Covid – 19 e crisi del Commercio. Le responsabilità del Governo e non solo

Al Consiglio Regionale del Piemonte, sfilano le associazioni di categoria

La manifestazione dei Metalmeccanici di ieri mattina dinanzi alla sede della Regione Piemonte in Piazza Castello a Torino, ci ricorda che in Piemonte oltre 60 mila lavoratori sono in cassa integrazione, in attesa di un piano governativo che non decolla, anzi, l’esecutivo con le scelte insensate a favore dei monopattini e delle isole pedonali estese, penalizza ancor più l’automotive che in Piemonte potrebbe ancora costituire un potenziale polo di sviluppo.

 

Tra i settori che stanno pagando le conseguenze del Covid-19, anche una posizione purtroppo di rilievo, la esprime il commercio.

Nei giorni scorsi In Terza commissione del consiglio regionale  del Piemonte, dove si stanno dibattendo gli strumenti per la ripartenza, si sono svolte le audizioni delle Associazioni di categoria, per prendere coscienza delle specifiche problematiche e cercare di capire se il Covid-19 possa essere l’occasione per ripensare un rilancio del commercio che era già in crisi prima del lockdown.

 

Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Torino, ha sottolineato come uno dei settori maggiormente toccati dalla crisi dovuta alla pandemia e all’emergenza sanitaria sia quello dei bar e ristoranti. I soli dati riferiti alla città di Torino parlano di 7800 attività e 21 mila occupati. Posti di lavoro fortemente a rischio, con la situazione che si fa preoccupante a livello regionale e nazionale, con gli ultimi dati Istat che parlano di quasi il 60% delle imprese e circa 800mila posti di lavoro a rischio.

In proporzione, a Torino sarebbero quindi 12mila gli addetti a rischiare.

 

“O si interviene subito o il settore della somministrazione è esposto al default” ha detto Banchieri, che ha poi chiesto l’estensione del Bonus Piemonte a tutte le categorie del commercio, per cui sarebbe opportuno rivedere i codici Ateco e i termini per la presentazione delle domande.

 

Confesercenti infine, si è soffermata sullo smartworking dei dipendenti pubblici, che svuotando gli uffici contribuisce alla sofferenza delle attività di somministrazione. Da qui la proposta di dirottare le somme risparmiate dalla mancata erogazione dei buoni pasto in azioni di sostegno al settore.

 

Questo è un argomento che merita opportuni approfondimenti. Non si capisce come le aziende produttive abbiano messo in atto ogni misura idonea per favore i clienti, mentre il già parassitario servizio pubblico, abbia abbassato ancora più la qualità della sua mission a favore dei cittadini, complice la politica miope e deleteria del Governo.

 

Tutto risulta rallentato dagli enti previdenziali, agli enti statali, Comuni e sanità. Perché le norme che favoriscono il c.d. lavoro remoto sono prorogate sino al fine dicembre.

 

In termini pratici, oltre a rasentare livelli improponibili di scarsa produttività, significa che migliaia di dipendenti pubblici  non accedono al posto di lavoro, non si spostano e non consumano, così pure i cittadini utenti.

Ed i bar, ristori, ristoranti, trasporti e quant’altro, languono.

 

Per cui basterebbe una disposizione di legge per ripristinare l’operatività degli  sportelli pubblici e riaprire le scuole nella tempistica consueta.

Altrimenti è proprio lo Stato che danneggia l’economia e la vita degli italiani. Abbiamo ricevuto segnalazioni clamorose sull’impossibilità di accesso agli uffici dell’anagrafe e stato civile, per pratiche peraltro  obbligatorie.

 

Senza che, per fare il caso di Torino, la fantomatica opposizione alla sindaca Appendino, abbia  protestano più di tanto.

L’altro capito penoso sul quale ci intratterremo con maggior dovizia, riguarda il comparto sanitario. Salvo rare eccezioni, non sono ancora riprese le visite specialistiche anche nei confronti di malati di tumore o che rischiano la vita.

 

Non è solo colpa del governo. ”Una conseguenza della chiusura di molti negozi e della preoccupazione per il contagio è stata la crescita dell’eCommerce”: è quanto ha puntualizzato Marco Gossa, direttore di Confcommercio Piemonte. Il trend delle vendite di prodotti di largo consumo online è cresciuto, segnando un +162,1%. Il 77% delle aziende che vende online nei diversi settori ha acquisito nuovi clienti, a dimostrazione che la crisi ha portato diversi consumatori ad avvicinarsi per la prima volta agli acquisti online.

 

Per Confcommercio è importante la tutela del piccolo commercio, all’interno del quale il negozio di vicinato svolge un importante ruolo di socialità favorendo e sviluppando le relazioni. “Le regole che governano il commercio in Piemonte risalgono al 1999, nel frattempo sono sopraggiunti aggiornamenti per essere conformi anche alle normative europee. Rivedere e tutelare il piccolo commercio è una grande opportunità per la riqualificazione urbana dei nostri quartieri e dei nostri Comuni, contribuendo a migliorare le condizioni di vita” ha aggiunto Gossa.

 

La giunta Cirio, per quanto di sua competenza, coglierà il messaggio, oppure anche in Piemonte ci troveremo davanti ad un autunno tragico, in mancanza di pochi accorgimenti che potrebbero ancor invertire il ciclo negativo?

 

 

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Articolo pubblicato il 10/07/2020