Cavalieri Dal Buio Alla Luce

Di Francesco Cordero di Pamparato (Ventunesima e Ultima Puntata)

21 – L’ultimo livello

 

Pochi hanno visto i senza nome della foresta. Molti di più sono quelli che negano la loro esistenza. Eppure, esistono. Loro sfuggono alla vista della gente. A loro non sfugge nulla. Nulla di quello che accade intorno a loro li stupisce. Troppe sono le cose che hanno visto. Eppure, quel giorno anche loro rimasero stupiti. Era il tramonto. Quel giorno correva il solstizio d’inverno. Una tempesta di neve si stava abbattendo su quella landa. Le raffiche di vento passavano tra gli alberi spogli. Persino i lupi erano spariti. Perché quell’uomo si avventurava solo, senza scorta, in mezzo alla foresta a quell’ora?

Per loro non era stato difficile riconoscere che quel mantello da pellegrino ricopriva il Duca di Bretagna. Il grande uomo dirigeva lentamente il suo cavallo verso una meta ben de-finita. Anche i senza nome sapevano dove si sarebbe recato. Tuttavia, se ne chiedevano il perché.

Non si erano ancora ripresi dallo stupore, quando notarono, in lontananza, un altro uomo a cavallo. I due sembravano non essersi visti, ma non era difficile capire che si sarebbero incontrati e dove.

La presenza di Osman non li aveva stupiti. Quell’uomo veniva da un paese lontano. Aveva usanze strane. Nel suo caso si poteva accettare che si avventurasse nella foresta in quella notte magica in cui poteva succedere di tutto. Ma per il Duca era diverso. Perché andava ad incontrarlo là, quando avrebbe potuto farlo benissimo al caldo nel suo grande castello?

Non lo avevano capito. Non avrebbero comunque potuto. Era stato proprio il Duca a decidere di recarsi quella notte alla valle dei Dolmen. Osman aveva intuito sia la destinazione che il motivo di quella partenza. Non aveva esitato a uscire dal castello per raggiungerlo. Aveva preso la scorciatoia: voleva arrivare alla radura prima del suo signore.

Questi stava avanzando, incurante del freddo e della tempesta. Mentre procedeva, pensava a cosa era stata la sua vita. Aveva combattuto molto. Aveva ereditato il grande feudo. Era stato un uomo felice sino a quando la peste non gli aveva portato via la moglie e l’unico figlio. Poi, per fortuna, era arrivato Malot. Il giovane era un uomo giusto e di buoni costumi. Per questo lo aveva adottato. Finalmente l’Imperatore lo aveva riconosciuto come suo erede. Dalla cima di una collina guardò le sue terre. Ora erano in pace. Non c’erano odii insanabili tra contadini e cavalieri. Era anche merito suo. Si era dato molto da fare per portare i suoi cavalieri avanti sulla via della conoscenza. Non era presuntuoso, ma sentiva di aver vissuto e agito in armonia con l’ordine dell’universo.

Adesso era giunta la sua ora. Era questo il motivo che lo portava nella valle dei Dolmen. Non aveva detto niente a nessuno. Tuttavia, era certo che lo avrebbero raggiunto. Fermò il cavallo all’esterno della cerchia delle grandi costruzioni e proseguì a piedi. Ormai si era fatto buio.

 All’interno, la neve aveva smesso di cadere. Proprio al centro, poté notare la figura di un uomo robusto. Era di spalle. seduto. Si stava riscaldando con un fuoco di legna.

“Osman, sei tu?”.

“Sì o mio signore, vi stavo aspettando, anche se la ragione di questo incontro mi rattrista. Presto giungeranno anche gli altri”.

“Li hai visti? Avete parlato?”.

“No sire, ma lo sento, come del resto, lo sentite anche voi. Certo, io non sono bravo a esprimere i miei sentimenti, ma devo dirvi che sono molto addolorato per quanto sta per succedere”.

