Elva, il presente prepara il futuro

Di Ezio Marinoni

Poche decine di abitanti sono rimasti a Elva. Il contagio del coronavirus qui non è arrivato, gli scambi sociali sono quasi inesistenti durante l’inverno. Domina il tempo e il ritmo della natura, delle stagioni, della lentezza che trasforma l’autunno in inverno e poi riporta la primavera a far germogliare la vita ancora una volta.

 

Ieri mi ha telefonato Franco Baudino, che fu due volte sindaco negli anni Settanta e Ottanta. Gli ho chiesto come si viva lassù in questo tempo.

 

“A Elva non è cambiato niente, eccetto la relazione con la città. Io andavo ogni venerdì ad un corso di geografia e adesso non posso più scendere. Nemmeno all’Espaci Occitan a Dronero, dove si ritrova la nostra storia e la nostra cultura”.

 

Tante volte sono salito a Elva, chiudo gli occhi e ne vedo le strade e le case, i locali, i colori, i prati e i boschi, il Pelvo e il Chersogno.

 

“L’altra novità” mi racconta Franco” è che il negozio fa la spesa per tutti e ce la portano a casa una volta la settimana”.

 

Avevo letto un articolo sull’iniziativa del Sindaco in carica, Mario Fulcheri.

 

Siamo ancora in piena emergenza da covid19: solo ieri, sabato di Pasqua, il Piemonte ha contato 100 morti. Non si può viaggiare, non ci si può spostare; viviamo in un tempo sospeso, dove tutto sembra davvero sospeso, anche la vita.

 

Non so quando potrò tornare a Elva, mi accontento di svolgere il film dei miei tanti ricordi e rivedere il paese.

 

Inizio quindi il mio viaggio virtuale per le vie di Elva (anche qui, tutti gli esercizi sono chiusi al pubblico per osservanza di legge).

 

Il palazzo del Comune affaccia su piazza don Ettore Dao, rivolto verso la vallata. La parrocchiale di Santa Maria Assunta chiude la piazza, oltre il cimitero, quasi a strapiombo su un versante.

 

La Strada del Vallone arriva dal basso e finisce in piazza Frédéric Mistral, alle spalle del Comune. Imbocco una breve erta e, nell’edificio che ospitava la canonica, è aperta la Locanda di Elva: bar, ristorante con una vetrata e vista mozzafiato, camere ai piani superiori. Tutto è curato da Lorella Menardi con cura, insieme a una collaboratrice.

 

Sono nel cuore della Borgata Serre, il capoluogo. Pochi passi ancora in salita e incontro La Butego de la Meridiano: è l’unico negozio, dove si trovano generi alimentari, prodotti tipici, articoli da montagna, libri e riviste. Francesco e Secha mandano avanti l’attività, lui si occupa delle consegne a domicilio in questo periodo di quarantena e reclusione forzata.

 

Torno indietro, scendo pochi metri verso il Vallone, la strada per Borgata Clari diverge a destra. Il cammino è breve, l’Agriturismo L’Artesin si svela, appartato, nella sua composta eleganza montana. Lorenza Bruna Rosso lo gestisce con passione.

 

Nella bella stagione avrei visitato i due caseifici (ebbene sì, Elva ne possiede ben due!): il Caseificio di Elva, attività nata nel 1987 (sulla strada verso il Colle della Cavallina e Stroppo) e La Meira, nella borgata omonima, gestito da Nicholas Occelli.

 

Anche il rifugio La Sousto dal Col è chiuso, dove la montagna inizia a digradare verso Stroppo e l’altra strada conduce al Colle di Sampeyre, verso la Val Varaita.

 

Ritorno sui miei passi, dove tutto inizia e finisce a Elva. La piazza. L’unico parcheggio per le auto. Sottostante alla Butego de la Meridiano, in un sottoportico che regala una splendida vista, si apre l’ingresso al Museo dei Pelassiers. È Secha a fare da guida per i turisti.

