Itinerario murialdino torinese

Di Ezio Marinoni, nel giorno della memoria liturgica di San Leonardo Murialdo

Inizio l’itinerario sull’esistenza del Santo da villa Murialdo: sono salito in strada Sant’Anna, sulla collina torinese. Era chiamata “il Rubino”, dal nome degli antichi proprietari; viene acquistata da Franchino Murialdo, padre di Leonardo, nel 1824. Comprendeva un terreno abbastanza vasto con casa civile e rustica, vigna, campo, prato, giardino e bosco. Una stradicciola in salita attraversa il parco e conduce alla villa settecentesca. Vi è ancora la cappella nella quale il Murialdo celebrava la messa con paramenti, calice e patena che ancora si conservano.

La villa era meta di passeggiate per i ragazzi dell’Oratorio San Luigi, del San Martino e del Collegio Artigianelli. È il Murialdo stesso a raccontare di un’allegra castagnata dei ragazzi dell’Oratorio di Valdocco nella sua villa di famiglia.

Nel ritorno in città, al numero 23 di via Villa della Regina aveva sede il Collegio Artigianelli dal 1855 al 1863, prima di trasferirsi definitivamente in corso Palestro.

Arrivati in piazza Vittorio, via della Rocca è la seconda strada sulla sinistra. Qui, sull’angolo con la piazza, Murialdo abita insieme al fratello Ernesto, dal 1854 al 1861.

In via Po, sulla destra, si trova la chiesa della Santissima Annunziata. Nel territorio di questa parrocchia vede il suo inizio al Collegio Artigianelli. Era il dicembre 1849: il parroco don Cocchi accoglie i primi tre ragazzi in una camera della canonica. Il giorno dopo li trasferisce nei locali dell’Oratorio dell’Angelo Custode, al Moschino, da dove sarebbero poi migrati varie volte. Il malfamato Borgo del Moschino si estendeva da corso San Maurizio verso i Murazzi. A disporre l’abbattimento del Borgo fu nel 1872 il consiglio comunale capeggiato dal sindaco Felice Rignon. Il misero squallore del Borgo resta lo scenario dei turpi delitti descritti nel romanzo “I misteri di Torino”, pubblicato da Ausonio Liberi nel 1880.

Non lontano, si trovava la “Casa famiglia per giovani operai e per studenti”, di fianco alla chiesa di Santa Giulia; occupava il caseggiato a destra della chiesa, i numeri civici 4/6/8 di piazza Santa Giulia, in angolo con via Balbo L’idea della Casa viene al Murialdo durante i suoi frequenti viaggi in Francia. Pensa di portare questa istituzione anche in Italia, dove ancora non ne esisteva alcun esempio. È un vero e proprio pensionato per giovani operai, forma il completamento e il coronamento di tutta l’organizzazione assistenziale facente capo al Collegio Artigianelli.

In via XX Settembre 23 si trova la chiesa della Visitazione. Dopo le soppressioni napoleoniche il convento passa ai Padri della Missione. Ed è qui dunque, nella Casa della Missione, che si prepara con gli esercizi spirituali alle ordinazioni che riceverà (probabilmente non in questa chiesa, ma in una cappella interna della Casa). Viene ordinato suddiacono il 21 settembre 1850, diacono il 5 aprile 1851, sacerdote il 20 settembre 1851.  Il Vescovo ordinante è mons. Ceretti, che suppliva l’Arcivescovo Fransoni, in esilio a Lione per dissidi con il governo.

In corso Vittorio Emanuele, dove c’è la chiesa di San Giovanni Evangelista, nel luogo ora occupato dall’altare e dall’abside della chiesa aveva sede l’Oratorio San Luigi, fondato da don Bosco nel 1847 (si è spostato in via Ormea 4). Era il terzo in città, dopo quello dell’Angelo Custode aperto da don Cocchi nel 1840 e quello di San Francesco di Sales, avviato da don Bosco tra la fine del 1841 e l’inizio del 1842 a Valdocco. Il Murialdo accettò la direzione del San Luigi; il suo ingresso solenne in oratorio avviene domenica 26 luglio 1857.

