Un ricordo di Sergio Marchionne a due anni dalla sua scomparsa

Sulle sue orme nasce Stellantis, ma se Lui….

Sono ormai trascorsi due anni dall’improvvisa dipartita di Sergio Marchionne. Ci pare di rivivere i giorni immediatamente precedenti alla sua scomparsa, con le inevitabili e drammatiche decisioni che il Presidente John Elkann  ha dovuto assumere. Poi l’incredula commozione, dinanzi alla realtà, cioè all’improvvisa perdita, il 25 luglio 2018 di un Uomo che appariva intramontabile e soprattutto insostituibile. Lo sguardo doveva però essere doverosamente rivolto al futuro, in modo particolare a Torino, dove l’industria dell’auto ed il suo indotto continuano a rivestire un ruolo rilevante e svolgono non solo una funzione produttiva.

La vita dei gruppi industriali corre veloce egli eventi incalzano. Anche dopo Marchionne, la frenesia del fare non è venuta meno.

 

Sta ora nascendo Stellantis che John Elkann definisce “Leader nella prossima era della mobilità”. Chissà se questa denominazione sarebbe andata a genio  a Sergio Marchionne? Ma che latino è quello a cui ricorrono oggi Fiat e Peugeot? Un dotto latinista ci fa presente che “ Il verbo stello, stellas, stellare (denominativo da stella) è eminentemente transitivo: significa cioè riempire di stelle, costellare. Possiede un participio passato (passivo) stellatus e un participio presente stellansstellantis intransitivo, come in Lucrezio (caelo stellante), Virgilio (stellantis regia caeli), ecc.

 

Stellantis che caso è? Se la i della desinenza è breve, si tratta di un genitivo singolare (complemento di specificazione, ma, nel nome della holding, di che?), se lunga, ecco un accusativo plurale poetico, ricalcato su quello dei nomi parisillabi della terza declinazione (antichi temi in i): complemento oggetto o di moto retto da quale verbo?”

Sergio Marchione, qualora se ne fosse accorto anche a cose fatte, avrebbe lavato qualche testa!

 

Intanto si è verificato il crollo del mercato che colpisce le vendite anche a giugno, ma senza compromettere quelli che sono i piani legati alla fusione tra FCA e PSA, che porterà alla creazione appunto, del gruppo Stellantis.

 

Il presidente di FCA è convinto del futuro roseo che attende la nuova società: “Preserveremo sia il valore eccezionale dell’insieme, sia i valori delle singole parti costituenti”. E come nei momenti cruciali vissuti da Fiat e  poi da FCA, quando Marchionne era l’autorevole e sovente solitario protagonista, si guarda avanti decisi e fiduciosi.

 

Negli ultimi sei mesi le auto vendute dal gruppo sono 290.562, in calo del 46,3% rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso. La quota è pari al 5,7% (era il 6,4%). Una situazione difficile per tutti, che non rallenta, però, la fusione annunciata fra Fca e Psa.

 

Operazione che, spiegano John Elkann e Mike Manley, presidente e amministratore delegato del gruppo italo americano, «incarna il coraggio e lo spirito visionario che hanno portato alla nascita dell’industria automobilistica oltre un secolo fa». Elkann e Manley non hanno dubbi sulla validità del progetto della futura holding “Stellantis”, il nome della realtà che prenderà vita in seguito alla fusione tra i due gruppi. Un nome che significa “’essere illuminato di stelle” ( ma letteralmente non è così)e che – spiegano in una lettera inviata a tutti i dipendenti – trae ispirazione «da questo nuovo e ambizioso allineamento di marchi automobilistici leggendari e di forti culture aziendali. Due entità che, unendosi, daranno vita ad uno dei nuovi leader nella prossima era della mobilità, «preservando sia il valore eccezionale dell’insieme, sia i valori delle singole parti costituenti».

