Per chi votava “Stella e Corona”.

Partendo dal virus, al ruolo disinvolto delle regioni, dove si approda.

Oggi viviamo un momento che sta deformando abitudini, ma per fortuna non affievolisce i ricordi, soprattutto se sono positivi. Per i non  addetti ai lavori, i termini che stanno diventando ricorrenti sono quelli legati alla morbilità ed all’Ente che regola o dovrebbe regolare, cure e profilassi, oltre a modificare il nostri modi di vivere e circolare: La Regione.

 

Il vocabolo che anche noi scriviamo tutti i giorni è Coronavirus o Covid-19, quando riportiamo le dizioni di medici o assessori. Ci è capitato di ascoltare la denominazione del virus, ridotta a Corona e, complice la copertina di un vecchio testo, a qualcuno e affiorato un ricordo non appassito nel tempo:

La propaganda elettorale per il voto alla lista  “Stella e Corona.”

 

Dalla Costituente sino all’elezione della V Legislatura del 1968, senza contare elezioni comunali e provinciali, il Partito che traeva la sua fonte d’ispirazione nel ritorno di Re Umberto II° a regnare in Italia, portava nel simbolo la Corona e la Stella d’Italia.

Nel gergo popolare e  nella propaganda elettorale, si indicava, per brevità  “Vota Stella e Corona.”

 

Il leader dei partito dei Monarchici, che in ultima denominazione si chiamava “Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica “ è sempre stato Alfredo Covelli che esprimeva l’unità dei monarchici. Costoro, oltre al riferimento istituzionale, ed alla scelta  Atlantica ed occidentale dell’Italia. erano portatori di un programma moderato d’ispirazione liberale, volto alla ricostruzione del Paese dopo il dramma della seconda guerra mondiale.

 

Tra gli interventi caratterizzanti della V legislatura, ci fu l’approvazione affrettata dell’Istituzione delle Regioni a Statuto ordinario, ostinatamente voluta dal siculo repubblicano Ugo La Malfa, che i politici accorti di allora avevano già giustamente definito “carrozzone!

 

Le polemiche attualissime, di cui abbiamo già riferito in altro articolo, non ispirano molto simpatia nella Regioni, la nostra in particolare. Invece d’imboccare la via dell’Autonomia come il Veneto, il Piemonte è rimasto a mezz’asta, senza ben saper quale strada individuare per imboccare la profilassi adeguata per fronteggiare il Coronavirus. Il numero dei morti elevatissimo ne è in gran parte il risultato.

 

L’on Alfredo Covelli, nella seduta della Camera dei Deputati del 26 gennaio 1970, aveva elevato una vibrante e  motivata critica al provvedimento in esame. Lo sottoponiamo integralmente all’attenzione dei nostri lettori, che  potranno riconoscere le motivazioni espresse,  in parte profetiche, ma certamente di viva attualità.

 

Camera dei Deputati, V Legislatura. Seduta del 26 gennaio 1970. Dichiarazione di voto dell’On. Alfredo Covelli

COVELLI .” Annuncio, a nome del gruppo del partito democratico di unità monarchica, che noi voteremo contro questa legge che è l'ultimo atto, purtroppo, che, almeno in questa Assemblea, si compie per dare concretamente inizio o per mettere concretamente in "moto la macchina funesta che realizzerà le regioni .

Voteremo contro per ragioni di coerenza , avendo avversato in tutte le sedi e in ogni circostanza l'attuazione delle regioni . Voteremo contro anche e soprattutto in considerazione del fatto che la regione, così come la si vuole attuare, è un aborto, è un mostro , da qualsiasi punto di vista la si voglia considerare, anche e soprattutto, dal punto di vista di un ragionevole e razionale decentramento. stato spesso evocato a proposito e a sproposito in questo dibattito - è vero, onorevole Di Primio ? - lo spirito dei costituenti in ordine alle regioni.