“Osman, amico mio fedele, dobbiamo adeguarci a quanto stabilito dall’Ordine generale, questo tu lo sai quanto me. Tuttavia, capisco i tuoi sentimenti e ti ringrazio. Mi sei stato vicino per tanti anni. Mi hai servito fedelmente.

“Entrambi abbiamo servito la stessa causa, sire”.

Nel frattempo, anche Malot si stava avvicinando al galoppo alla valle dei Dolmen. Con lui era Jacob. Il giovane era rimasto stupito della scomparsa del Duca. Lo aveva cercato per tutto il castello. Un ufficiale di guardia gli aveva detto che il feudatario aveva assistito alla messa nella sua cappella privata. Quindi aveva indossato la sua armatura. Sopra si era messo un mantello da pellegrino. In fine era uscito dal castello senza scorta.

A quel punto aveva capito. Aveva cercato Osman. Anche lui era uscito dal castello. Era rimasto Jacob. Il forte cavaliere aveva subito accettato di accompagnarlo. Anche loro lasciarono i cavalli fuori della cerchia delle grandi vestigia. Proseguirono a piedi. Videro Osman e il Duca seduti vicino al fuoco. Di fianco a loro, c’erano due figure in saio nero: Marcus e Remide.

Malot si precipitò verso il suo signore e padre adottivo: “Sire, padre, ci avete messi in allarme tutti. Ma è forse vero quello che penso e temo?”.

“Sì figliolo. Il mio destino si è compiuto. È giunto il momento che la mia anima lasci questo corpo mortale. Sto per accomiatarmi da voi. Non dobbiamo essere così tristi. È una volontà più grande della nostra che ha deciso così”.

“Ma perché muori sire, e di che cosa? Non hai riportato ferite. Non hai malattie. Perché ci lasci?” domandò Malot.

Fu Remide a rispondere: “Esistono al mondo uomini eletti cui viene affidata qualche grande missione. la loro vita è, in un certo senso consacrata al raggiungimento dell’obbiettivo che è stato loro posto. Quando lo raggiungono la loro vita finisce. Si esaurisce come una fiaccola, che quando ha dato tutta la luce che doveva dare, si spegne. Non c’è bisogno di una causa esterna. È il conseguimento stesso del compito che pone fine alla loro vita. Così sta succedendo per il Duca nostro signore. È stato una guida per tutti noi. Ora sta per lasciarci. Saremo noi a raccogliere la sua eredità morale. Voglia Dio che ne siamo degni”.

Il Duca lo guardò stupito: “Remide, ma tu sei ad un livello di conoscenza superiore al mio. Gli altri non mi sono certo da meno”.

“Si sire, ma voi avere messo il vostro potere al servizio della Conoscenza. Solo pochi eletti sono in gradi di farlo. Senza il vostro appoggio, noi non saremmo potuti approdare a nulla. Siete stato come la colonna portante del tempio, senza la quale, l’edificio non può svolgere la sua altissima missione. Siete stato il nostro punto di riferimento. La luce che ci ha illuminato il cammino sulla strada della conoscenza.

Il grande signore si rivolse a Malot: “Figlio, ora tocca a te continuate sulla strada che io ho percorso. Non temere che il compito sia troppo arduo. Se ti ho scelto come erede, è perché so che ne sei degno. Tu hai già fatto molta strada sulla via della Conoscenza. Per di più sarai aiutato da questi uomini. Anche loro sono giusti e di buoni costumi”.

“Padre, se questo deve succedere sia. La luce che hai acceso continuerà a brillare Una lapide sarà posta per ricordare ai posteri quanto di buono e di grande hai fatto. Ti prometto che sarai sepolto con tutti gli onori nella chiesa del castello”.

Il vecchio guerriero scosse la testa stanca: “Se riterrai cosa giusta porre una lapide in mio ricordo, fallo, ma io devo essere seppellito qui. Sotto questa lastra di pietra ai piedi del grande Dolmen. Per questo sono venuto qui in armatura. Voglio essere sepolto con questa corazza che mi ha servito per tanti anni”.

