Usa, millennials a rischio: sono la vittima designata della prossima crisi. di Marco Valsania

Una recessione forse non è alle porte ma, se ci sarà, secondo gli analisti americani colpirà i 22-38enni impoveriti da passate débâcle e lente riprese. Con il rischio di farne una generazione perduta: «Millennial Recession».

NEW YORK - Nessuno sa quando arriverà. Qualcuno si domanda se davvero si presenterà all’appello nel prevedibile futuro. I dati economici americani, ultimo quello sui posti di lavoro ancora creati in agosto, sembrano a oggi tenerla a bada. Ma questo non basta a esorcizzarla. E, tra gli opinion makers, ha già trovato il suo nome: sarà la Millennials Recession. Sarà la recessione della generazione americana nata negli anni Ottanta e Novanta e divenuta adulta agli albori di questo secolo.

 

Che domani, cortesia della crisi prossima ventura, rischia di trasformarsi in una generazione perduta. Quel nome appare inevitabile, dati alla mano. I suoi rappresentanti sono i più esposti e fragili al cospetto di rovesci economici, dopo essere cresciuti all’ombra della grande crisi del 2008 e della successiva, lenta ripresa dalla debacle. Tanto lenta che appunto che l’intera generazione, in media, non ha affatto potuto superare le ferite aperte.

 

Spesso è vittima di carriere deragliate o azzoppate. Schiacciata da inedite montagne di debiti, per gli studi (e non solo). Prigioniera di redditi e di una situazione finanziaria personale per la prima volta, nell’era contemporanea, peggiore di quella dei genitori. Di risparmi sempre impossibili, perché compensi e benefit inadeguati, regrediti o stagnati di gig-economy e dintorni hanno perso inesorabilmente la gara con la marcia dei costi. E di asset considerati inarrivabili, ridotti a miraggio quali una casa di proprietà.

 

Tutto questo ne fa, secondo analisti privati, opinion makers e economisti della Federal Reserve, una generazione ad alto rischio. I talloni d’Achille di chi ha oggi tra i 22 e i 38 anni di età - un’arata di più di 80 milioni di giovani e un po’ meno giovani - sono ormai quantificabili, problema per problema.

 

La casa
Il tasso di proprietà dell'abitazione, asset che può aiutare in futuro, tra i Millennials è il più basso in decenni, fatto compiuto solo per un americano su tre sotto i 35 anni contro la metà di Gen X e Baby Boomers. E potrebbe, semmai, scivolare ancora. L’età mediana per riuscire nell’operazione è di 46 anni, un record nei quarant’anni di statistiche compilate dalla National Association of Realtors.

 

Le ragioni citate dai protagonisti sono una litania delle difficoltà tipiche, stando a sondaggi della società LendEDU: il 26% denuncia carenza di risparmi; il 10% il peso del debito universitario, un altro 5% quello dell'indebitamento con carte di credito e il 6% ulteriori debiti; il 17% riporta una cattiva qualità del proprio credito e quasi un quarto redditi troppo bassi. Mentre il prezzo che sarebbero costretti a pagare è, fatte le debite proporzioni cortesia i Student Logan Hero, di quasi il 40% più caro rispetto a ciò che bastava versare ai loro genitori quarant'anni or sono per un simile passo avanti.

 

Un altro dato che evidenzia e vicissitudini: nel 2017 un’abitazione mono-familiare costava l'equivalente di 4,2 volte il reddito mediano, un incremento del 30% dal 1988 (e parliamo solo di medie, in città da New York a San Francisco la differenza è molto più pronunciata).

 

Il debito

Calcoli della Northwestern Mutual hanno stimato che il tipico esponente dei Millennianls vive all’ombra di 36mila dollari di debiti, senza contare mutui immobiliari. La classe dei laureati nel 2018 ha un debito medio sulle spalle i 29.800 dollari. E gli ammontare potrebbero peggiorare, per esempio, sul fronte della carte di credito - mediamente oltre 4.700 dollari - oltre che della pesante eredità istruzione.

 

Elefantiaci prestiti - che totalizzano oltre 1.1500 miliardi di dollari - sono stati resi necessari dell’esplosione di costi dei college, una delle piaghe riconosciute di un sistema dell'istruzione le cui punte di eccellenza appaiono oggi trascurabili al cospetto dei drammi finanziari e delle discriminazioni sociali che continuano a perpetuare nonostante l’esplosione di scandali nelle politiche di ammissione.

 

I Millennials, per pagare un’educazione rincarata di oltre il 100% soltanto dal 2001 anche tenendo conto dell'inflazione, sono stati costretti a raddoppiare il livello di indebitamento al confronto della Gen X.

 

La ricchezza
Termometro di questo improverimento è qui un rapporto della Federal Reserve di St. Louis, che fin dal 2016, prima cioè dell’attuale frenata dellespansione economica, aveva rilevato come i Millennials nati in particolare negli anni Ottanta hanno pagato davvero cara la recessione del 2008 e dintorni: il loro patrimonio è del 34% inferiore a quello che sarebbe stato in assenza della crisi.

 

I patrimoni netti in tasca alle famiglie di questa generazione sono sono del 40% inferiori rispetto ai Gen X nel 2001 e del 20% sotto quelli dei Baby Boomers alla fine degli anni Ottanta. La banca Ubs ha rilevato che la generazione dei ventenni e trentenni è la più conservatrice dalla Grande Depressione degli anni Trenta e secondo SmartAsset il 93% dei Millennials vede con scetticismo la Borsa.

 

Ma questo fa semplicemente di necessità virtù: la percentuale di americani under 35 che possiede azioni è precipitata al 37% dal 55% di neppure vent’anni or sono complici la crescente avarizia delle aziende nell'offrire o contribuire a piani di risparmio pensionistico e la mancanza di risparmi da investire con salari che consentono a malapena di arrivare a fine mese. Due terzi dei Millennials hanno un tondo Zero accanto alla voce risparmi previdenziali.

 

Salari e lavoro
I Millennials sono entrati sul mercato del lavoro spesso in un clima di piena crisi. Risultato: nel 2014 gli uomini guadagnavano il 10% in meno dei Baby Boomers alla loro stessa età. Le donne guadagnavano meno anche della Gen X che le aveva immediatamente precedute.

 

Il boom della gig economy ha prodotto a catena un’occupazione precaria e malfamata, accanto a molto più selezionate e piccole fasce di premiati. E la generale marcia dei salari durante la longeva ripresa è stata minuscola, tutt'ora del 3,2% l’anno nonostante una vantata situazione di quasi piena occupazione.

 

E il futuro? Non promette meglio. I boom degli asset potrebbero dimenticare i Millennials: «È improbabile che l’apprezzamento sa rapido nel prossimi futuro come lo è stato nel recente periodo», hanno concluso economisti della Fed citati dalla rivista The Atlantic in un esame delle incognite affrontate dai Millennials.

 

Credit Suisse, semper citata da The Atlantic, mette in guardia anche chi si considera fortunato in questa generazione: «Ci aspettiamo che solo una minoranza di ultra-qualificati e di chi si trova in settori ad alta domanda quali tecnologia e finanza sia in grado di superare effettivamente lo svantaggio dei Millennials».

 

Ilsole24ore

 

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Articolo pubblicato il 10/09/2019