I Liberaldemocratici sono pronti

Con questo documento di sintesi, i Liberaldemocratici Italiani raccolgono l’invito del Presidente Mattarella a dare ciascuno il proprio contributo per l’uscita dalla crisi

Riceviamo e pubblichiamo il documento trasmessoci dai Liberaldemocratici Italiani

“L’economia non è mai un gioco a somma zero, diversamente da chi sostiene che sia possibile crescere tutti indistintamente e senza che gli uni scontino gli sforzi produttivi degli altri. Nel 1982 la Cina ha raggiunto 1 miliardo di persone e da allora a oggi è passata da un PIL di 450 bilioni circa a 27 trilioni circa di dollari statunitensi. Da allora a oggi, l’economia statunitense è passata da un PIL di 3,5 trilioni circa a 21 trilioni circa; mentre l’economia italiana da un PIL di 650 bilioni circa a 2,5 trilioni circa. Oggi, troppo spesso si stabilisce un rapporto tra le due maggiori economie del mondo, la Cina e gli Usa, ma si tralascia il fatto che dalla prima metà degli anni Novanta l’economia in blocco dei paesi asiatici (cd. new economy) cresce e produce in misura maggiore rispetto all’economia statunitense e soprattutto europea, tanto che al termine degli anni Novanta la fondazione dell’unione monetaria dell’UE si è resa di fatto necessaria al fine di fronteggiare i paesi e i mercati internazionali in così forte crescita ed espansione.

Ora, la crisi da Covid-19 ha portato alla ribalta il pensiero di alcuni economisti legato alla teoria della decrescita. E’ facile infatti pensare che, a seguito di una nuova e più lunga fase di recessione, ci si possa acconciare e quindi accomodare a un pensiero che sostanzialmente propugna in generale una riduzione del fabbisogno energetico produttivo e in particolare una riduzione dei consumi. Ma, si tratta di un pensiero errato, perché la realtà è semplicemente un’altra.

In funzione dell’energia e dell’informazione, sempre crescenti nell’era di internet, rispettivamente il russo Nikolai Kardashev e lo statunitense Carl Sagan hanno strutturato l’evoluzione delle società in quattro diversi tipi. Minore è il consumo di energia e d’informazioni più basso è il tasso di sviluppo di una società. Al ritmo di crescita attuale del PIL medio mondiale, 1,5% su base annua, ipotizzando un non significativo disallineamento tra PIL ed energia o informazione, occorrono meno di cento anni a registrare un altro significativo e decisivo avanzamento, che in realtà è già in atto.

Infatti, già oggi, per essere competitivi, occorre sempre più implementare e utilizzare sistemi di:

·         Advanced and additive manufacturing solution, ovvero sistemi avanzati di produzione che utilizzano materiali automatici e robot o cobot (ovvero robot concepiti per interagire con l’uomo in uno specifico ambiente di lavoro);

·         Realtà aumentata, ovvero sistemi capaci di fornire altre informazioni oltre quelle che sono direttamente accessibili dalla sensibilità umana, mediante dispositivi d’interfaccia uomo/macchina;

·         Industrial internet ovvero un sistema di condivisione e scambio d’informazioni, il più completo possibile, tra tutti gli attori e i beneficiari del/i processo/i produttivo/i;

·         Big Data Analytics ovvero sistemi di banche-dati interconnesse capaci di fornire una prestazione su misura del beneficiario e al beneficiario, garantendo adeguati profili di tutela della privacy e della sicurezza.

Inoltre, come dimostra anche l’esperienza di lotta al Covid-19, strumenti tecnologici come robot, controlli digitali, rilevazioni gps e quant’altro consentono di contenere la diffusione del virus e per contrasto una più rapida ed efficace cura.

In definitiva, con la fine dell’emergenza, dovremmo pensare all’opportunità di una riconversione dell’intera nostra economia favorendo i processi in corso di sviluppo scientifico e tecnologico. Al contrario di quanto avvenuto nel nostro paese negli ultimi venticinque anni e in particolare negli ultimi dieci allorquando registriamo un taglio al 37% circa della spesa pubblica per investimenti, da circa 54 miliardi (3% del PIL) nel 2009 ai circa 20 miliardi nel 2019 (1% del PIL). E quindi, quando bisognava fare di più in ordine alle nuove strategie di politica industriale operate su scala globale, noi abbiamo fatto l’esatto contrario. Ora, non abbiamo e non potremo avere più scuse.

