La tempesta del dubbio, ovvero le riflessioni “fuori dal coro” di una testa pensante

Civico20News pubblica l’articolo inviatoci dal Professor Elio Ambrogio

Se cerchiamo di alzare il capo dalla conta dei morti e l’orecchio dall’ascolto di “esperti televisivi” che riescono a contraddirsi a giorni alterni, potremo fermarci e riflettere sull’accavallarsi di avvenimenti eccezionali e  di provvedimenti governativi che stanno stravolgendo le nostre vite.

La gravità della situazione è  evidente, alla stregua delle carenze riscontrare nella carrellata del degrado , al pari della fragilità del nostro Stato centrale sino all’opacità delle ordinanze e decreti emessi. Il tutto contrassegnato  da evidente, e forse calcolata drammaticità.

Ospitiamo una lucido e coerente analisi, “fuori dal coro” inviataci dal Professor Elio Ambrogio, già noto ai lettori di Civico20News che non mancherà di farci riflettere.

Ognuno, rispetto alla  propria sensibilità non potrà che porsi non pochi “Perchè”.

Lasciamo ai lettori le conclusioni

“Gentile direttore,

ancora una volta le chiedo ospitalità per esprimere alcune opinioni, questa volta sulla situazione che ci costringe a vivere il virus sconosciuto che ha invaso le nostre esistenze.

O meglio, non tanto sul virus di cui so praticamente nulla, cioè appena un po’ meno degli scienziati che burioneggiano sui mezzi di comunicazione, bensì sulle drammatiche conseguenze che la bestiola (un cieco agglomerato di proteine che cerca solo di riprodursi selvaggiamente a danno degli uomini) ha prodotto nella nostra vita sociale, che invece dovrebbe essere la razionale costruzione delle nostre menti e delle nostre azioni.

Un numero crescente di studiosi -a titolo di esempio vale la pena di citare un maestro del diritto come Ugo Mattei e un filosofo come Giorgio Agamben- stanno mettendo in guardia contro il “biofascismo” strisciante che minaccia di distruggere la nostra democrazia e lo stato di diritto, così come si sono venuti formando negli ultimi secoli. Non si contesta tanto l’emergenza, sulla cui natura e dimensioni peraltro molti sollevano dubbi, ma solo le modalità con cui viene gestita. Sembra quasi che i governi attendessero questa occasione per proclamare lo “stato di eccezione” teorizzato da Carl Schmitt per dimostrare le loro potenzialità autoritarie. Probabilmente non è il caso di abbandonarsi al complottismo, anche se alcune coincidenze sono molto sospette (si veda solo l’inquietante simulazione del John Hopkins Center for Health Security insieme al World Economic Forum e alla Bill and Melinda Gates Foundation nell’ottobre scorso), ma è importante piuttosto notare come lo stato di eccezione si è applicato nel nostro paese. Tutto il nostro sistema giuridico, frutto di lunghissima elaborazione concettuale, è stato sconvolto, non si sa se per la fretta di dimostrare un qualche decisionismo  ad uso televisivo, per ignoranza e superficialità, oppure per un deliberato disegno.

Chiediamoci se sia possibile andare a limitare in via generale la libertà di circolazione di una intera nazione, libertà garantita dall’art.16 della Costituzione, con atti puramente amministrativi delle regioni (ordinanze) o del Governo (dpcm) sulla base di un decreto legge del 23 febbraio che riguarda solo determinate zone del territorio nazionale e non contempla l’estensione delle misure restrittive a tutta l’Italia. Non era costituzionalmente legittimo emanare un nuovo decreto legge che istituisse questa estensione? Quali  conseguenze giuridiche, in termini di invalidità di una miriade di provvedimenti, potrà provocare in tempi brevi questa superficialità normativa?

Un piccolo ma significativo prodotto di tutto ciò è il modulo di autocertificazione distribuito alle forze dell’ordine e ai cittadini che dovranno dichiarare di conoscere un groviglio di norme che in realtà non conoscono: ve la vedete la vecchietta ottantenne che, fermata mentre va a comprare il latte, dichiara di conoscere il “combinato disposto” di due dpcm, di un decreto legge, nonché dell’art. 495 e 650 del codice penale? E se dichiarasse di conoscerle, come richiesto, non commette ipso facto il reato di falso?

