Il cittadino in balia delle menti contorte dei burocrati

Quando anche un’indicazione stradale crea panico e confusione

Caro direttore,

mi permetta qualche considerazione su un episodio personale che mi è capitato qualche settimana fa, che però potrebbe interessare ed essere condiviso da altri lettori torinesi.

Sono cuneese e, come si diceva un tempo con un po’ di simpatico razzismo regionale, decisamente impacciato al volante nelle strade torinesi. Fatto che ha avuto una prova (oggi si direbbe una “evidenza”) sulla rampa che porta al settore Partenze dell’aeroporto di Caselle.

Era mattina e stavo accompagnando mia moglie a prendere un aereo. Essendo, come detto, cuneese, e quindi con una struttura neuronale piuttosto semplificata, ho imboccato la rampa che conduceva appunto al settore partenze seguendo diligentemente la segnaletica.

Fatto sta che, giunto alla sommità della rampa, mi sono trovato dinnanzi ad una pittoresca  selva di cartelli, cartelloni e cartellini che dicevano cose probabilmente molto giuste e sensate ma indecifrabili per un automobilista di intelligenza e -soprattutto- vista medio-basse.

Probabilmente, il personaggio, o i personaggi, che hanno concepito e prodotto quella giungla di informazioni esoteriche volevano dire (me lo ha poi confermato una gentile addetta della polizia urbana di Caselle) che per accedere al parcheggio “lungo”, cioè a sosta prolungata, dove avevo necessità di andare, dovevo prima passare nel parcheggio “breve” e poi proseguire. In sostanza l’automobilista di intelligenza medio-bassa non sa più dove andare per raggiungere il suo parcheggio “lungo”.

E così, mi sono trovato dinnanzi a questo trittico di scelte possibili: 1) accedere al parcheggio breve, dove non volevo entrare in quanto avevo necessità di una sosta lunga, 2) tornare indietro, cosa impossibile perché l’inversione sulla rampa era ovviamente proibita e pericolosa e comunque resa impraticabile dalla presenza di altri automobilisti in coda dietro di me, che per di più stavano perdendo la pazienza, 3) districarmi da quella imbarazzante situazione imboccando la corsia a destra che però era riservata solo a veicoli autorizzati. Quartum non datur.

Così ho dovuto togliermi da quella situazione confusa, che stava diventando spinosa, scegliendo mio malgrado la terza ipotesi, ben conscio che era quella vietata e che probabilmente avrebbe avuto delle conseguenze sanzionatorie, visto che l’accesso alla corsia riservata era presidiata da una telecamera ben visibile.

Puntualmente, qualche giorno fa, mi è pervenuto il verbale con relativa sanzione amministrativa. Era mia ferma intenzione proporre ricorso al Giudice di Pace richiamando l’art. 3 della legge 689/1981 che recita: “Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa” e poi l’art. 4 della stessa legge che dice: “Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa”. Appare evidente che l’errore -data la illeggibile e confusa segnaletica- non era determinato da mia colpa, ed è anche plausibile uno stato di necessità dovuto alla situazione di ingombro e ostruzione della carreggiata, da parte della mia automobile, che andava in qualche modo risolta rapidamente. Probabilmente altri automobilisti che frequentano più spesso quel luogo hanno capito come funziona l’accesso, ma forse bisognerebbe tener conto anche di chi lo affronta per la prima volta.

Purtroppo, una particolare situazione personale non mi ha consentito di proporre ricorso, e così ho deciso di pagare la sanzione pur nella convinzione di non essere dalla parte del torto, sia sotto il profilo fattuale sia sotto quello giuridico. Mi auguro che altre persone invece lo  facciano sulla base delle considerazioni sopra esposte.

Detto questo, mi consenta, caro Direttore, ancora una riflessione.

Escluso ogni possibile pensiero malizioso, per cui quella strana situazione sembra volta a indurre in errore gli automobilisti più sprovveduti quasi obbligandoli a commettere una infrazione, ribadita l’incomprensibilità dell’ obbligo di accedere al parcheggio breve per chi deve effettuare una sosta prolungata, resta solo l’ipotesi che la cervellotica segnaletica sia determinata esclusivamente da una irritante e burocratica noncuranza -per non dire ostilità- verso gli utenti.

Comprendo che chi amministra un aeroporto sia abituato a trattare con i piloti d’aereo, ma forse bisognerebbe anche pensare che qualche automobilista potrebbe non sempre avere i loro riflessi, la loro vista e soprattutto la loro mente scattante.

Cordialmente.

Elio Ambrogio

 

 

Caro Professore Ambrogio,

la sua documentata e cortese lettera, mette in risalto il disagio ed il senso di inferiorità che il cittadino prova, quando entra in contatto con la pubblica amministrazione.

Conosco quel percorso viario e poiché la segnaletica e le disposizioni mal impartite all’utente, sono mutate nel tempo, ogni qual volta debbo recarmi a Caselle, consulto, con timore il sito dell’aeroporto per orientarmi.

Ma, mi consenta un’osservazione,il caso concreto da lei segnato, è solamente un esempio di come la brutalità cieca e la supponenza di coloro che sono preposti ad impartire norme ed a farle osservare, si pongono nei confronti del cittadino. Sarebbe sufficiente che i nostri orrendi burocrati si calassero nella situazione dell’utente, per formalizzare disposizioni ed indicazioni, in modo logico e corretto. Invece…

Mi rivolgo a lei che ci dona, sulle pagine di Civico20News spunti e argomenti oggetto di riflessione, invitandola a tornare in argomento, partendo da altri casi concreti, ma risalendo al principio.

Nel constare lo stato d’inferiorità del cittadino, anche per quanto concerne l’osservanza di indicazioni viarie, vorrei affidare alla riflessione dei lettori un’amara constatazione sul nostro Paese (burocrati inclusi) scritta d Roberto Gervaso, recentemente scomparso: (Italia)” …Paese di Arlecchini e di Pulcinella, di Fregoli e di Dulcamara, di “Chiacchieroni” e di “sagrestani”.

E così mi congedo e taccio, caro professore, in attesa di leggerla quanto prima.

Francesco Rossa

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 30/08/2020