“Ma perché non vuoi essere sepolto insieme ai tuoi avi? Molti di loro sono stati dei grandi uomini. Valorosi in guerra, giusti in pace. Qui, solo noi verremmo a rendere omaggio alle tue ossa”.

Il Duca alzò una mano: “Malot, tu, come tutti gli altri, sai che questo è un posto particolare. È una località con caratteristiche diverse da qualsiasi altra nella regione. Però solo io e Remide sappiamo quali siano le peculiarità di questo posto. Mente per la gente comune è solo un luogo diverso, addirittura magico. Riflettiamo su come si comporta la gente quando si imbatte in località strane. Vuoi dirlo tu Jacob, che hai fatto il viandante per voto tanti anni fa? Come si comportano le persone in questi casi?”.

“Sire, il contadino prova disagio, ma non si sofferma. Non ne ha il tempo. Al massimo, nelle locande, davanti ad un boccale di vino, inventa leggende. Il viandante nota la località come punto d’orientamento e prosegue. Il mercante la vede. Non dà loro peso. Non gliene viene profitto. Il cavaliere la vede si chiede cos’è. ma non sa rispondere. Il diacono si chiede se è opera di Dio o del diavolo. Ma non sa rispondere. Il potente non si chiede cos’è. Ma risponde che è opera di Dio o del diavolo. Secondo come gli conviene. L’iniziato consulta i suoi fratelli. Insieme cercano di capire cos’è. Il mistico lo capisce e prega. Questo almeno è il mio pensiero”.

“Dici giusto. Solo gli iniziati ad alto livello possono arrivare a comprendere certe cose che, altrimenti, solo ai mistici è dato conoscere.

Esistono, fuori dal tempo e dallo spazio creature molto più evolute dei mortali. Esseri più avanti nella via della conoscenza di quanto gli uomini riusciranno mai ad arrivare. Nel corso dei secoli, secondo un disegno soprannaturale, sono comparsi talvolta sulla terra per darci una traccia. Per trasmetterci un messaggio. Per indicarci la via. Talvolta ispirando uomini eletti. Talvolta materializzandosi personalmente. Molti uomini hanno incontrato queste entità. Pochi di loro hanno capito di avere a che fare con esseri superiori. Pochissimi il perché di questo contatto con gli umani. Noi in un certo senso li conosciamo. Li chiamiamo Angeli, che significa messaggeri in greco. Le religioni antiche li hanno chiamati Dei o semidei o talvolta, esseri venuti da mondi lontani. In qualche caso sono stati perseguitati. Sempre hanno lasciato dietro di loro una traccia.

Molto sovente, come già disse Osman in questo luogo, la traccia è opera architettonica. Questo perché realizzare un’opera, che trascende il tempo in cui fu creata, fa riflettere. Inoltre, occorre un messaggio che duri nel tempo. Deve essere visto da tutti, in modo che tutti abbiano l’opportunità di intraprendere la via del sapere. Anche se pochi intraprenderanno questa via. Inoltre, un’opera architettonica è difficile da capire. Per riuscirci, bisogna appoggiarci a chi è già addentro alle vie della Conoscenza. Così la Conoscenza si estende.

Ma perché vengono trasmessi questi messaggi? Per creare lo stimolo. Per dare a chi è già sulla via della conoscenza l’indicazione della via maestra. Per rinforzare nell’esitante il desiderio di intraprenderla. Per far nascere, in chi ha le qualità per intraprenderla, il dubbio che esista un qualcosa che gli sfugge, ma che merita di essere conosciuto. Dubbio che è la base di partenza di ogni conoscenza umana. Per far capire, a chi si sente stimolato, che esiste una verità che trascende i limiti dell’apparenza. Da questo punto, inizia la ricerca della verità. Ricerca difficile e che non porta per tutti gli stessi risultati. Questi esseri soprannaturali, di tanto in tanto, ispirano persone che loro ritengono degne: i mistici, i grandi artisti e qualche iniziato ad alto livello. Però, dato che loro sono al di fuori del tempo e dello spazio, hanno bisogno o di un corpo o di un luogo faccia da tramite per il contatto. Perciò scelgono come luoghi d’incontro quelli che hanno creato come traccia. Questa valle è uno di questi luoghi. Eccovi il motivo perché voglio essere seppellito qui. Nel posto in cui fui iniziato alla Conoscenza.

