Viaggio al centro della terra, di Jules Verne

Risvolti giudiziari di un celebre romanzo del quale esistono numerose trasposizioni cinematografiche, televisive e per videogiochi

Il gruppo editoriale RBA Italia di Milano propone una collana delle opere dello scrittore francese Jules Verne, spesso italianizzato in Giulio Verne, presentate in una edizione di pregio con riproduzione delle elaborate copertine e delle illustrazioni delle prime edizioni di Pierre-Jules Hetzel. Il romanzo d’avventure Viaggio al centro della terra apre la serie di questi volumi.

Jules Gabriel Verne (Nantes, 8 febbraio 1828 – Amiens, 24 marzo 1905), è considerato tra i più importanti autori di storie per ragazzi e, per i suoi romanzi scientifici, viene indicato come il padre della moderna fantascienza, in unione a H. G. Wells. Verne è autore di più di 60 romanzi, riuniti nella collana “Viaggi straordinari”, dove si può dire che abbia anticipato il futuro.

Viaggio al centro della terra (Voyage au centre de la Terre) è stato pubblicato in una prima edizione, di formato più piccolo, il 25 novembre 1864, e in una seconda del 13 maggio 1867, dove i 43 capitoli del 1864 sono aumentati di due. Questo romanzo, che ho letto con piacere da bambino pubblicato a puntate sul “Corriere dei Piccoli”, viene considerato nella “Rivista dei Tribunali” della “Gazzetta Piemontese” del 21 gennaio 1877.

Scrive il cronista giudiziario Basilius:

La testa di Mimer e la scienza universale - Franz di Haberghen e Otto Lidenbrock - I caratteri runici - Davanti al Tribunale della Senna.

Sapete chi è Mimer? No? Compatisco la vostra ignoranza, perché, a dirvela schietta, fino a ieri non lo sapeva neanche io.

Sappiate adunque che Mimer era un filosofo e un politicone di tanta levatura, che Odino, divinità della Scandinavia, non isdegnava ricorrere a lui per averne consiglio nelle circostanze più gravi.

Ma il dare consigli finché si ha la testa sai collo è una bazzecola. Qui il più meraviglioso si è che, morto Mimer, il suo capo continuava a possedere tutto lo scibile umano, e chi l’avesse potuto trovare avrebbe posseduto la scienza universale.

Ma dove si trovava sepolto questo capo? Nessuno lo sapeva.

Un bel giorno un giovane tedesco di Francoforte, il barone Franz di Haberghen, sfogliando un vecchio libro che aveva comprato a peso di carta da un ferravecchio, trova uno scritto misterioso in caratteri runici, che egli, dopo essersi lambiccato ben bene il cervello, riesce decifrare.

Lo scritto insegna il modo di scoprire la testa di Mimer. Si tratta di andare in Islanda portando un bastoncino in mano e osservando certe altre prescrizioni descritte nella pergamena. A un certo punto l’ombra del bastoncino indicherà la montagna e il luogo preciso nel quale si trova sepolta la testa di Mimer.

A questa grande scoperta vi lascio immaginare come restasse e che pensasse il barone Franz di Haberghen. Prende in mano un bastoncino e la pergamena ed eccolo in viaggio per l’Islanda.

Vi giunge, trova il miracoloso testone di Mimer e se lo porta in Germania.

Egli è forse per questo che, secondo certuni, la scienza universale non si trova più altrove che fra la Vistola e il Reno.

Questo è il racconto che il signor Pont-Jest pubblicava nella Revue Contemporaine del 1863 sotto il titolo La testa di Mimer.

Due anni più tardi il popolarissimo scrittore Giulio Verne metteva fuori il suo fantastico Viaggio al centro della terra, del quale ecco brevemente il principio:

Un dotto professore di Amburgo in Alemagna (già, quando si parla di dotti, bisogna cercarli in tedescheria), il signor Otto Lidenbrock compra un vecchio libraccio di cronache d’Islanda. Tra i fogli del libro scopre una piccola pergamena scritta in lingua latina, ma con caratteri runici e con una cosi bizzarra trasposizione di lettere, che c’è da impazzire per cavarne un costrutto.

