Conte passa al Senato tra le provocazioni del Premier e le polemiche delle opposizioni.
Professor Elio Ambrogio

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni del Professor Elio Ambrogio

Ieri sera il Governo Conte bis, dopo un giornata di discussioni, interruzione della seduta e veementi alterchi alimentati anche dal presidente del Consiglio , ha ottenuto  al Senato 169 voti favorevoli contro 133 contrati e 5 astensioni.

E’ già iniziato l’assalto delle correnti del PD e M5S per la spartizione dei sottosegretari e vice ministri che si concluderà nei prossimi giorni.

Ringraziamo Il Professor Elio Ambrogio, prestigiosa firma già nota ai lettori di Civico20 che ci ha inviato puntuali e condivisibili riflessioni che pubblichiamo.

 

Caro direttore,

finalmente, dopo una lunga gestazione a rischio, è nato il governo Conte bis. Si tratta di un esecutivo su cui c’è poco da dire: la sua povertà è evidente. Ministri semi-sconosciuti presi all’ufficio di collocamento senza neppure un corso di formazione che dovranno gestire punti programmatici al limite dell’infantilismo. 

E’ comunque un governo con un certo senso dell’umorismo: ha messo  Gigino Di Maio (unico politico del dopoguerra ad aver provocato una crisi diplomatica con la Francia con relativo ritiro dell’ambasciatore) al Ministero degli esteri, dicastero retto in passato da personaggi come Andreotti, Moro, Nenni, Fanfani, Saragat, De Gasperi. Per rimanere solo alla modernità e non tirare in ballo Nitti, Sonnino, Crispi, Ricasoli e Cavour.

 

Detto questo, proviamo a fare gli “elevati”, per usare un termine coniato da quel simpatico fantasista di Grillo. In altre parole, proviamo a proporre alcuni temi seri e meno contingenti, che -mi pare- ben pochi hanno  affrontato nella recente alluvione di chiacchiere politiche e giornalistiche.

 

QUESTIONE MORALE. Non stiamo parlando di corruzione. L’evolversi della crisi e il suo epilogo hanno mostrato la spaventosa bassezza morale dei politicanti che li hanno gestiti. Perfetto esempio di quello che Orwell chiamava “bipensiero”: negare oggi quello che si è detto ieri e negare domani quello che si dice oggi pur di non farsi sfuggire il potere sugli uomini e sulle cose con i connessi vantaggi materiali.

 

E’ vero che la politica ha sempre vissuto di menzogna e tradimenti, ma nei giorni scorsi ha passato il limite, anche perché i mezzi di comunicazione hanno registrato giorno per giorno questa sfrontatezza e, sempre giorno per giorno, l’hanno violentemente sbattuta in faccia agli italiani.

 

Per usare un piacevole neologismo di Veneziani, abbiamo assistito tutti in diretta alla “pagliacciocrazia” vivente . Il crimine che però hanno commesso questi teatranti è molto più grave: hanno ucciso definitivamente ogni residua fiducia nelle istituzioni, e negli uomini che dovrebbero gestirle, da parte di un popolo che già ne aveva pochissima. Mi auguro che il signor Giuseppe Conte e i suoi sodali un giorno siano chiamati a risponderne.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. Ne esce molto male. Ha dimostrato di essere pronto ad ogni compromesso pur di far nascere un governo di cui non poteva non vedere la pochezza degli uomini, l’inconsistenza politica, la miseria programmatica. Tutto pur di non ricorrere al voto, e naturalmente tutto nella perfetta legalità costituzionale ma dando la netta impressione di non comprendere la sostanza delle cose e il sentimento della nazione che egli dovrebbe rappresentare.

 

E poi -scusate il calo di tono- non sarebbe ora di finirla con le immagini folkloristiche dei cortei quirinalizi preceduti da ufficiali agghindati come generali sudamericani e chiusi da valletti in giacca nera e guanti bianchi, corazzieri in alta uniforme, mandarini vari di cui si ignora la funzione?

Vecchia e fastosa liturgia monarchica senza monarchia, ormai percepita dalla gente come uno schiaffo alla sobrietà e al buongusto.

 

IL PARLAMENTARISMO. Questo è il punto più serio.  Come già detto, tutta la crisi si è svolta e conclusa nella più perfetta legalità costituzionale, legalità che però ha prodotto un governo di infimo livello. “E’ il parlamentarismo, bellezza…” dicono i costituzionalisti accademici, quelli da salotto e quelli da bar. Il parlamentarismo è il sistema in cui tu voti qualcuno che in parlamento farà quel che vuole (divieto di mandato imperativo), passerà dal tuo schieramento politico a un altro, voterà per governi che tu detesti, ed  infine eleggerà un presidente della Repubblica che a sua volta nominerà governi che tu manco t’immaginavi.

 

Ma, scusate, se il parlamentarismo è questo -un sistema a bassa democraticità e ad alta instabilità politica e che si auto paralizza continuamente-, vale la pena di mantenerlo in piedi?

 

LA COSTITUZIONE. Jack Balkin, uno dei più raffinati giuspubblicisti americani, docente a Yale, ha introdotto il concetto di “marcescenza costituzionale”: le costituzioni, se non rinnovate, dopo un certo periodo decadono, diventano inefficienti, si trasformano in strumenti di arbitrio e approfittamento della classe politica.

 

Sarà il caso anche della Costituzione “più bella del mondo”, con tutte le sue antiche ambiguità e le sue imperfezioni tecniche? I famosi pesi e contrappesi che essa contiene servono più a paralizzare l’operatività delle istituzioni che a garantire dagli eccessi del potere, creando invece un habitat rigoglioso per i professionisti della politica e i giuristi di regime che, fra l’altro, non hanno ancora risolto il problema dei problemi che i sovranisti cercano disperatamente di evidenziare: il gigantesco conflitto fra la nostra sovranità costituzionale e il macigno della normativa europea.

 

Chiediamoci se non sia ora di superare questo feticismo culturale, politico e istituzionale e di darci finalmente una carta più moderna e razionale.

Magari per non avere un Conte Tris, quater, quinqies, o roba del genere, negli anni che verranno.

 

Elio Ambrogio

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Articolo pubblicato il 11/09/2019