Io non canto dal balcone. Io m’incazzo! Di Domenico Bonvegna

L’altra sera mi ha colpito la drammatica testimonianza del direttore generale dell’Asst di Bergamo Ovest dell’Ospedale di Treviglio Peter Assembergs, ospite nella trasmissione di Paolo Del Debbio, “Dritto e Rovescio” su rete 4. Il dottore ha raccontato numeri alla mano la gravità della situazione dell’emergenza Coronavirus.

L’intervista la riprendo dal giornale online “primatreviglio.it”“Abbiamo 220 pazienti Coronavirus, di cui 45 pazienti ventilati o in Terapia intensiva” spiega. Uno sforzo immane, per un reparto che normalmente non con conta che una quindicina di posti, tra intensivi e sub-intensivi. L’ingolfamento del sistema regionale ha fatto il resto.

 

“Siamo passati da 9 a 75 morti in una settimana per Coronavirus” ha detto il dg Assembergs, snocciolando uno dei dati più incredibili di questa emergenza. Una situazione già emersa chiaramente anche settimana scorsa, quando la stessa rete delle imprese funebri è andata in crisi. A Bergamo sono decine le bare allineate una accanto all’altra nella chiesa di Ognissanti, al cimitero. Centinaia, in città, i morti.

 

Spesso l’ultimo saluto lo danno medici e infermieri”. Drammatica l’ultima immagine evocata da Assembergs. “Spesso sono i nostri medici e pazienti che devono dare l’ultimo saluto ai pazienti. A volte il peggioramento è talmente repentino che non abbiamo nemmeno il tempo per questo addio. Ormai, da tempo, in Bergamasca non si canta più dai balconi, si resta in silenzio” ha concluso Assembergs.

Pertanto a fronte di questa situazione come si fa a tollerare, tra l’altro, dando ampio spazio mediatico ai vari canti, strilli, balli dai balconi con tanto di drappo arcobaleno con la scritta “andràtuttobene”, ma andatelo a dire ai parenti dei morti che andrà tutto bene.

Mi rendo conto che ognuno a modo suo, in buona fede, cerca di esorcizzare il virus. Certo per quanto mi riguarda preferisco il sacerdote, il sindaco, o il vescovo che in solitudine prega la Madonna perché liberi il popolo dal flagello epidemico. A questo proposito ricordo il Rosario per S. Giuseppe, indetto dalla Cei per tutte le famiglie italiane.

Sembra che in Italia non sappiamo che sfornare uno dopo l’altro tormentoni di hastag: ”abbracciamo il cinese”, “restiamouniti”, “Milanononsiferma”, poi “iorestoacasa”, ora l’ultimo,“andràtuttobene”. Se dobbiamo ricordarci di qualcosa è sicuramente quello di ringraziare i medici e gli infermieri che si stanno letteralmente massacrando negli ospedali per salvare più gente possibile. Ecco quando finirà tutta questa tragedia è a loro che bisogna dargli un giusto riconoscimento anche economico.

Già sento le voci, non bisogna fare polemiche in questo momento, anzi come dice Conte, è una follia fare polemica in questo momento. E’ un mantra che vanno ripetendo i politici, in particolare quelli del Governo, e lo ripetono pure i vari tg. E’ il momento di fare squadra, ripetono, anche l’opposizione sembra che si sia adeguata.

Non così il giornalista Nicola Porro che dissente energicamente, da questo orientamento unico, “Siamo il paese che in questo momento conta più morti al mondo, gli ospedali sono al collasso: sarà lecito fare polemica? Sarà lecito avere dei dubbi e fare domande?”. Concordo pienamente con Porro, non accetto questa melassa che si va diffondendo.

Pertanto questo «forzoso unanimismo che ricorda le “unioni sacre” alla vigilia della I Guerra Mondiale, quando finirà? Quando potremo dire, senza essere accusati di disfattismo, che il comportamento del Governo è stato, ed è, una galleria degli orrori?», se lo chiede l’amico Alfonso Indelicato, in un editoriale su IlNuovoarengario.it

Non chiamateci irresponsabili perché osiamo scrivere queste cose. Che l’Italia conti il maggior numero di contagiati e di morti al mondo dopo la Cina e prima della Corea (!) non è un’opinione, ma è appunto un fatto, un nudo e crudo e sonante fatto che resiste ad ogni scusante, ad ogni giustificazionismo di maniera, ad ogni interpretazione capziosa delle modalità altrui di contare le proprie vittime.

Sono stati commessi errori decisivi e inemendabili, nei primi giorni del contagio. Ora hanno chiuso le frontiere, ma bisognava farlo prima. In Sicilia c’è un proverbio che dice: prima hanno rubato a Sant’Agata e poi hanno messo i cancelli”. 

Quanto tempo è stato perso, ad esempio, per vituperare il presunto razzismo degli italiani nei confronti degli amici cinesi … Non era razzismo naturalmente, ma solo l’elementare prudenza del buon padre di famiglia.

Poi la situazione è precipitata, e ora negli ospedali si arriva ad attuare una spietata selezione fra chi ha diritto alla ventilazione e chi no, per motivi di età o di condizioni cliniche. Una selezione non voluta da un novello dottor Mengele, ma più semplicemente dalla penuria della strumentazione medicale della sanità devastata dai tagli di spesa imposti da questa Europa di cui l’attuale governo è figlio legittimo.

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Articolo pubblicato il 19/03/2020