Il professore Lidenbrock ha un bel fare, ma il significato di quella pergamena è buio pesto per lui. Finalmente l’azzardo gli fa trovare il segreto della combinazione dei caratteri e legge queste parole: «Discendi nel cratere del Iocal di Sneffels che l’ombra dello Scartaris viene ad accarezzare prima delle calende di luglio, o viaggiatore audace, e giungerai al centro della terra; ciò che feci io, Arne Saknussem».

Il buon professore dà un balzo per la sorpresa e per la gioia e si propone di andare in Islanda dove sono le montagne del Iocal di Sneffels e dello Scartaris di seguire in tutto le istruzioni di Arne Saknussem che fu un alchimista e un sapientone senza pari e che certamente non ha scritto quella pergamena per celia.

Detto fatto. Otto Lidenbrock piglia con sé il suo nipote Axel, va in Islanda, scende coraggiosamente nel cratere del Iocal e fa il suo viaggio meraviglioso.

Verne descrive le mirabili avventure e le scoperte dei fortunati touristes, finché non sapendo come cavarsela per ricondurli alla superficie del globo li fa erompere dal cratere dello Stromboli, piccolo vulcano del Mediterraneo.

Ma che c’entrano Mimer, Franz di Haberghen, Otto Lidenbrock e Saknussem colla Rivista dei tribunali?

Ecco. - Tra i due racconti del Pont-Jest e del Verne c’è qualche rassomiglianza. In entrambi c’è un sapiente tedesco, in entrambi c’è una misteriosa iscrizione in caratteri runici, trovata in un libro comprato a caso e in entrambi c’è un’ombra che serve di guida ad una scoperta meravigliosa.

Pont-Jest che ha scritto il suo racconto due anni prima che il Verne pubblicasse il viaggio del dottore Lidenbrock, rilevò quei punti di rassomiglianza che esistono tra i due lavori e, ravvisandovi un plagio letterario, propose domanda contro Verne di 3000 lire di danni.

Giulio Verne si difese assicurando che non aveva mai letto il racconto di Pont-Jest prima di scrivere il Viaggio al centro della terra; riconobbe anch’egli essere abbastanza strana la coincidenza delle fantasie dei due scrittori in certi dettagli delle loro favole, e dimostrò infine che assolutamente non sussisteva il plagio lamentato da Pont-Jest.

Il Tribunale della Senna, davanti al quale fu discussa questa causa, ha pronunciato l’altr’ieri una sentenza che assolve Giulio Verne dalle pretese di Pont-Jest.

E, a mio debole avviso, ha giudicato egregiamente.

Lasciando stare che la rassomiglianza delle invenzioni di un lavoro con quelle dell’altro esiste soltanto per una parte accessoria del libro di Verne, al quale serve soltanto di introduzione, è evidente che il sistema di Pont-Jest, quando prevalesse, costringerebbe tutti gli scrittori di romanzi e di novelle ad andarsene a dormire.

Sfido io il signor Pont-Jest ad inventare uno spediente letterario che non si trovi ancora nell’arsenale degli spedienti adoperati dai romanzieri.

Egli stesso non ha commesso un plagio verso Edgardo Poe che nello Scarabeo d’oro fa scoprire un tesoro nascosto, decifrando una scrittura peggio che runica?

Tuttavia il signor Pont-Jest si è appellato dalla sentenza del Tribunale. A suo tempo vi informerò della sentenza della Corte d’Appello.

Basilius.

 

A completamento di questo articolo, dove il brillante cronista giudiziario Basilius si dimostra anche un valente critico letterario, ricordiamo che lo scrittore e giornalista francese René Delmas de Pont-Jest (Reims, 17 ottobre 1829 - Neuilly-sur-Seine, 10 luglio 1904), già ufficiale di marina, è stato il nonno del drammaturgo, attore e regista Sacha Guitry. Il suo racconto La Tête de Mimer, è apparso nella Revue contemporaine del 30 settembre 1863 e il suo ricorso nei confronti di Voyage au centre de la Terre di Jules Verne è stato respinto nel 1877. A quasi un secolo e mezzo di distanza si può dire che La Tête de Mimer, racconto macabro e vagamente necrofilo, appare dimenticato mentre il romanzo di Verne costituisce un vero evergreen del quale esistono numerose trasposizioni cinematografiche, televisive e per videogiochi!

 

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Articolo pubblicato il 08/09/2019