E poi, essendo la dichiarazione resa ai sensi dell’art. 495 del codice penale, che la prevede solo per l’ “identità o lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona”, può avere validità quando si dichiarano cose completamente diverse come esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute, o comunque azioni che si intende fare o che si sono fatte? Alcuni giuristi, come Giovanni Maria Flick, hanno espresso forti dubbi. Quelle dichiarazioni sono dunque carta straccia che non reggerà il vaglio dell’autorità giudiziaria? E’ probabile.

La fretta di far vedere che si fa qualcosa ha cioè partorito mostricciattoli giuridici su cui tutti sorvolano per paura di apparire complici del virus. Eppure era semplice emanare provvedimenti corretti ed efficaci con un po’ di intelligenza.

Ma non è certo questo il problema più grave. Ce ne sono almeno tre di dimensioni ben maggiori, potenzialmente catastrofici: gli effetti sull’economia, gli effetti su una democrazia basata sullo stato di diritto, gli effetti sulla psicologia collettiva.

Gli effetti economici sono sotto gli occhi di tutti e sulla pelle di milioni di italiani. La chiusura forzata e immediata di tante attività produttive sprofonderà il paese in una crisi irreversibile: la demoltiplicazione del reddito sarà tremenda ed è assai dubbio che i frettolosi provvedimenti del governo italiano (ma anche degli altri governi esteri) avranno esiti positivi. E poi perché in mezzo alla serrata generale delle attività produttive si sono lasciate aperte le borse facendole tracollare? Anche qui i complottisti hanno gioco facilissimo.

Ma veniamo agli altri due punti, peraltro strettamente legati.

Sono entrate nella nostra mente collettiva alcune idee che sino a poche settimane fa ci apparivano quantomeno insostenibili, e con una facilità sconvolgente: l’idea che la scienza non possa sbagliare e che abbia il diritto di prevaricare sulla politica col consenso supino di quest’ultima; l’idea che i mezzi di comunicazione debbano supportare perinde ac cadaver e con gran trasporto questa concezione; l’idea implicita che chi non condivide tutto ciò sia un individuo in bilico tra irresponsabilità, follia, crimine; l’idea che gli amministratori locali possano decidere provvedimenti che solo in via assolutamente eccezionale sono talvolta deferiti al potere legislativo (totalmente assente in questi giorni) o ai governi centrali; l’idea che tutto ciò possa proseguire a tempo indeterminato.

La cosa che più sconvolge però è la facilità con cui tutto questo è successo, l’assoluta arrendevolezza della politica e della mentalità collettiva a cose che solo poco tempo fa avrebbero provocato una rivoluzione. I divieti governativi e locali devono essere rispettati perché l’alternativa è un processo penale. Ma è stupefacente come nel dibattito collettivo –l’”esercizio della ragione pubblica”, per usare la bella espressione di Rawls- non si siano sentite voci alternative, se non nelle nicchie sotterranee della Rete. Non è l’obbligo di stare in casa che sconvolge, ma il fatto che nessuno lo discuta, o ne discuta, e tutto appaia perfettamente normale.

Evidentemente anche la sinistra libertaria, protestataria e pensosa che fino a qualche settimana fa smaniava  contro il pericolo fascista, e oggi si trova di fronte a una vera possibile dittatura, sta responsabilmente chiusa in casa a giocare a carte coi nonni...

La paura è che questa prova generale di controllo sociale, se ben riuscita (e sembra che stia riuscendo bene), apra la porta a inquietanti esperienze future, verso uno stato orwelliano che è sempre più alle porte. D’altra parte, la bulimia del potere, di ogni potere, è cosa ben nota da sempre. Stupisce che in un mondo dove tutti si proclamano liberali pochissimi ne parlino”.

 

 

 

Elio AMBROGIO

20 marzo 2020

 

 

 

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Articolo pubblicato il 22/03/2020