Non credo che posta esserci luogo migliore”.

Ciò detto reclinò il capo e chiuse gli occhi. Tutti rimasero fermi in silenzio, commossi. Per gente abituata a vedere sovente la morte, il fatto non crea più molto sgomento. Eppure, quella era una morte così diversa. Sia per il modo in cui era avvenuta che per la grandezza dell’uomo che avevano visto spegnersi. Rimasero per un momento muti in silenzio. In segno di rispetto.

Presero con molto riguardo il corpo del defunto Duca e lo portarono dove aveva desiderato essere seppellito. la grande lastra di pietra si mosse quasi senza sforzo. Al di sotto vi era una caverna molto vasta. La illuminarono. In fondo videro un sepolcro di pietra. Sopra, era scolpita una corona ducale. Sotto la corona era inciso un nome: Jeoffrè de Bretagne. Vi deposero il corpo senza vita. Ritornarono in superficie. Malot era molto triste. Si rivolse ad Osman: “Osman, caro amico, mi sento come se mi fosse di colpo venuta a mancare una parte di me. Sento un grande vuoto dentro. A te è mai successo?”.

L’arabo abbassò per un momento gli occhi: “Si Malot. Quando lasciai la mia terra per venire in Francia. Persi tutti i legami e gli affetti della mia vita. Per nostalgia ho voluto continuare a farmi chiamare col mio vecchio nome invece che con quello con cui sono stato battezzato: Henrì. Dal cavaliere cui tolsi la vita e mi diede la luce. A me successe di perdere in affetti e acquistare in conoscenza. A te sta succedendo la stessa cosa. Tu hai perso un padre, ma hai acquistato il terzo livello di conoscenza. Non lo hai ancora potuto capire, ma è così. Il Duca ha svelato a te e a Jacob il segreto dei Dolmen. Ora voi potete vedere la verità dall’angolo migliore. Ascoltatemi bene tutti e due. Il primo livello fu quando vi cimentaste con la prova dello Gnosis. Malot la superò. Jacob no: non comprese il messaggio di quella prova. Per questo lo sconfissi al torneo. Si riscattò facendo il viandante. In quel periodo superò prove difficili. Nel frattempo, Malot si cimentò col labirinto. Superò la prova solo in parte, ma ne comprese il messaggio.

Il secondo livello lo raggiungeste qui. Quando comunicai a ciascuno il suo ruolo. Ora, in punto di morte, il Duca ha fatto cadere un velo importantissimo per la conoscenza della verità. Ci ha spiegato che l’uomo può fare da sé i salti qualitativi solo sino ad un certo livello. Dopo ha bisogno di essere illuminato da esseri trascendenti. Questo può verificarsi con molti tramiti. Il Duca non vi disse, per umiltà che anche persone elette possono fungere da tramiti tra noi e il Trascendente: mistici o iniziati così come lo era lui. La sua grandezza è stata soprattutto quella di essere lo stimolo e la via per procedere verso la verità. Questa è la verità che ci lascia. Principalmente a Malot, ma anche ad ognuno di noi. Dobbiamo fare il possibile per esserne degni”.

Il cavaliere tacque. Tutti uscirono dalla cerchia dei Dolmen in silenzio. La tempesta di neve era ormai finita. In cielo le nuvole si stavano diradando. Un raggio di luce lunare illuminò il sepolcro. Di riflesso, la luce illuminò anche i cinque uomini. Tutti, specialmente Malot, avevano compreso che ora la strada sarebbe stata molto più dura. Non solo non avevano più una guida, ora toccava a loro continuarne degnamente l’opera.

Francesco Cordero di Pamparato

Fine della ventunesima e ultima puntata

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 17/01/2021