La via «3 Gennaio», a Torino

Nella toponomastica della nostra città è esistita una via dedicata alla data del 3 gennaio 1925, quella del discorso di Benito Mussolini, presidente del Consiglio dei ministri, alla Camera dei deputati del Regno d’Italia

Prima di descrivere la location torinese della via “3 Gennaio”, occorre chiarire che il discorso di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925 (detto anche discorso sul delitto Matteotti) è stato da lui pronunciato come presidente del Consiglio dei ministri alla Camera dei deputati del Regno d’Italia nella mattina di quel giorno.

Il discorso in Parlamento di Giacomo Matteotti del 30 maggio 1924 sui brogli elettorali aveva creato grande disagio al governo Mussolini. Il successivo omicidio del parlamentare fu attribuito dalle opposizioni e da parte della stampa indipendente e opinione pubblica alla diretta o comunque connivente responsabilità dei vertici del fascismo. Le opposizioni parlamentari, impossibilitate a discutere del fatto nella sede istituzionale, per la chiusura del Parlamento “sine die” decisa dal Presidente della camera Alfredo Rocco decisero di abbandonare i lavori parlamentari. Mussolini cercò di superare l’impasse in un discorso, tenuto il 3 gennaio 1925, con cui, assumendosi la responsabilità “morale” e non materiale dell’omicidio, tentò di chiudere la questione e risolvere la posizione difficile in cui si era venuto a trovare il Partito fascista.

Quest’intento ebbe esito positivo per il corredo di minaccia che aveva la sfida all’opposizione a presentare l’atto di accusa: le parole “nelle quarantott’ore successive a questo mio discorso, la situazione sarà chiarita su tutta l’area” furono seguite dalla circolare di Luigi Federzoni ai prefetti, che dispose drastiche limitazioni alla libertà di stampa e la chiusura di tutti i circoli dei partiti di opposizione in tutto il Paese. […]

La spavalda oratoria di Mussolini si cumulò all'incapacità dell'opposizione a reagire, nel decretare il successo della spregiudicata manovra politica sottesa al discorso. Gli aventinisti, sia per la paura di ritorsioni sia per i forti frazionismi interni, si attestarono nella sterile testimonianza. Conseguenze del discorso furono successivi atti formali che portarono, come atto finale della secessione dell'Aventino, alla decadenza del mandato parlamentare per le opposizioni e alla graduale delegittimazione e annullamento delle funzioni democratiche del Parlamento.

Nel 1938 il discorso venne commemorato al Teatro Adriano dal poeta, scrittore e drammaturgo e membro dell'Accademia d'Italia Filippo Tommaso Marinetti. (fonte: Wikipedia).

A Torino il nome di via “3 gennaio” è stato dato all’attuale via Bruno Buozzi, nata con la ricostruzione del secondo tratto di via Roma, tra il 1935 e il 1937.

I due grandi isolati compresi fra le vie Arcivescovado e Cavour e la via Antonio Gramsci (usando le attuali denominazioni), sono stati tagliati a metà da questa nuova traversa di via Roma.

I due grandi isolati sono stati ulteriormente suddivisi con la creazione di due vie nuove parallele a via Roma: via Giovanni Amendola (alla sinistra di chi guarda da Porta Nuova) e Piero Gobetti (alla destra). Così dai due isolati iniziali se ne sono ottenuti quattro sulla sinistra e ben cinque alla destra dove è stato realizzato l’Albergo Principi di Piemonte su disegno dell’ing. Vittorio Bonadé Bottino (1889-1979).

Queste nuove vie, e altre preesistenti, in epoca fascista sono state intitolate a date significative di eventi della storia d’Italia e di questo movimento politico.

Quella che oggi è via Antonio Gramsci, allora intitolata ai Carrozzai (Corporazione dei costruttori di carrozze) è ribattezzata “24  Maggio” (il 24 maggio 1915 è la data della entrata nella guerra mondiale dell’Italia).

L’attuale via Giovanni Amendola è dedicata al “23 marzo” (al 23 marzo 1919 sono fondati i “Fasci italiani di combattimento” in piazza San Sepolcro a Milano).

