In memoria di Ito De Rolandis

Ezio Marinoni commemora il poliedrico personaggio, scrittore, giornalista, saggista, cronista di nera, romanziere, ricercatore storico

Il 1° giugno 2020, apprendo dal Tg del Piemonte la morte di Ito De Rolandis, poliedrico personaggio della cultura non circoscrivibile ad una sola categoria. È stato scrittore, giornalista, saggista, cronista di nera, romanziere, ricercatore storico.

Il figlio Alessandro scrive: «Abbiamo scampato il coronavirus che non ci ha toccato, ma la vita è fragile. Negli ultimi giorni ha dovuto lottare da solo, sotto la tutela dei medici, e la famiglia è rimasta obbligatoriamente a casa. Ha lasciato tutto qua. Non si è portato via nulla, nemmeno i ricordi perché ce li aveva raccontati tutti. Ci ha lasciato anche tanta tristezza, amarezza, un grande vuoto, e il suo fazzoletto nella mia tasca. È stato un compagno di viaggio ideale. Un pensiero va ai suoi amici, che sono sempre stati parte fondamentale della sua esistenza, abbondantemente ricordati nelle sue frequenti narrazioni: amici».

Aveva 86 anni; è stato tra i fondatori, nel 1954, del primo telegiornale Rai con Piero Angela, Emilio Fede, Gigi Marsico ed Enzo Tortora. Redattore del Giornale Radio Rai e della Gazzetta del Popolo, giornalista negli Anni ‘80 delle televisioni private. È stato appassionato studioso della Sindone e autore di numerosi saggi; ironico, sempre elegante, con il fiuto per la notizia. Non ha mai abbandonato mai la carta stampata: dal 1961 al 1981 è stato alla Gazzetta del Popolo di Torino con Arturo Chiodi, Giorgio Vecchiato e Michele Torre. Per molti anni ha collaborato con Il Messaggero, Il Secolo XIX, Il Resto del Carlino, La Nazione, l’agenzia di stampa AdnKronos.

Le misteriose intrusioni di un ladro (o di un mitomane), mai catturato, all’interno del Duomo di Torino, lo portano ad indagare il Sacro Lino e a scrivere Attacco alla Sindone, SEI, 1978.

Ho avuto il piacere di conoscere De Rolandis ad una presentazione del suo romanzo, all’interno della chiesa della Confraternita della Misericordia, durante l’Ostensione della Sindone del 1978.

Con Sergio Chiambretta dà alle stampe Vecchia e cara Torino, Musumeci, 1979; con presentazione di Davide Lajolo, impreziosito da oltre 500 rare foto d’epoca.

Torino dopoguerra ci restituisce uno spaccato della città dei Savoia dopo la conclusione del secondo conflitto, verso una ennesima rinascita e ricostruzione (Daniela Piazza, 1983).

L’indagine storica ritorna con il saggio su Maria José (Gribaudo, 1988).

Il romanzo storico Nel nome di Asti racconta un episodio inedito avvenuto nel 1416, quando la città del Palio tenta di liberare il suo Signore, Carlo d’Orléans, prigioniero degli Inglesi. L’operazione viene affidata ad un manipolo di “agenti segreti”, ma la Contea deve fare i conti con il potente Marchesato del Monferrato (Il Punto – Piemonte in Bancarella, 1991).

L’amore per i misteri e per il paranormale gli fa scrivere Misteri. Fatti incredibili ma veri all’ombra della Mole, Il Punto – Piemonte in Bancarella, 1994.

Orgoglio tricolore ci rende partecipi dell’avventurosa nascita della nostra bandiera, attraverso le memorie e lo sguardo affettuoso verso un antenato di famiglia (L’Artistica Lorenzo Fornaca, 2008). È una miscellanea impreziosita dalla prefazione dell’autorevole storico Aldo Alessandro Mola. La coccarda tricolore è ancora conservata nella casa di famiglia a Castell’Alfero, nell’Astigiano.

A Giovanni Battista De Rolandis e al compagno di sacrificio Luigi Zamboni, caduti a Bologna, vittime del Tribunale Pontificio in un generoso tentativo di ribellione, si deve la scelta dei tre colori per le coccarde indossate nella rivolta e distribuite ai simpatizzanti del movimento che verrà duramente represso. Arrestati in una locanda fuori dei confini della Legazione e sottoposti a feroci torture, Zamboni sarà trovato impiccato in cella e De Rolandis verrà condannato a morte per impiccagione.

L’esecuzione del patriota monferrino viene eseguita il 23 aprile 1796.

Poco meno di due mesi dopo Napoleone entra in Bologna, accolto come liberatore dal Senato Provvisorio, e ordina la liberazione dei prigionieri politici, rendendo onori alle ceneri dei due eroi. Il 9 ottobre consegna alla Legione Lombarda una bandiera con i tre colori delle coccarde adottate dai protagonisti della sfortunata insurrezione. Il 18 dello stesso mese nasceva a Modena la Legione Italiana, dotata di un vessillo con i colori delle coccarde e contemporaneamente si costituisce la Confederazione Cispadana, che riunisce, oltre a Modena, le città di Bologna, Ferrara e Reggio Emilia. Napoleone ordina di erigere sulla Montagnola di Bologna, nel luogo dell’esecuzione capitale di De Rolandis, una colonna alla cui sommità è collocata l’urna di bronzo contenente le ceneri dei due patrioti.

Il 6 gennaio 1796 la città imbandierata con il tricolore accoglie l’inaugurazione della colonna. Il giorno dopo a Reggio Emilia si riunisce il Congresso della Repubblica Cispadana per assumere il tricolore come vessillo del nuovo Stato, siglato con voto unanime da cento parlamentari, in quella che sarà poi denominata la “Sala del Tricolore”. Per questo motivo, il 7 gennaio è considerato la data ufficiale della nascita della bandiera italiana; in questo caso il Monferrato ha anticipato il ruolo del Piemonte, destinato a diventare la culla del Risorgimento e del nuovo Stato unitario, nel passaggio dal Regno di Sardegna al Regno d’Italia.

In questi giorni il suo collega Enrico Marenco, 85 anni, ha ricordato quegli anni con affetto e ironia.

La Gazzetta del Popolo era un faro di indipendenza, leale avversaria de La Stampa sempre allineata, (“la busiarda” per i torinesi). Le corse in cronaca e in cronaca nera, le interviste radiofoniche, l’indagine sulla morte di Martine Beauregard, che rimane ad oggi uno dei misteri irrisolti di Torino.

Buon viaggio a Ito (Ippolito) De Rolandis, il suo ultimo viaggio.

@Ezio Marinoni

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Articolo pubblicato il 02/06/2020