Cioccopassione, la tradizione piemontese del cioccolato sulle colline del Monferrato astigiano

Di Paolo Barosso

Nel territorio dell’antico comune monferrino di Incisa, ribattezzato nel 1863 Incisa Belbo e poi Incisa Scapaccino dal 1928, opera da tempo con successo l’azienda Cioccopassione, fabbrica leader nella produzione di cioccolato e uova di Pasqua artigianali che affonda le proprie radici nel poco distante paese di Fontanile.

Gli attuali titolari dell’azienda raccolgono infatti l’eredità del nonno, Mario Goslino, che nel 1950 aveva fondato a Fontanile, caratteristico borgo di sommità circondato da vigne e noccioleti, la “ditta Goslino”, specializzandosi nella produzione di boeri e nella lavorazione artigianale delle uova di Pasqua. Benché il ventaglio di specialità sia stato negli anni notevolmente ampliato, anche oggi, come ci evidenzia il titolare Francesco Pagliano, l’azienda Cioccopassione vanta un suo punto di forza nella preparazione delle uova pasquali di cioccolato.

Le origini di questa tipologia di prodotto sono incerte e dibattute, ma, secondo quanto scrive Mario Marsero in “Dolci delizie subalpine”, la consuetudine dell’uovo di Pasqua si affermò nel gusto dell’alta società torinese tra fine Ottocento e primo Novecento grazie a un gruppo di maestri cioccolatieri. Fra questi spicca la figura della mitica Madama Giambone che dichiarava di produrre le uova di cioccolato allevando a cacao le galline giganti tenute nel retrobottega!

Inizialmente la lavorazione delle uova avveniva a mano, avvalendosi di stampi metallici a forma di mezzo guscio, con le due parti che venivano poi congiunte fondendole con altro cioccolato. Seguiva la decorazione dell’esterno, con cioccolato e zucchero, tecnica in cui la scuola piemontese raggiunse ineguagliati livelli di maestria. Il sistema si perfezionò nel 1920 con l’introduzione di una macchina, brevettata dalla torinese “Casa Sartorio”, che, racchiudendo i due stampi a cerniera, compiva movimenti di rotazione e rivoluzione favorendo una distensione uniforme della pasta lungo la superficie interna.

I boeri, conosciuti nella tradizione piemontese anche come “preferiti”, si presentano invece come delicate praline di cioccolato con una ciliegia sotto spirito racchiusa all’interno: l’ipotesi più accreditata consacra come inventore della specialità un chocolatier svizzero, Émile Gerbeaud, nato nel 1854 a Carouge, oggi sobborgo ginevrino, ma sino al 1816 comune sabaudo, progettato dagli architetti di corte ad immagine e somiglianza dell’allora capitale, Torino. Gerbeaud deve la propria fama all’Ungheria, dove si trasferì nel 1884 mettendosi in società con Henrik Kugler, già fondatore a Budapest di un laboratorio di pasticceria che, a seguito dell’avvicendamento nella gestione, venne poi ribattezzato “Café Gerbeaud”, nome che tuttora conserva. Tra le specialità create dal cioccolatiere svizzero, se ne annovera una chiamata “Gerbeaud bonbon”, un particolare tipo di pralina ripiena di cognac e amarena, considerata l’archetipo dei nostri “boeri”. Non è chiaro come la specialità di Gerbeaud sia giunta nel Nord Italia e come assunse il nome di “boero” (forse per il colore rosso acceso della carta usata per avvolgerla, evocante la sgargiante casacca dei soldati boeri sudafricani), però questo tipo di pralina ebbe rapidamente successo, affermandosi soprattutto in Piemonte e in alcune province lombarde.   

In tempi recenti l’azienda Cioccopassione ha potenziato l’offerta di prodotti, estendendola a molte delle specialità rappresentative della scuola cioccolatiera piemontese, fra cui le creme spalmabili (Gianduia, Bitter fondente e nocciole, Nocciolatte a base di nocciole Piemonte Igp e latte, Pistacchio), le dragées, frutta secca al cioccolato, la linea di tavolette, che creano connubi classici e innovativi tra cioccolato, frutta secca e spezie (zenzero, nocciola, peperoncino, cannella, pistacchio), i canditi, morbida frutta candita con zucchero di canna abbinata al migliore cioccolato fondente 60%, le praline ripiene, i cremini tagliati a mano, i tartufi, ottenuti dall’impasto di cacao e granella di nocciola Tonda Gentile, e infine gli immancabili gianduiotti, simbolo della tradizione piemontese.

Questi ultimi, i popolari cioccolatini a forma di barchetta rovesciata in origine chiamati “Givo” (maggiolino o mozzicone di sigaretta in piemontese), derivano dall’invenzione del “cioccolato Gianduia”, che secondo la tradizione nacque nel periodo napoleonico, quando l’embargo sui prodotti industriali e coloniali britannici, imposto tra il 1806 e il 1813, aveva fatto salire a dismisura il costo del cacao in grani, costringendo i cicolaté piemontesi a trovare un’alternativa.

L’escamotage fu di aggiungere alla pasta di cacao e allo zucchero una percentuale di nocciole piemontesi, tostate e macinate finemente. Ufficialmente l’inventore di questo tipo di cioccolato, battezzato “Gianduia” nel 1867, fu però Michele Prochet, cioccolatiere con laboratorio in piazza San Carlo, che nel 1878 si unì alla ditta di Paul-Ernest Caffarel, registrando a nome della fabbrica Caffarel-Prochet il marchio “Gianduia 1865”.  

Ricordiamo infine, per evidenziare il connubio perfetto realizzato dall’azienda Cioccopassione tra il rigoroso rispetto della tradizione e la capacità di ricerca e innovazione, la linea “Cioccoelle” senza zuccheri aggiunti, che include creme spalmabili, tavolette e uova di Pasqua e che si caratterizza per l’impiego dell’eritritolo, un dolcificante naturale. 

Paolo Barosso

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Articolo pubblicato il 29/02/2020