L’attuale via Piero Gobetti è dedicata al “9 Maggio” (il 9 maggio 1936 è la data della proclamazione dell’Impero).

La via “3 Gennaio” è più lunga della via Bruno Buozzi. Uno stradario del 1942 scrive che «Da via XX Settembre, oltre via Arcivescovado, a via Lagrange (continua nei tratti di via a lato del Grande Albergo Principi di Piemonte)». Appartenevano alla via “3 Gennaio” anche i due brevi tratti di via ai lati dell’edificio dell’Albergo, oggi intitolati a “Annibale Lovera di Maria” e a “Marcello Soleri”. Quindi la via Bruno Buozzi non termina più in via Lagrange ma in via Piero Gobetti.

Le nuove denominazioni di queste vie predisposte dal Municipio di Torino sono annunciate da “La Stampa” del 30 gennaio 1946 col titolo «Nomi degni di memoria / cancelleranno ogni ricordo fascista».

Quindi la via “3 Gennaio” viene intitolata a Bruno Buozzi (Pontelagoscuro, Ferrara, 1881 – Roma, 1944) sindacalista, politico, operaio e antifascista, deputato socialista dal dicembre 1919 al novembre 1926, ucciso dai nazisti a Roma, in località La Storta, il 4 giugno 1944.

La via “9 Maggio” è intitolata a Piero Gobetti (Torino, 1901 – Neuilly-sur-Seine, 1926), giornalista, filosofo, editore, traduttore e antifascista. La via “23 marzo” è intitolata a Giovanni Amendola (Napoli, 1882 – Cannes, 1926), politico, giornalista e accademico antifascista. La via “24 Maggio” viene intitolata a Antonio Gramsci, anche se con qualche polemica, visto che il 24 maggio 1915, ricorda la prima guerra mondiale e non il periodo fascista. Si ipotizza di intitolare a questa data il piazzale Duca d’Aosta, in corso Duca degli Abruzzi di fronte al Politecnico, ma la cosa non ha seguito.

Il discorso sulla denominazione di “3 Gennaio” a Torino non è però concluso. Quella che noi oggi conosciamo come Villa Gualino, in viale Settimio Severo 65, sempre in epoca fascista ha assunto il nome di Colonia Elioterapica 3 Gennaio.

Il progetto per una grandiosa villa sulla collina torinese commissionato nel 1929 dal finanziere biellese Riccardo Gualino (1879-1964) agli architetti romani Andrea, Clemente e Michele Busiri Vici subisce una battuta d’arresto nel 1931, quando Gualino, in seguito al crollo finanziario subito sull’onda lunga della crisi economica, è condannato al confino dal regime fascista.

La villa, che nei disegni originari è costituita da un corpo centrale poligonale di tre piani cui si connettono due ali di un piano destinate a ospitare un teatro e un museo, è in fase di costruzione avanzata: acquistata dalla Federazione dei fasci di combattimento di Torino, viene riconvertita in colonia elioterapica su progetto degli architetti torinesi Ferruccio Grassi (1899-1987), Mario Passanti (1901-1975) e Paolo Perona (1902-1969) insieme all’ingegnere Luigi Ferroglio. La rampa elicoidale originaria nel volume centrale è mantenuta per collegare il piano terreno con le camerate ai piani superiori, illuminate da lunghe finestre orizzontali, fino al tetto-terrazza, dove si apre un grande belvedere vetrato.

Il 13 luglio 1943 l'edificio viene lesionato dal soffio di bomba dirompente e riporta danni notevoli alle coperture del tetto, a soffitti e muri divisori e schiantamento degli infissi di un piano. Nel novembre 1945 l'edificio risultava parzialmente ripristinato.

Negli anni Ottanta villa Gualino è acquisita dalla Regione Piemonte, profondamente ristrutturata (con la demolizione della rampa elicoidale) e riconvertita a sede della Fondazione Europea per la Formazione (1994), centro congressi e hotel (Fonte museoTorino).

Si conclude così la nostra ricognizione sulla data odierna nella toponomastica torinese.

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Articolo pubblicato il 03/01/2020