Ma nessuno ha ricordato - lo faremo noi che in quello spirito vivemmo da modesti protagonisti - che le regioni, nella formazione della Costituzione , rappresentavano un sogno lungamente perseguito da taluni implacabili integralisti e da altrettanto implacabili repubblicani per dispetto, e per calcolo, i quali non nascondevano il proposito di distruggere fin nelle ultime vestigia la struttura e il fondamento dell'Italia laica, risorgimentale e monarchico costituzionale.

Era, onorevoli colleghi, l'istituto delle regioni, nella formazione della Costituzione , un atto polemico, uno strumento politico, un altro baratto tra gruppi e ideologie contrapposti, come il non abbastanza famoso articolo 7; e perciò irrazionale, superficiale, affrettato, illogico .

Vogliamo dire con tutta tranquillità ai colleghi della maggioranza regionalista che se le regioni a statuto ordinario fossero state attuate nei tempi previsti dalle norme transitorie della Costituzione, cioè nel 1948, noi avremmo potuto meglio capire la loro fretta, il loro fervore, il loro furore: l'attuazione della regione si sarebbe potuto spiegare o collocare in un paese che doveva essere ricostruito ab imis fundamentis. Ma attuare oggi la regione, nel modo sbagliato, con leggi sbagliate, nel momento sbagliato, consentitemi di dire francamente che è semplicemente aberrante.

Con questo noi, che siamo stati sempre estremamente realisti, estremamente sensibili alle spinte dell'evoluzione e dell' attualità, non vogliamo escludere che è tempo questo anche di larghi decentramenti . Ma noi vogliamo dirvi con molta umiltà, ma anche con solida convinzione, che nel momento in cui lo Stato italiano attraversa la più grave delle sue crisi - che è crisi di autorità, crisi di potere, crisi di coscienza, crisi di costume , crisi di competenza, crisi di istituti - attuare le regioni a statuto ordinario, e attuarle prima delle leggi-quadro, quelle che dovrebbero definire i limiti della competenza, è indubbiamente il colpo più duro che voi, colleghi della maggioranza regionalista, potete infliggere alle strutture fondamentali del nostro Stato , del nostro paese.

Il popolo italiano, onorevoli colleghi della maggioranza, i lavoratori italiani - è una nostra convinzione - premuti e oppressi da immensi e crescenti problemi, si aspettavano ben altre cose, ma soprattutto si aspettavano uno Stato autorevole ed efficiente nel promuovere leggi e nel farle rispettare, nel tutelare  l 'ordine democratico, nel provvedere alla difesa della pace, della libertà, della sicurezza dei cittadini . Ebbene voi date ai lavoratori italiani il divorzio e le regioni : state per dare, soprattutto uno Stato che cresce in debolezza e inefficienza, uno Stato, cioè, maturo per essere travolto, sommerso dalle cattive regioni e dalle pessime ragioni politiche che le hanno sostenute.

Noi vogliamo dire solamente, nel momento in cui si sta per congedare questa legge, che se la maggioranza di centro-sinistra con l 'aiuto palese, massiccio, al di là delle finzioni, dei comunisti e dei socialproletari, ha scelto questo modo per celebrare il centenario della breccia di porta Pia e di Roma capitale d' Italia, ebbene bisogna avere il coraggio di affermare che Pio IX e il cardinale Antonelli non potevano trovare vendicatori più accaniti , più efficaci, più implacabili.

Noi voteremo contro questa legge per dissociare nettissimamente le nostre responsabilità. Votando contro osiamo sperare che gli italiani - almeno quelli non rassegnati registrino che qui dentro non tutti hanno dimenticato e perciò hanno tradito i sacrifici che sono stati compiuti, il sangue che è stato versato per fare di un paese una nazione, per fare l'Italia una, libera ed indipendente , quella che voi, onorevoli colleghi della maggioranza, vi accingete a demolire nel modo più spietato”

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Articolo pubblicato il 07/05/2020