Coronavirus in Piemonte. Incremento dei guariti, ma i decessi e i positivi non scendono. Le accuse dei medici ed infermieri alla Regione.

AGGIORNAMENTO DEL 9 APRILE. Icardi:” Non esiste un caso Piemonte, i decessi sono sotto la media nazionale”. Il dato nazionale

Ieri pomeriggio l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte ha comunicato che il Piemonte è entrato nella fase discendete del contagio, anche se la cautela è d’obbligo.

Dai dati forniti dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte risulta che il numero complessivo di pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, è di 732 (119 in più di ieri): 50 in provincia di Alessandria, 41 in provincia di Asti, 39 in provincia di Biella, 81 in provincia di Cuneo,  29 in provincia di Novara, 396 in provincia di Torino, 46 in provincia di Vercelli, 35 nel Verbano-Cusio-Ossola, 15 provenienti da altre regioni.

Altri 834 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo. Tendenza positiva confermata.

Sono invece 68 (3 più di martedì) i decessi di persone positive al test del “Coronavirus Covid-19” comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi, delle ultime 24 ore, di cui 18 al momento registrati nella giornata di ieri. Occorre ricordare che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente dall’Unità di crisi può comprendere anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi covid.

Il totale complessivo è ora di 1.417 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi su base provinciale: 267  ad Alessandria, 72 ad Asti, 96 a Biella, 100 a Cuneo, 145 a Novara, 572 a Torino,  73 a Vercelli, 68 nel Verbano-Cusio-Ossola, 24 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

Sono 13.964  (+530 di martedì) le persone finora risultate positive al “Covid-19” in Piemonte: 2.026 in provincia di Alessandria, 646 in provincia di Asti, 602 in provincia di Biella, 1.232 in provincia di Cuneo, 1.151 in provincia di Novara, 6.622 in provincia di Torino, 685  in provincia di Vercelli, 740 nel Verbano-Cusio-Ossola, 188 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi.

I restanti 72 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 423 in costante riduzione.

I numerosi casi di decessi avvenuti nelle RSA, sui quali stanno indagando i NAS dei Carabinieri e la Magistratura, hanno dato adito a prese di posizioni da parte dell’Ordine dei medici e del sindacato infermieri.  Cittadini e medici  hanno manifestato il loro disappunto sui social  tirando in ballo la regione Piemonte sia per il limitato uso dei tamponi nei conforti della popolazione anziana che per la mancata fornitura di mascherine e dotazioni protettive  per medici ed infermieri.

Poi è risuonata l’accusa a Regione  e Protezione civile per la limitata e tardiva distribuzione dei mezzi protettivi, mentre i privati cittadini e le fondazioni, riescono a rifornirsi in tempi certi.

In sintesi è emerso che qualcosa non funziona nella cabina di regia dell’Unità di Crisi, anche se le responsabilità maggiori le detiene lo  Stato che non ha adottato misure eccezionali pe dare modo alle Regioni di operare con gli approvvigionamenti al di fuori della burocrazia opprimente che tanti guai sta già arrecando alla nostra economia, anche in periodi normali.

Il Nursind chiede che di apra una commissione di inchiesta in Piemonte, in quanto “ ci sono responsabilità politiche e responsabilità tecniche che pesano sulla situazione nella quale oggi si trovano migliaia di operatori sanitari in Piemonte, molti dei quali lasciati letteralmente allo sbaraglio. E’ dovere dello stato tutelare i propri dipendenti e dare loro la possibilità di raccontare ciò che ad ognuno sta accadendo, ravvisandone eventuali responsabilità”.

“Comprendiamo, prosegue il documento “ le difficoltà nella gestione di questa emergenza nella quale infermieri , medici ed operatori sanitari non si stanno di certo tirando indietro, pagando anche in prima persona ma in assenza di tutele per la loro salute, le istituzioni hanno il dovere di fornire loro uno strumento per fare valere le proprie ragioni, indagando sui comportamenti adottati da politica e dirigenza”.

 

“Non comprendiamo ancora, prosegue il Nursind, come sia possibile dopo oltre un mese dall’emergenza che ci siano differenze tra aziende sanitarie regionali e anche tra presidi delle stesse aziende sanitarie in merito all’approvvigionamento dei dpi, dell’esecuzione dei tamponi e nella gestione degli operatori sintomatici e/o in quarantena.