 

Ma nel ricordo del manager scomparso, oltre alla lungimiranza delle scelte da lui costantemente  operate e che hanno evitato la cannibalizzazione della Fiat, con le conseguenza prevedibili sotto il profilo societario ed occupazionale, soffermiamoci su qualche aneddoto che dimostra la sua dedizione al lavoro, divenuta proverbiale, come pure lo spirito di squadra e l’entusiasmo che riusciva a trasmetter ai suoi diretti collaboratori.

 

L’ex Presidente della Ferrari e amministratore delegato di Fca narrò nel 2013, durante una lezione tenuta all’Università Bocconi di Milano, un ricordo relativo ai suoi primi giorni di lavoro alla Fiat – cioè ai primi di agosto del 2004. Un discorso passato alla storia per la celebre frase “in ferie da cosa”?

 

“Dobbiamo smetterla di essere provinciali, non tanto per diventare attori del mondo, ma semplicemente per renderci conto di dove sta andando questo mondo ormai totalmente piatto”, così Marchionne iniziò la parte conclusiva del suo intervento rievocando poi una sua apparizione televisiva ospite del programma ‘Che tempo che fa’ di Fabio Fazio. In quell’occasione il top manager sciorinò dei dati inconfutabili poco lusinghieri per il Bel Paese e la reazione fu stizzita al punto da definire Marchionne un ‘anti-italiano‘, anche se allora il gruppo da lui amministrato “dei tre miliardi di utili operativi me versava mezzo (di tasse) per mantenere il sistema Italia”. Marchionne raccontò che “la Panda a Pomigliano non era una scelta intelligente, in quanto ogni macchina gli costava 1000 euro più che in Polonia: ma era stato fatto per riconoscere la capacità di avere una linea produttiva in Italia”.

 

Il demiurgo dell’operazione che ha portato alla nascita di Fca esortò poi il suo uditorio di studenti a compiere esperienze all’estero “per sgretolare questo provincialismo, si impara molto andando fuori e si vive una realtà diversa dal comfort che abbiamo in Italia”. Questo concetto cardine della sua lezione è stato esemplificato da Marchionne con il ricordo del suo primo giorno in Fiat: “Nell’agosto del 2004 perdevo cinque milioni di euro al giorno, sono entrato in azienda e in ufficio non c’era nessuno. Mi è stato detto che il personale era tutto in ferie, e io mi son chiesto ma in ferie da cosa? In un’azienda che fondamentalmente è una multinazionale, in Brasile e in America in agosto si lavora, ma la Fiat chiudeva. Anche questo atteggiamento provinciale, cioè che noi siamo la Fiat, e stabiliamo quando il mondo va in vacanza, è una pirlata. Ogni volta che sono con gli americani, mi parlano benissimo dell’Italia, dicono che è bellissima, che amano andarci in vacanza; poi chiedo loro se vogliono investire nel Paese e rispondono di no”.

 

Marchionne infine sottolineò che a colloquio con manager statunitensi o tedeschi la situazione era sconfortante: a livello operativo aver a che fare con realtà italiane non era di certo l’ideale. L’esortazione finale del top manager fu ancora una volta di stampo internazionale: “dobbiamo smetterla di vergognarci di essere italiani, andiamo a competere e a concorrere con quelli che stanno fuori e poi vediamo se siamo capaci, il business viene ‘pesato’ a livello globale, essere i più bravi a livello nazionale non significa più niente”.

 

Oggi le parole di Sergio Marchionne sono ancora, se possibile, divisive: lo sono sempre state, perché è stato uno di quei manager da amare o da odiare, senza compromessi. Un tipo di persona in grado di lasciare una traccia: e dove c’è un sentiero, c’è anche conoscenza. Ma, nel contempo, il suo esempio e la sua testimonianza dovrebbero valere ancor più in questi momenti travagliati in FCA e nel Paese.

 

 

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Articolo pubblicato il 25/07/2020