Sul piano più prettamente politico, non c’è dubbio che, anche prima della crisi del Covid-19, i mutati scenari di economia e politica internazionale costringevano l’Unione Europea e noi cittadini a una svolta politica seria e non più procrastinabile. La discussione sulla realizzazione del progetto europeo è infatti durata troppo a lungo e ha finito, con l’inizio della crisi del debito pubblico e soprattutto nell’ultimo quinquennio, con il creare crepe e divisioni sempre più ampie. Da nord, con i governi “rigoristi dell’euro”, a sud, con i governi di Grecia e Italia in particolare; da est, con i paesi del “patto di Visegrad” a ovest, e in estrema sintesi: con i paesi di Germania e Francia a fare sempre da guida e traino a tutti gli altri.

E tuttavia: a inizio 2002, il PIL della Germania era stimato intorno ai 2,5 e oggi è pari a circa 4,5 trilioni di dollari statunitensi. Il PIL della Francia all’inizio del periodo in esame è risultato praticamente pari a quello dell’Italia, e cioè 1,7, per approdare oggi a circa 3 trilioni di dollari statunitensi. Ciò significa che in termini di PIL e a parità di potere d’acquisto (PPP), l’economia tedesca e quella francese sono cresciute negli anni dell’euro di un tasso pari all’80% circa, mentre l’economia italiana – che rimane comunque la terza economia dell’UE – di un tasso pari al 50% circa. Nello stesso periodo la crescita del PIL della Cina è stata pari a un tasso del 600% circa, mentre quella statunitense a un tasso del 100% circa. Per il nostro paese, al dato di bassa crescita si aggiunge purtroppo anche quello di un esagerato incremento del debito pubblico: oggi 2.400 miliardi di euro circa pari al 135% del PIL e a fronte di un dato al 2002 pari al 105% circa del PIL di allora. In definitiva, nell’arco degli ultimi 18 anni: bassa crescita (+ 0,5) e alto incremento del debito (+ 0,285).

L’emergenza da Covid-19 determinerà senz’altro un ulteriore ritardo o perfino uno stop nell’attuazione del Progetto comune europeo, che richiede senz’altro un piano militare che ci sottragga definitivamente alla morsa di Cina e Usa, ma innanzitutto un piano di rafforzamento e completamento dell’unione bancaria, prodromica all’attuazione di politiche fiscali comuni.

A fronte della crisi da Covid-19, la BCE ha annunciato un piano di acquisti per 750 miliardi di euro (quantitative easing). E’ da notare che la cifra sia sostanzialmente pari all’importo di finanziamento stanziato nel settennato precedente, pari a 956,9 miliardi ma comprensivo del finanziamento da parte della Gran Bretagna. Inoltre, è bene evidenziare come l’accordo appena raggiunto per il settennato prossimo (2021-2027), continua a prevedere una forma di finanziamento da parte di di tutti i paesi membri in misura pari all’1% del corrispondente PIL annuale.

La cifra di 750 miliardi di euro è sostanzialmente pari, in termini di stima, al 6,3% del PIL dell’Unione, ma è evidente che, in termini di finanziamento della spesa comune, le cifre sono da rivedere e in sintesi richiederebbero un impegno senz’altro superiore all’1% programmato. Inoltre, si consideri anche che la stessa Fed ha annunciato un piano di acquisti di 700 miliardi di dollari, e quindi perfettamente in linea con il piano dell’Ue (al tasso attuale di cambio che vede il dollaro a 0,94 rispetto all’euro); mentre è di ieri la notizia di un piano di sostegno del governo Usa all’economia del paese, approvato dal Congresso, per un impegno di spesa dia 2.000 miliardi di dollari.

Pertanto, è chiaro che in un’economia di emergenza, così grave come neanche ai tempi della crisi dei mutui subprime e secondo molti perfino la più grave dal secondo dopoguerra, non ci sono alternative all’adozione sia di un piano di spesa sostanzioso, in deficit, che oltrepassi la regola europea del 3% sia di un piano vigoroso di riduzione delle tasse, valutando ad esempio l’opportunità di un regime fiscale quale quello della flat tax. Ciò detto, al momento è sbagliato fare altre considerazioni e previsioni. Siamo senz’altro di fronte a uno scenario di recessione, dagli effetti imprevedibili.

Sulla base di queste brevi considerazioni, i Liberaldemocratici Italiani dichiarano di essere pronti a dare il proprio contributo per l’uscita dalla crisi.”

Angelo Giubileo – Liberaldemocratici Italiani

 

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Articolo pubblicato il 27/03/2020