 

E’ evidente la mancanza di una catena di comando o nel caso questa sia presente, di una incapacità dei dirigenti a seguirla. Ai dipendenti va fornita la stessa tutela e garantiti gli stessi diritti in ogni azienda e in agni presidio. Non si possono lasciare soli.

 

L’organizzazione sindacale degli infermieri denuncia che “continuano a pervenire al nostro sindacato segnalazioni di contagi tra i colleghi, non solo dalle aree cosi dette covid ma da qualche giorno anche dalle aree cosi dette pulite che poi tanto pulite non lo sono visto il numero di contagi. Qualcosa non ha funzionato e ancora tutt’ora non funziona.

 

“Forse sarebbe il caso, prosegue la nota sindacale, di mettere in quarantena tutti gli ospedali fornendo a tutti i dipendenti dispositivi adeguati almeno per due tre settimane” Per poi concludere: “Noi del NurSind Piemonte, il sindacato delle professioni infermieristiche, che insieme ai medici stiamo pagando il prezzo più alto in termini di decessi e di ammalati, chiediamo che si apra subito una commissione di inchiesta regionale dichiara Francesco Coppolella, segretario Regionale. Si ascoltino i colleghi, si evidenzino le criticità, si raccolga quanto sta accadendo”.

 

Anche l’Ordine  de medici punta il dito contro l’Unità di crisi. Oltre a ribadire le criticità già evidenziate, precisa “altrove, dove invece è stata posta attenzione al territorio e si è adottata una strategia ad hoc per intercettare fin da subito i contagi e isolare i contatti, fornendo adeguato supporto e dotazioni ai medici territoriali, si è ottenuta una riduzione della pressione sugli ospedali e un differente numero di ricoveri e di decessi”.

 

Per poi aprire un varco su quanto sta succedendo nelle RSA:” Non si sono messe in atto nelle strutture residenziali che ospitano persone fragili e in età avanzata misure rigorose di controllo e di gestione dei casi emergenti, con una non necessaria e prevedibile diffusione del contagio e un incremento, accanto ai ricoveri e alle morti inevitabili, di ricoveri e morti evitabili”.

 

Altro aspetto inquietante sollevato, riguarda la cattiva percezione dell’assenza di indicazioni “Manca un bollettino giornaliero che indichi le scelte strategiche di intervento decise dall’Unità di Crisi sulla base dei rilevamenti epidemiologici, in modo da dare agli operatori in prima linea puntuale indicazione del numero dei ricoveri suddivisi tra intensiva e non, ma anche il tempestivo riscontro del numero di operatori divenuti positivi, sintomatici, asintomatici e di quelli ricoverati, come da noi richiesto lo scorso 18 marzo”.

 

“La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, viziata dall’esecuzione di un numero ridotto di tamponi. Stime della medicina generale – spiegano i medici – ci dicono di moltiplicare almeno per 7 i dati ufficiali”.

 

Infatti, l’attribuzione della diagnosi di morte per Covid è data solo ai deceduti in ospedale, in quanto solo per questi era possibile una diagnosi certa, mancando al conteggio delle morti quelle avvenute a domicilio o in residenza, dove i tamponi non sono stati eseguiti, con conseguente netta sottostima della mortalità.Accuse pesanti e circostanziate che, in serata hanno riscontrato ampia adesione tra gli addetti ai lavori e famigliari di persone colpite dal virus.

 

Tra le righe, le critiche, dalle disfunzioni segnalate conducono alla messa in discussione dei “registi”.

 

Nel pomeriggio di ieri, l’assessore Icardi ha cercato di rispondere ai quesiti, mettendo in evidenza i ritardi e le confusioni operate dal Ministero della Sanità e dal Consiglio superiore di Sanità su Test e cure da adottare, oltre a soffermarsi sulla mancanza di procedure idonee da parte del Governo per superare le procedure burocratiche in materia di approvvigionamenti.

 

Non esiste un caso Piemonte”: è quanto ha dichiarato l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi, nel corso di una video conferenza stampa tenutasi ieri nell’Unità di Crisi della Regione.

Per quanto riguarda l’andamento dei decessi, Icardi ha sostenuto che “siamo nella fase calante della curva, anche se abbiamo ancora la variabile delle case di riposo. Molte sono in condizione di sicurezza in quanto le misure di prevenzione rese obbligatorie sono state applicate bene, altre non le hanno applicate del tutto o hanno visto svilupparsi focolai per casualità. Confortante rispetto alla curva epidemica è invece il numero delle guarigioni”.