Oltrepassato il centro di Torino e la Cittadella, in corso Palestro 14, nel 1863 arriva il Collegio degli Artigianelli, dopo vari trasferimenti. La memoria del Murialdo rimane nella sua stanza, negli ambienti in cui ha lavorato dal 1866 al 1900, nella mostra-museo che ne ricorda la vita e le attività, nella cappella di San Giuseppe dove la congregazione dei Giuseppini è nata. Il Collegio è stato fondato da don Cocchi, che lo ha diretto fino al 1852 (ancora una volta Murialdo segue le orme di questo sacerdote, che fu suo maestro, non meno di don Bosco). La visita inizia dall’atrio d’ingresso, nel quale campeggia il busto di don Cocchi. Nell’atrio era collocata la bussola in legno nella quale i benefattori che volevano restare anonimi depositavano le loro offerte (oggi è esposta nel museo al primo piano). Il porticato che si affaccia sul cortile offre l’idea del Collegio ai tempi del Murialdo: l’unica ala costruita era quella rivolta verso corso Palestro. Sugli altri lati del cortile vi erano tettoie o altre costruzioni dimesse e adibite a magazzino e a laboratorio.

Al secondo piano c’è la cappella di San Giuseppe, nella quale il 19 marzo 1873 venne fondata la Congregazione. I primi Giuseppini furono Leonardo Murialdo stesso, don Giulio Costantino, don Eugenio Reffo, don Sebastiano Mussetti, i chierici Marcello Pagliero e Pier Giuseppe Milanese. Pronunciarono per la prima volta i voti religiosi e diedero inizio formale alla Congregazione. Altri due chierici cominciavano il noviziato: Ernesto Canfari e Natale Leone.

In quella che oggi è una sacrestia (che era il “presbiterio” della cappella dell’Immacolata), è stato ricollocato, esattamente al suo posto originario, l’altare al quale tante volte il Murialdo, don Reffo e don Costantino celebrarono messa per i loro ragazzi.

Non può mancare la Consolata, il Santuario dei torinesi, in questa passeggiata nella storia e nella fede. Don Reffo racconta che la madre di Leonardo era molto devota alla Consolata e aveva fatto dono di alcuni suoi diamanti al Santuario. Alla Consolata affida i suoi due figli prima della loro partenza (1836) per il Collegio degli Scolopi di Savona. Il ricordo di questo “affidamento” è presente anche nel Testamento Spirituale del Murialdo ed è accompagnato dal ringraziamento alla Madonna, la cui protezione si fa sentire durante la crisi giovanile patita proprio a Savona.

I funerali sono celebrati nella chiesa di Santa Barbara (1 aprile 1900), in via Assarotti, la parrocchia degli Artigianelli; il corpo del Murialdo è tumulato nella tomba di famiglia al Cimitero Generale. Da subito diventa meta delle visite dei confratelli e di altre persone che avevano conosciuto la sua santità, come ricorda don Reffo: “Si è […] innalzato un modesto e grazioso monumento coll’epigrafe che ricorda la fondazione della Pia Società [di San Giuseppe]. Parecchi dei nostri confratelli talora lo visitano, e vanno su quelle zolle per noi così care a pregarlo pei bisogni più urgenti della Congregazione, ed oso dire non mai senza frutto. Ci andarono anche una volta i Missionari della Consolata, e ricordo con figliale orgoglio che quel venerando uomo che è il Canonico Giuseppe Allamano disse a quel prode drappello di apostoli: – Un giorno questa salma uscirà da questa tomba per essere venerata! Dio faccia che la sua parola non sia un semplice voto, ma una vera profezia!”.

Santa Barbara ospiterà le spoglie del Murialdo dal 1917 al 1971. Per sfuggire ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, il corpo del Murialdo è traslato a Sommariva Bosco dove rimane dal 1943 al 1949. Si tratta di un provvedimento provvidenziale, dato che anche la chiesa di Santa Barbara viene colpita dalle bombe ed il monumento sepolcrale del Murialdo ne rimane danneggiato.

L’ultima tappa del nostro percorso è il Santuario dove si venerano le spoglie mortali di san Leonardo: la chiesa di Nostra Signora della Salute, in Borgo Vittoria. La Congregazione dei Giuseppini è ben rappresentata nel comitato che si fa promotore della sua costruzione: ne fanno parte il confratello laico Giovanni Massoglia (pittore, scultore e architetto), e don Reffo, col fratello Enrico, pittore. Le spoglie del Murialdo vengono portate qui il 6 giugno 1971, dopo la sua canonizzazione.

Addossata al pilastro del transetto destro c’è la tomba di don Eugenio Reffo, 1843 – 1925, del quale è in corso la causa di beatificazione (architetto Federico Siffredi). Il Santo e il suo biografo adesso riposano accanto, in attesa di risvegliarsi nella luce dei giusti.

@Ezio Marinoni

 

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Articolo pubblicato il 18/05/2020