiva ed infettiva.

Desta inoltre particolare allarme per la nostra Torino, la stima, sempre fornita dagli Stati generali STOP TB di Roma, che nelle città metropolitane l’incidenza della malattia tubercolare è fino a quattro volte maggiore rispetto alla media nazionale.

Ed è una stima che, dopo l’ondata migratoria approdata a Lampedusa e dintorni e disseminata in tutti i paesi italiani nelle case religiose abbandonate e negli istituti dismessi, potrebbe anche essere raddoppiata. L’incremento della malattia tubercolare registrato in questi ultimi anni in Italia è correlato all’afflusso di persone che ci giungono da paesi ad alta endemia dell’est europeo, quali Romania, Bulgaria, Moldavia, Azerbargjan.

Verso alcuni dei quali, poiché si tratta di paesi comunitari (è uno dei tanti regali dell’Europa prodiana) non è lecito intervenire.

A questo flusso migratorio, difficile da arrestare, va aggiunta, nel corso di quest’ultimo anno, la drammatica ondata di migranti che ha raggiunto le coste italiane, proveniente dall’Africa subsahariana, dove la tubercolosi è ancora più diffusa .

Anche se in questo caso non si trattava di cittadini comunitari, nessun controllo è stato effettuato, perché le onlus cattoliche e laiche che si occupano di loro, per timore di perdere le prebende legate a questo tipo di assistenza, hanno preteso ed ottenuto che TUTTI gli sbarcati fossero dichiarati rifugiati politici.

Parleremo in seguito del problema della prevenzione. Per ora voglio terminare con una domanda. Quante della badanti che noi introduciamo nelle nostre abitazioni e che mettiamo a stretto contatto con i nostri bambini e con i nostri anziani, hanno effettuato, prima dell’assunzione, almeno un esame del sangue ed una radiografia dei polmoni?

Prof. Gian Carlo Pavetto. Torino

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 31/10/2011