 

Perché gli elvesi diventarono raccoglitori di capelli? L’economia molto povera, insufficiente per sfamare tutti durante l’Ottocento, provocava l’emigrazione stagionale di molti uomini con le loro professioni (soprattutto arrotini e cardatori di canapa, molto coltivata a quei tempi). Ritornavano a casa per il 12 maggio, festa di San Pancrazio (e, in seguito, giorno del mercato dei capelli).

 

Come spesso accade, fu l’incontro fortuito fra un emigrante e un acquirente di capelli (utili a confezionare le parrucche, allora molto in voga nell’alta società).

 

Giovanna Raina nel suo libro “Vito gramo. Memorie di una storia locale e di costume delle valli Occitane” sostiene che la matrice dei raccoglitori di capelli nasce da quella dei mercanti di stoffe.

 

Inizialmente i “cavié” scambiavano le stoffe con i capelli, poi l’attività diventò una vera e propria ricerca e raccolta della materia prima.

 

Bisognava essere assai abili ed eloquenti per convincere una donna a privarsi della sua capigliatura!

 

Oltre al taglio di capelli e trecce, si raccoglievano anche i “pels dal penche”, i capelli che rimanevano sul pettine o sulla spazzola. Alcuni biglietti da visita conservati nel Museo raccontano in poche parole questa epopea.

 

CESARE RAINA, Human Hair Merchants, import-export

Maison JEAN P. ISAIA, importation exportation-en-gros

Baudino Costanzo – Negoziante di capelli umani – Residente a Parma

Pasero Antonio e Giacomo (I Pajassèt) – Residenti in Alpignano

I fratelli Baudino Bessone in Saluzzo

 

Questa pagina fondamentale della storia di Elva è stata raccontata da Alberto Bersani e Franco Baudino nel libro “Lhi Pelassiers – I raccoglitori di capelli”.

 

“Fondamentale, per l’esercizio del mestiere, la capacità di persuasione. Occorreva quindi un certo stile, che si esprimeva nell’abbigliamento curato e nello charme in qualche modo da seduttore.

 

Importantissimo era sbrogliarsela con la lingua e i dialetti locali, senza i quali non ci sarebbe stata comunicazione ma era altrettanto importante poter dialogare fra pelassiers senza che gli altri comprendessero; da qui la creazione di un gergo impenetrabile il cui apprendimento faceva parte dell’iniziazione dei giovani quando entravano nel mestiere”.

 

Come una testimonianza preziosa, nel libro trascrivono anche una lettera di Pietro Isaia (Peire d’ Maieta) a Caterina Raina, datata 7 gennaio 1967.

 

“Signora Raina Caterina

Vi oh gia risposto alla vostra lettera del 8 corrente e vi o spedito il paco capelli subito stesso giorno discomposati gia da una parte e li altri corenti che cosi fatte piu presto a finirli. Vi o voluto rescrivi questa perche mi fate il conto voi e il peso e come erano di quel punto del lavoro voi sapete perche vi o detto quello che pago la bura e io aspetto la lettera scrivetela subito, i pesate e così vi mando i soldi subito.

Vi saluto caramente.

Isaia Pietro”.

(nato a Elva nel 1890 e residente a Treviso)

 

Un’industria artigianale e una civiltà si sono mosse intorno ai capelli, che arrivavano in grandi sacchi all’ufficio postale di Elva, già assegnati alle famiglie dei lavoranti.

 

È davvero una grande storia, che meriterebbe uno studio approfondito da parte degli storici.

 

Elva un paese che era, scriveva don Ettore Dao.

 

In questa ricchezza umana e sociale, io sono convinto che...

 

Elva, un paese che sarà!

 

Bibliografia

Don Ettore Dao, Elva un paese che era

Alberto Bersani-Franco Baudino, Lhi Pelassiers-I raccoglitori di capelli – Ediz. Chambra d’Oc

Giovanni Raina, Vito gramo. Memorie di una storia locale e di costume delle valli Occitane

 

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Articolo pubblicato il 16/04/2020