Stradario torinese: via Fratelli Carle

La travagliata intitolazione della via ai fratelli Antonio e Giuseppe Carle in uno spiritoso articolo di Aldo Farinelli pubblicato da «Stampa Sera» nel 1940

Abbiamo narrato come la via Rivalta di Torino sia stata nel tempo sottoposta a un progressivo spezzettamento, con intestazione di suoi tratti a personaggi torinesi come Rodolfo Renier e i Fratelli Carle e, più di recente, al partigiano monregalese Enrico Martini Mauri.

L’intitolazione del tratto di via ai questi fratelli risulta particolarmente travagliata come ci narra Aldo Farinelli in uno suo spiritoso articolo pubblicato nella Cronaca di «Stampa Sera» di venerdì 19 aprile 1940, con l’occhiello «Una via sconosciuta all’anagrafe…», il titolo «Rivalta, Antonio Carle o fratelli Carle?» e il sommario «Pregi (pochi) e difetti (molti) del cambio ai nomi delle strade».

Leggiamo:

Il piccolo dramma di via Rivalta. Dramma istruttivo, che val la pena di ricordare a titolo esemplificativo, perché i bravi scolari imparino che i beni della Terra sono caduchi, e dell’avvenire non convien fare soverchia fidanza…

 

Un nome onorato

Via Rivalta aveva un nome onorato: breve, limpido, mnemonico, scorrevole, con un non so che di primaverile. Non sarà stato un nome onusto di memorie patrie, ma serviva allo scopo, tanto più che in venti anni di onesta carriera, durante i quali la via che lo portava era passata dal rango di viottolo campestre a quello di urbanissima strada ricca di palazzi e ville e decorose case, e non priva d’uffici, di studi professionali; di esercizi commerciali e d’industrie, il bel nome aveva finalmente cominciato a scuotere l’agnosticismo dei concittadini,, a farsi un posto nella memoria dei tassisti, dei civici, dei tramvieri, dei postini, e anche dei semplici mortali.

Un primo attentato lo subì, via Rivalta, anni or sono, quando l’ampliamento del Mauriziano le divorò il primo tratto, e l’ultimo, a monte di corso Racconigi, prese il nome di via Renier. Ma allora le linfe della giovinezza le salvarono il tratto intermedio, il più importante: la numerazione si assestò sulle nuove basi, i nuovi edifici che sorsero ai suoi lati trovarono il fatto compiuto.

Ma era destino che questa via dovesse servire alle esercitazioni toponomastiche del competente ufficio municipale: e l’attentato odierno è ben più grave ora che nuovi legittimi interessi si son radicati attorno al nome. Un giorno infatti, qualche settimana fa, gli abitanti di via Rivalta si svegliarono sconosciuti all’anagrafe: una diligente mano di tinta aveva imbiancate tutte le targhette, nel tratto da corso Re Umberto a corso Castelfidardo [oggi Mediterraneo, N.d.A.]. Che storia è questa? Il mistero fu chiarito dopo qualche giorno, quando i maestri del civico pennello dipinsero sulle bianche tabelle l’indicazione «via Antonio Carle, chirurgo». Vollero i fati però che non fosse vero niente. Passano cinque o sei giorni, ed ecco il corpo dei pittori nuovamente all’opera. Le tabelle tornano imbiancate, e restano anonime per una settimana. Infine, con gran giubilo degli indigeni, ecco ricomparire il perduto bene: un bel mattino torna a rifulgere, su tutti i crocicchi, scintillante di vernice nuova, l’antico nome «via Rivalta».

E Rivalta sia! commentano gli abitanti, precipitandosi dal cartolaio, In tipografia, all’anagrafe, al RACI. al Distretto Militare, per stornare gli ordini dei biglietti da visita, delle nuove carte intestate (evviva l’autarchia!), per sospendere la variazione sui documenti di circolazione automobilistica e sul foglio matricolare degli Ufficiali in congedo. Il controvapore - data la brevità dell’intermezzo - è tempestivo, e la popolazione s’illude di aver finalmente ritrovato pace.

Ma non si apprende ora che il ripristino di «via Rivalta» è provvisorio, in attesa delle competenti misure perché-la nuova denominazione di «Antonio Carle» venga tramutata in quella di «via Fratelli Carle?».

Eccellente ragione

Un professionista locale ha osservato che persino agli impiccati una consuetudine di umanità vuole che, se si rompe la corda o se l’esecuzione viene comunque sospesa, la pena sia commutata, perché non è lecito far morire un individuo due volte dopo avergli ridata l’illusione della vita - e che perciò, allo stato degli atti, qualunque altra via vecchia o nuova (possibilmente nuovissima) di Torino appare più adatta che via Rivalta per fregiarsi del nome dei Fratelli Carle, dato altresì che la pluralità famigliare della denominazione fa cadere la ragione della prossimità con l’Ospedale Mauriziano, che aveva consigliata la scelta di via Rivalta per ricordare il noto chirurgo.

Eccellente e suggestiva ragione, cui però va aggiunta, una considerazione di carattere generale: il cambio di nome alle vie, ch’è sempre un’arma a doppio taglio, da maneggiarsi con tutta prudenza e solo in casi eccezionali, per far luogo a nomi di prima importanza — offre sempre un notevole bilancio passivo per i residenti e per i cittadini tutti, passivo che non va aggravato con l’errore del mutare solo il primo tratto della via, dove comincia la numerazione. Infatti il secondo tratto dal nome superstite, o conserva l’antica numerazione, disorientando le ricerche di recapito con l’irrazionale inizio da una coppia di numeri alti - o riparte da zero cambiando tutti i numeri, e viene ad usurpare l’identificazione già spettante agli edifici del tratto mutato, che per lunghi anni si conserva nelle abitudini correnti: crea cioè una serie di duplicati ed una grande confusione.

Perché il guaio sia circoscritto alla metà, e non all’intera via, la logica suggerisce dunque che - se proprio non si può fare a meno di far largo al nome nuovo - la variazione sia apportata al tratto finale, e non a quello iniziale dell’unica via preesistente. Di quello sarà così possibile - con un globale unico disturbo per i residenti - modificare eventualmente, col nome, anche la numerazione; e questo rimarrà inalterato di nome e di numeri.

Ma come è più semplice lo «statu quo!».

Aldo Farinelli

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Articolo pubblicato il 14/03/2020