Torino ai tempi del Cholera Morbus

Parte prima (di Ezio Marinoni)

Mentre l’emergenza covid19 sembra stia allentando la sua morsa di morte e sofferenza, riassumo un tragico e analogo flagello che colpì la città di Torino nel 1835. Il Cholera Morbus (asiatico).

Sono trascorsi quasi due secoli; sono cambiati molti luoghi e situazioni, la condizione igienica e sanitaria e alimentare è completamente diversa… eppure sono tantissimi le somiglianze tra allora e oggi, a dimostrazione che l’essere umano e la sua risposta alla malattia ed alla morte rimangono simili, in quanto facenti parti della natura umana stessa.

La ricostruzione permette anche di tratteggiare una piccola geografia torinese intorno al 1835, per quanto riguarda i mercati, gli ospedali e le farmacie.

Il Regio Brevetto, infine, delinea la gerarchia del potere politico e civile a Torino.

 

Fra il 1830 e il 1837 una grave pandemia si abbatte sull'Europa. La Gazzetta Piemontese del 17 agosto 1835 riporta la seguente notizia: “Dobbiamo purtroppo annunziare che il colera si estende nei Comuni della provincia di Cuneo: i luoghi sinora infetti sono i seguenti: Andonno - Bernezzo - Borgo San Dalmazzo - Caraglio - Centallo - Chiusa - Roccavione - Tarantasca - Valdieri - Vernante - Vignolo - Villafaletto. La malattia si è pure dilatata sino a Mondovì, ove è seguito un caso di morte ed in qua sino a Racconigi...”.

Con il Regio Brevetto del 10 aprile 1832 era stata creata la Commissione Sanitaria, affiancata da una Commissione Medica dipendente dal Protomedicato dell'Università e composta inizialmente da nove membri: Presidente era il Governatore della Divisione di Torino (Vittorio Sallier de la Tour); Vicepresidente era il Vicario della città; due Sindaci; tre Decurioni (il Marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, il Conte Gaetano Adami di Bergolo, il Conte Luigi Francesetti di Hautecourt e Mezzenile); il Capo del Magistrato del Protomedicato e il Professore Francesco Rossi.

Nel 1835 la Commissione emette un “Ordinamento Sanitario per la Città, borghi e territorio di Torino” in cui vengono stabiliti i criteri per affrontare la temuta epidemia. Al termine del suo mandato arriva a coinvolgere 484 benemeriti, 180 medici, 19 farmacie, 16 parroci del suburbio e un numero non precisato di collaboratori a vario titolo.

È interessante elencare la suddivisione di Torino in sezioni, con le relative farmacie.

Sezione Moncenisio - Farmacie Lanzone (piazza Paesana), Anglesio (contrada d'Italia), Ballerini (via Doragrossa), Blengini (dirimpetto chiesa di Santa Maria)

Sezione Dora - Farmacie Armione e Cauda (via Doragrossa), Arleri (contrada del Gallo), Amaretti (ospedale dei Cavalieri)

Sezione Monviso - Farmacia Ferione (via Doragrossa, dirimpetto alla chiesa della SS. Trinità), San Quirico (contrada San Maurizio), Costamagna (vicino alla chiesa di Santa Teresa), Rossi (contrada Porta Nuova), Scaglia e Garbiglietti (a Porta Nuova)

Sezione Po - Farmacie Borsarelli (contrada San Francesco da Paola) e Viviani (contrada di Po)

Borgo Dora - Farmacia Grosso (piazza dei Mulini)

Borgo Po - Farmacia Botteri (Borgo Po, strada di Alessandria).

Il 24 agosto si registra il primo decesso a Torino. Dalla copia della Relazione fatta dai Sig.ri Professore Berruti e Medico De Rolandis a Michele Giuseppe Francesco Antonio Benso, Marchese di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella (egli è Vicario e Sovrintendente Generale di politica e polizia della città di Torino, nominato proprio in quell’anno).

Si tratta di “Gioanni Som di anni 30, barcajuolo dedito alla gozzoviglia ed al vino ieri 23 pranzò alle ore 10 mattutine con peperoni ed altre ortaglie, godé buona salute nel dopo pranzo in cui andò sulla collina di Torino a far legna, ma alle ore otto sera venne all'improvviso colto da lipotimia, quindi da granchi, vomiti, con freddo all'estemità, dolori di ventre; non ebbe soccorsi nella notte; portato all'ospedale di San Giovanni verso le 8,30 di questa mane, fu subito trasferito al Lazzaretto di detto Ospedale in seguito all'avviso dei sottoscritti che sul campo unanimi lo dichiararono colpito da Cholera asiatico: gli furono somministrati tutti i più pronti e validi soccorsi, ma inutilmente, perché verso le ore dodici e mezza cessò di vivere, confortato però da tutti i soccorsi della Religione”.