In merito all’esplosione di casi in provincia di Alessandria, ha puntualizzato che “le due serate danzanti nella sala da ballo di Sale hanno prodotto in poco tempo migliaia di contagiati perché non avevamo le generalità dei partecipanti, mentre ad Asti avevamo i nomi di tutti quelli che hanno partecipato ai soggiorni ad Alassio e abbiamo potuto eseguire un’indagine epidemiologica corretta. In Veneto hanno avuto piccoli focolai distribuiti su tutto il territorio e più facili da controllare, e lo hanno fatto bene; l’Emilia, Regione prima in Italia per i livelli essenziali di assistenza, ha avuto un focolaio esplosivo che non è riuscita a contenere”.

L’assessore ha poi voluto chiarire la questione dei tamponi: “In Piemonte li facciamo ai sintomatici perché il 27 febbraio il Ministero della Salute ha emanato una circolare che dettava questi criteri, e noi li abbiamo seguiti come ha fatto l’Emilia Romagna. Oggi il numero dei positivi aumenta perché abbiamo potenziato la rete dei laboratori che li eseguono, ma i nuovi casi sono percentualmente meno. Inoltre, fare tamponi a tappeto non esclude che poi dopo pochi giorni le persone risultate negative possano diventare positive”.

Altro aspetto i letti di terapia intensiva: “I posti sono più che raddoppiati, da 287 a quasi 600, con uno sforzo encomiabile della rete ospedaliera di cui dobbiamo andare orgogliosi. Non c’è stato nessuno che non sia stato curato correttamente”.

Icardi è poi ritornato sulla questione dei dispositivi di sicurezza individuali: “Abbiamo creato un centro di acquisti a supporto delle Asl, abbiamo acquistato all’estero dove si è potuto, in quanto molti Stati hanno chiuso le frontiere, consegnato agli ospedali quello che abbiamo acquisito in quanto siamo responsabili del servizio sanitario regionale. Abbiamo fornito mascherine a Rsa, farmacisti, medici di base, protezione civile, forze dell’ordine, avviato gare tramite SCR. Tutto muovendoci in quadro normativo ordinario che non consente alla Pubblica amministrazione i pagamenti in anticipo. Ovviamente, le difficoltà di approvvigionamento sono le stesse per tutte le Regioni”.

Infine, l’assessore ha fatto presente che “la curva dei contagi ha raggiunto il tetto e sta lentamente calando. Noi siamo considerati una coda dell’epidemia lombarda con otto-dieci giorni di ritardo, per cui la nostra curva inizierà a scendere di più fra qualche giorno. Tutte le pandemie hanno un andamento sinusoidale decrescente con riprese periodiche. Sarà così fino a quando avremo il vaccino, che potrà finalmente interrompere il ciclo. Ritornare alla normalità di prima di allora è difficilmente ipotizzabile, ritornare a una normalità disciplinata, con misure come mascherine e distanziamento sociale, mi sembra più fattibile. In ogni caso deciderà il Governo in quanto la Sanità è una competenza concorrente dove l’ordinario spetta alle Regioni e lo straordinario allo Stato.

Per quanto concerne la situazione nazionale, sono complessivamente 95.262 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a martedì di 1.195, quando l'incremento era stato di 880. Per il quinto giorno consecutivo calano ancora i ricoveri in terapia intensiva. Sono 3.693 i pazienti nei reparti, 99 in meno rispetto a martedì. Di questi, 1.257 sono in Lombardia, in calo di 48 rispetto a ieri. Dei 95.262 malati complessivi, 28.485 sono poi ricoverati con sintomi - 233 in meno rispetto a ieri - e 63.084 sono quelli in isolamento domiciliare.

Sono 26.491 le persone guarite in Italia dopo aver contratto il coronavirus, 2.099 in più di ieri. E' l'incremento più alto mai registrato dall'inizio dell'emergenza.

Ieri l'aumento dei guariti era stato di 1.555. Sono 17.669 le vittime dopo aver contratto il coronavirus in Italia, con un aumento rispetto a ieri di 542. Martedì l'aumento era stato di 604. Il dato è stato reso noto dalla Protezione Civile.

Ci sono ad oggi 26.491 guariti, con il nuovo record di 2.099 guariti in più rispetto a ieri. I guariti degli ultimi 10 giorni sono pari al 50 per cento del totale da inizio epidemia.

 

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Articolo pubblicato il 09/04/2020