17 agosto 1981: l'efferata uccisione di Francis Turatello

Il boss della mala milanese, detto «Faccia d'Angelo», è accoltellato nel carcere di Badu ‘e Carros, in Sardegna

«Il bandito Turatello ucciso in carcere», così leggiamo nella prima pagina del quotidiano “La Stampa” di martedì 18 agosto 1981. La didascalia della foto rimanda a un servizio di Ornella Rota nelle pagine interne dove, oltre alla ricostruzione dell’aggressione da parte di «quattro detenuti durante l’ora d’aria» e del massacro «a colpi di punteruolo», è proposta una biografia del malavitoso, noto con il soprannome di “Faccia d’Angelo”, sotto il titolo «Fu l’Al Capone di Milano negli Anni Settanta».

Francesco Turatello detto Francis è nato il 4 aprile 1944 ad Asiago (Vicenza), comune di origine della madre che dopo essersi trasferita a Milano, vi è tornata nel corso della Seconda guerra mondiale. La donna lavora come sarta. Il padre è sconosciuto ma si dice che sia il boss mafioso italo-americano Frank Coppola, detto Frank tre dita. In ogni caso il padre è totalmente assente e quando, dopo la guerra, madre e figlio tornano a Milano per stabilirsi nel quartiere di Lambrate, vivono in ristrettezze economiche.

In gioventù, Francis Turatello è pugile dilettante, poi esordisce nella malavita milanese come ladro di auto. Impone via via la sua personalità e viene ad assumere ruoli di sempre maggiore rilevanza fino a divenire il capo di una banda formata in prevalenza da catanesi. Controlla le bische clandestine della città e il redditizio sfruttamento della prostituzione. Prende anche parte a varie rapine e a sequestri di persona, in complicità con i marsigliesi di Albert Bergamelli.

Si dice che il suo nome sia stato americanizzato in Francis a ricordo dell’origine del padre. Il soprannome di “Faccia d’angelo” deriva invece dalla sua forte somiglianza col gangster statunitense “Baby Face Nelson”, ovvero Lester Joseph Gillis, noto anche come George Nelson, (Chicago, 1908 - Barrington, 1934), rapinatore di banche componente della banda di John Dillinger.

Il 2 aprile 1977, Francis Turatello, a lungo latitante, è arrestato in piazza Cordusio a Milano. Viene processato per un lungo elenco di reati, condannato a molti anni di detenzione che inizia a scontare in regime di carcere duro. Può comunque continuare a manovrare dal carcere i suoi adepti e gestire così i suoi traffici criminali, almeno per qualche tempo, perché è scavalcato da Angelo Epaminonda, detto “il Tebano”, già suo braccio destro.

Fin dalla giovinezza, Turatello è in forte rivalità con Renato Vallanzasca, nato a Milano, il 4 maggio 1950. Questo comporta una cruenta rappresaglia con molte vittime dalle due parti.

Dopo che i due capi sono entrambi arrestati, vi è un graduale riconciliazione fino a un legame di amicizia. Turatello è testimone di nozze di Vallanzasca quando questi, il 17 luglio 1979, sposa Giuliana Brusa nel carcere romano di Rebibbia.

La foto dei due malavitosi detenuti in tight che brindano sorridenti con champagne è oggi molto nota e diffusa in rete. È stata proposta da “La Stampa” anche all’annuncio della morte di Turatello, avvenuta come si è detto il 17 agosto 1981, nel carcere nuorese di massima sicurezza di Badu ‘e Carros (nel 1981 lo si indica come Bad’e Carros), in Sardegna.

Turatello, nel cortile della prigione, è ripetutamente accoltellato da Antonino Faro e da Salvatore Maltese mentre Pasquale Barra e Vincenzo Andraous lo immobilizzano. La violenza dell’aggressione è tale che Turatello è sventrato e i suoi organi interni lacerati dai colpi inferti con i coltelli. Si parla anche di un macabro rituale messo in atto dagli assassini, o da alcuni di loro, addentando il fegato o il cuore del morto in segno di scherno. È stato smentito da più fonti ma è rimasto fortemente presente nella mentalità popolare anche per eventi successivi che hanno visto coinvolto uno dei quattro esecutori.

I quattro autori dell’efferato massacro sono così indicati da “La Stampa” del 18 agosto 1981:

Vincenzo Andraous, 27 anni, catanese, ergastolano;

Salvatore Maltese, 31 anni, di Rosolini (Siracusa), condannato per omicidio e sequestro, doveva uscire nel 2000;

Antonino Faro, 28 anni, di Catania, condannato per omicidio, sequestri e rivolte, la sua scarcerazione era prevista nel 2044;

Pasquale Barra, di 39 anni, di Ottaviano (Napoli), si dice che sia l’uomo di fiducia di Raffaele Cutolo, boss della Nuova Camorra, ed è indicato come “l’uomo dagli occhi di ghiaccio”.

Pasquale Barra (Ottaviano, 1942 - Ferrara, 2015), considerato uno degli esponenti di spicco della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, nel 1983 e negli anni seguenti è noto come uno dei principali accusatori di Enzo Tortora. In questo periodo viene indicato col soprannome di “o’ Animale” ed è spesso ricordata la sua feroce uccisione di Francis Turatello col fegato del morto addentato in un macabro rituale.

Oltre a Barra si sono pentiti anche Maltese e Andraous.

A Milano, nel carcere di San Vittore, dove sono detenuti nel corso di un processo, sul finire di aprile 1987, Antonino Faro, insieme a Antonino Marano, cerca di uccidere Andraous senza riuscirci.

Il movente dell’omicidio di Francis Turatello, che viene sepolto nel cimitero di Monza, rimane sconosciuto.

I personaggi coinvolti diedero versioni contrastanti: secondo Barra e Maltese (divenuti nel frattempo collaboratori di giustizia e rei confessi dell’omicidio), il delitto venne deciso da Raffaele Cutolo e Angelo Epaminonda per spartirsi gli affari illeciti su Milano che erano stati di Turatello; tuttavia, Epaminonda (anch’egli diventato collaboratore di giustizia) negò con sdegno qualsiasi coinvolgimento nell’omicidio.

Secondo l’altro assassino, Vincenzo Andraous, Turatello venne ucciso perché proteggeva in carcere Claudio Gatti, un ex membro della Banda della Comasina considerato un infame e il mandante dell’omicidio sarebbe Renato Vallanzasca (che a sua volta negò l’accusa).

Secondo Tommaso Buscetta (che era stato compagno di cella di Turatello nel carcere di Cuneo), l’omicidio venne commissionato ad Antonino Faro dal boss corleonese Luciano Liggio, che voleva vendicare uno “sgarro” commesso da Turatello nei confronti del mafioso siciliano Alfredo Bono.

Turatello non hai mai fatto parte di Cosa nostra, ma si ritiene che nel corso della sua carriera criminale sia stato spesso in contatto con alti esponenti dei clan camorristici napoletani e delle famiglie siciliane. La figura di Turatello compare inoltre in molti episodi oscuri della storia d’Italia degli anni Settanta, fra cui il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro e alcune azioni criminali compiute dalla banda della Magliana (Fonte: Wikipedia).

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Articolo pubblicato il 17/08/2020