Coronavirus. La peste manzoniana era altra cosa!

L’ignoranza e la demagogia primeggiano in TV e non solo

Il vissuto e l’espresso del nostro presidente del consiglio pro tempore, Giuseppì Conte, per come ha trattato il  coronavirus somiglia inevitabilmente al don Ferrante dei  Promessi Sposi che  negava l’arrivo della peste per poi soccombere (e non è detta l’ultima parola, almeno sotto il profilo politico).

Così il fantomatico Conte, supportato dal potentino ministro della Salute, ha sostenuto per giorni che il contagio era sotto controllo, per poi assumere le decisioni sbagliate e farci primeggiare, anche in questo frangente, come  l’isola infetta d’Europa.

Ma la farsa italiana, anche al di fuori dell’alveo governativo, almeno sotto il profilo della cialtroneria in versione politica, non conosce limiti.

Il programma “otto e mezzo” di qualche sera fa ha costituito una prova, l’ultima di una lunga serie, di come la Sinistra cerca di utilizzare eventi piccoli e grandi per tirare acqua al proprio mulino politico. Solo che  questa volta il gioco non è riuscito.

Lilli Gruber ha cercato più volte di indirizzare l’ospite Fabrizio Pregliasco sulla strada della polemica antisalviniana, spalleggiata dal tristissimo  Antonio Padellaro, ma il direttore sanitario del Galeazzi non è caduto nella trappola, ogni volta riportando la discussione sul proprio terreno, quello dei fatti e delle previsione caute e ragionevoli illuminate dalla profonda competenza nel campo epidemiologico e dell’organizzazione sanitaria.

L’accusa (ma diremmo meglio: il consueto processo alle intenzioni) a Salvini era, in sostanza, quella di approfittare della generale paura del contagio per sostenere la propria politica anti immigrazionistica.

Accusa particolarmente grave, perché un’operazione simile sarebbe, più che disinvolta, spregevole.

Padellaro ha anche fatto ricorso alle proprie reminiscenze scolastiche citando gli “untori” manzoniani. Ha cioè proposto  l’equazione fra questi ultimi, ingiustamente accusati di diffondere la pestilenza, e gli immigrati oggi altrettanto ingiustamente accusati di diffondere il coronavirus e pertanto discriminati.

Peccato che il romanzo manzoniano offra ben altri spunti di riflessione, naturalmente dimenticati dai sinistri opinion leader. Manzoni si sofferma sull’atteggiamento di fronte al fenomeno delle pubbliche autorità, in tutt’altre faccende affaccendate e favorite, nel loro disimpegno, da meccanismi psicologici di massa descritti magistralmente.

 

In sostanza la popolazione milanese del ‘600 non crede che vi sia la peste perché non vuole crederlo, pertanto si auto-illude che il morbo che sta circolando sia qualcosa di lieve o comunque di meno grave. E così l’inerzia delle autorità sommata all’incapacità delle persone di guardare la realtà negli occhi, genera quella sottovalutazione e quella lentezza nel prendere provvedimenti che favorirà lo scatenarsi del morbo.

Salvini propone oggi un serrato controllo alle frontiere e sugli sbarchi, quegli sbarchi che con l’attuale governo si sono moltiplicati. E ha posto un tema che altri tacevano: considerate le condizioni della sanità in Africa e la notoria presenza di milioni di cinesi nel continente, è assolutamente irragionevole illudersi che sui barconi o sulle navi delle ONG non vi saranno soggetti contagiati. Ci toccherà, in nome dell’accoglienza e della condivisione, condividere anche il coronavirus?

Attendiamo le sorprese che il fantomatico ministro ci riserverà.

Forse nella drammaticità del momento è preferibile riflettere, anziché piangere. Chissà se l’accostamento di Padellaro non si riferisse in modo un po’ contorto, proprio al presidente del consiglio?

 

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Articolo pubblicato il 25/02/2020