Guido Gozzini, nel suo saggio “Sviluppo demografico e classi sociali. Povertà ed epidemie” scrive: “Proprio il colera del 1835 richiamò d'urgenza l'attenzione delle autorità sui grumi di miseria che si erano concentrati in alcuni quartieri – soprattutto il Moschino (fino ad allora abitato soltanto da barcaiuoli, tintori di seta e di panno, carrettieri, lavandaie, osterie) in fondo a Borgo Po – e che rischiavano di essere focolai permanenti di contagi infettivi”.

Il problema prioritario era curare gli ammalati e contenere il contagio; si costruiscono lazzaretti all'interno degli ospedali, con padiglioni isolati dal resto dell'edificio sanitario.

I lazzaretti facevano capo agli ospedali cittadini:

Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista (situato sotto i Bastioni fra Porta Nuova e Porta di Po nell'Isola di San Gioanni)

Ospedale di Carità (nella contrada di Po a mano sinistra di chi va verso la Porta di Po, Isola di San Maurizio)

Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (dietro la chiesa della Real Basilica Magistrale vicino a San Domenico nell'Isola di Santa Croce)

Piccola Casa della Divina Provvidenza (di recente costruzione)

Ospedale di San Luigi (nell'attuale via Piave).

Viene costruito uh lazzaretto per gli ebrei, fuori dal ghetto, a loro spese.

Si fonda un ospedale a pagamento, per quanti potevano permettersi la retta “fuori della porta di Susa nella regione di Valdocco, nella casa detta il Martinetto, a un miglio da Torino, dove sono rinchiuse le donne, che nelle loro dissoluzioni hanno contratta infezione e vi sono curate”. Ne sono promotori Roberto D'Azeglio, Michele Benso di Cavour e Giuseppe Adami di Bergolo. Lo si costruisce grazie ad una sottoscrizione e alle azioni acquistate dai D'Azeglio, dagli Alfieri di Sostegno, dai Benso di Cavour e dai Falletti di Barolo.

Si apre in Borgo Dora una lavanderia per la pulitura dei capi appartenuti agli infettati.

Una disposizione che avrà ripercussioni nella storia di Torino è il trasferimento dei mercati alimentari, che si tenevano in piazza San Carlo, piazza delle Erbe, piazza Corpus Domini. Alla fine di agosto 1835 il mercato di piazza delle Erbe viene portato in piazza Emanuele Filiberto. Una delle prime testimonianze in merito è il quadro “Il mercato di Porta Palazzo” di Giovanni Michele Graneri, fra le collezioni del Museo Accorsi-Ometto.

La situazione di degrado e sporcizia in cui versava la città, la scarsa nutrizione, la carenza di igiene e pulizia, il gran numero di vagabondi e mendicanti favorivano l'insorgere delle malattie, come veri e propri flagelli ciclici: il tifo nel 1817, il vaiolo nel 1823/1824, febbri intermittenti nel 1831 e nel 1834, il colera nel 1835, di nuovo il vaiolo nel 1836 e nel 1840, ancora il tifo nel 1841/1842, infine il vaiolo fra il 1844 e il 1848.

Alcune istruzioni per le Commissioni di Sanità...

I letamai nei cortili delle case dovranno farsi in fosse coperte in modo che le loro esalazioni non possano riescire nocive, ovvero essere aboliti, o trasportati fuori dalle Città e dei luoghi.

Le scale sudice e scure dovranno tutte essere imbiancate colla calce, come pure gli alloggi, i di cui muri non presentano sufficiente mondezza.

Gli acquaioli che sboccano nelle contrade dovranno essere tolti e la Commissione potrà obbligare i proprietari delle case, che se ne servono, qualora la loro abolizione fosse impossibile, a far costruire a loro spese i pozzi, in cui le acque delle lavature possano essere raccolte o chiuse.

Nascono i primi interventi caritativi, pubblici e privati, o assistenziali, che faranno parlare di Torino come della città benefica o dei santi sociali. Nasce una fitta rete di relazioni e iniziative a sostegno dei deboli e dei disagiati, che vede impegnati in prima linea il Cottolengo e Giulia Colbert Falletti di Barolo, don Bosco e il Murialdo (solo per citarne alcuni), che rimarrà nel tempo, a caratterizzare la nostra città.

 

Bibliografia

Gazzetta Piemontese del 17 agosto 1835.

Guido Gozzini – Sviluppo demografico e classi sociali. Povertà ed epidemie in “Storia di Torino vol. .VI - Einaudi”.

@Ezio Marinoni

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Articolo pubblicato il 05/06/2020