Via Francigena ieri e oggi

“Omnes viae Romam perducunt”, dicevano i Romani, perché a Roma portavano tutte le loro vie, che da lì partivano. 

Vie consolari spesso pavimentate di basalto, diventate oggi statali ricoperte d’asfalto, hanno conservato il numero d’un tempo. 

Lo si legge sulle mappe stradali, le quali però non sempre ne riportano il nome: Aurelia era la numero 1; poi, c’erano Cassia,  Flaminia,  Salaria, Tiburtina, Casilina ed Appia, la numero sette. 

Tante, quanti i colli della Capitale. 

Non aveva invece un numero la Via Francigena. 

Non costruita dai Romani, era l’antico sentiero  dei pellegrini, che da  Canterbury, da Mont Saint-Michel, dal nord dell’Europa, passavano per Roma diretti in Terra Santa, una volta entrati in Italia per il valico del  Gran San Bernardo. 

Una variante era parte del Cammino di Santiago. 

Questo partiva dal Santuario di San Giacomo di Compostela e passava le Alpi al Moncenisio, che domina la Valle di Susa e vide Annibale diretto a Roma per sottomettere la città e Carlo Magno, anch’egli diretto lì, per sottomettere la Chiesa. 

La Valle di Susa ha visto eserciti e pellegrini, ma soprattutto derrate e mercanzie, tantissime, scambiate tra i mercati del centro Europa ed i porti del Mediterraneo. 

Per la importanza commerciale di questa via di transito, ai primi dell’Ottocento Napoleone fece sistemare in modo adatto la strada di valico del Moncenisio, sulle cui pendici, qualche tempo dopo, si abbarbicò una ferrovia a binario centrale tipo Fell, a cremagliera in alcuni tratti: fu opera di ingegneria costosa ed ardita, che da Susa portava oltralpe, alla Maurienne, ma ebbe vita breve. 

In esercizio dal 15 giugno1868, funzionò con alterne vicende fino al 19 settembre1871. 

Due giorni prima era stato inaugurato il traforo ferroviario del Frejus, voluto fortemente da Cavour, che di traffici, anche mercantili, molto s’intendeva, ma che era morto una decina d’anni  prima, appena fatta l’Italia, del cui Regno era stato  primo Presidente del Consiglio e primo Ministro degli esteri. 

Alla Maurienne, per la ferrovia del Frejus, si poteva dunque arrivare con minori disagi, con minore spesa e, soprattutto, molto più in fretta ed ognun sa che il viaggio, se non è di piacere – che pure impone rapidi spostamenti da un punto di interesse all’altro - deve essere il più veloce possibile per contenerne il disagio.

Quanto alle merci, poi, sono le strade e le capienze dei mezzi di trasporto, che vanno adattate ai volumi del traffico commerciale.

In questa ottica, nella Valle di Susa la trazione dei treni a vapore, come altrove, è stata elettrificata.

Quindi, è stato costruito il doppio binario.

Poi, la acclività del tracciato è stata addolcita e le curve strette sono state rimodellate per consentire ai convogli una maggior velocità.

Intanto, è stata costruita l’A.32, che pure porta alla Maurienne col traforo T.3 sotto il Frejus da Bardonecchia a Modane.

Questo vedrà presto operativa una seconda canna in corso di avanzata costruzione, mentre procede faticosamente la realizzazione, contestata dal movimento NO TAV (*), della Nuova linea ferroviaria Torino-Lione, che unirà anch’essa la Valle di Susa alla Maurienne, ma con due tunnel sotto il Moncenisio a binario semplice, di circa cinquanta chilometri di lunghezza.

Il continuo passaggio degli uomini, sin dall’antichità, ed il traffico sempre più intenso delle merci, ha favorito nella Valle di Susa anche lo scambio delle culture nazionali, che si sono delocalizzate in un contesto di globalizzazione europea. 

Così l’A.32 Torino-Bardonecchia è diventata parte della E.70, la lunga arteria europea che va dal golfo di Guascogna al Mar Nero per terra, non per mare.

La Valle di Susa acquista poi rilevanza ultranazionale con una delibera del Consiglio d’Europa, che inserisce nei Grandi itinerari culturali europei il Cammino di Santiago  nel 1987 e la Via Francigena nel 2004: l’intento, assai lodevole, è quello di preservare il patrimonio culturale dei luoghi attraversati lungo i loro percorsi e in questo contesto l’inventario dei beni della Valle di Susa vede ai primi posti l’Abbazia della Novalesa ai piedi del Moncenisio, dove comincia la Valle, il Recettorio di Sant’Antonino di Ranverso e la Chiusa di San Michele sul monte Pirchiriano, dove essa finisce.
    
Per la Valle di Susa è passata la Storia.

Per la Valle di Susa è passata la civiltà.

Lo testimoniano tracce antiche che abbiamo il dovere di conoscere e preservare.

Ma non possiamo, con ciò, imbalsamare questa Valle, che con l’alta velocità ferroviaria ha ancora un futuro da scrivere: quello dei nostri figli, una generazione in progresso, che già da tempo viaggia a velocità internettiana.

  
Si vales, vale

armeno.nardini@bno.eu

N O T E 

(*)   NO TAV nasce pressoché spontaneamente nella Valle di Susa  all'inizio degli anni novanta del secolo scorso. Questo movimento contesta la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino–Lione per i costi reputati eccessivi rispetto ai benefici,  l'impatto ambientale e il timore di danni alla salute umana per la presenza di amianto nei luoghi dei lavori e degli  scavi previsti per le lunghe gallerie. 

Il 23 luglio 2019 il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dichiara pubblicamente: “Non realizzare il TAV costerebbe molto più che completarlo…Questa è la posizione del Governo, ferma restando la piena sovranità del Parlamento". Il successivo 7 agosto, in seduta pubblica, il Senato approva quattro mozioni favorevoli al progetto e ne respinge una quinta, contraria. Resoconto stenografico della seduta in: https://www.senato.it/3818?seduta_assemblea=2401

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 20/08/2020