Il Commendatore Natale Aghemo

Il Segretario particolare del primo Re d’Italia, vittima del giornale torinese «Il Ficcanaso», nelle pagine del libro "Il re Vittorio Emanuele nella sua vita intima" di Rinaldo De Sterlich

Prima di proseguire col racconto delle vicende del giornale torinese “Il Ficcanaso”, può essere interessante approfondire la conoscenza di una delle sue “vittime”, il commendatore Natale Aghemo. Ricorriamo alle pagine del libro “Il re Vittorio Emanuele nella sua vita intima. Bozzetti di Fausto”, pseudonimo di Rinaldo De Sterlich, pubblicato a Roma nel 1878 al momento della morte del Re. L’autore, pur nel dichiarato intento commemorativo, dimostra di essere ben informato delle faccende di Casa Reale e non fa sconti al nostro Segretario particolare.

Alla lettura dobbiamo premettere l’avvertenza che il Visone citato nel testo è Giovanni Visone (Costigliole d’Asti, 5 ottobre 1814 – Moncalieri, 14 agosto 1893) ministro della Real Casa dal 1874 al 1892. È stato preceduto da Giovanni Rebaudengo (fino al 1868); da Filippo Antonio Gualterio (dal 1868 al 1869) e da Federico di Castellengo (dal 1869 al 1874).

Il Ministro della Real Casa è responsabile del Ministero della Real Casa, ufficio complesso, organizzato in direzioni e sezioni come i ministeri statali, che si occupa della amministrazione dei beni della corona e della lista civile, e non fa parte del governo. Insieme alla Casa militare, diretta dal Primo aiutante di campo del Re, alla Casa civile, diretta dal Prefetto di palazzo, e ad altri uffici di minore importanza, il Ministero della Real Casa costituisce la Real Casa.

Scrive Fausto:

Il Gabinetto particolare.

 

Sua Maestà [Vittorio Emanuele II] avea una specie di Segreteria particolare, alla quale, non saprei dire né come né perché, si desse un titolo rimbombante sì, ma eminentemente illegale.

Nel vocabolario politico s’intende per Gabinetto d’un Re costituzionale, la riunione dei Ministri che formano il Consiglio della Corona, e quindi non può esservi altro Gabinetto.

La creazione di tale Segreteria particolare non era di molto antica data.

Le sue attribuzioni consistevano principalmente nel disbrigo della corrispondenza personale del Re, e nella trasmissione d’istanze…

A capo di tale ufficio, dopo la morte del Conte di Castiglione, fu assunto in via tutt’affatto provvisoria, il Commendatore Natale Aghemo, un protetto e parente della Contessa di Mirafiori, un giovane laborioso e fornito di molto ingegno naturale, ma di assai mediocre coltura di mente.

Fin qui nulla di strano.

L’Ufficio di Segretario, è un posto di fiducia, e però il Re può chiamarvi chi meglio gli sembra, purché lo ritenga capace, foss’anche l’ultimo dei suoi staffieri.

Solamente il Commendatore Aghemo man mano, per soverchio zelo, si diede a gonfiare le attribuzioni del Gabinetto particolare, avocando a sé or una or un’altra faccenda, e ficcando lo zampino in quelle cose delle quali meno avrebbe dovuto immischiarsi.

Sicché ne ottenne due risultamenti: il primo fu quello di un dualismo perpetuo col Ministro della Real Casa: il secondo fu un ammasso di antipatie, che l’Aghemo, col suo poco tatto, con la sua inesperienza, si tirò addosso, cumulo così grave che poco mancò non ne rimanesse schiacciato.

E quindi a quel suo fare incauto egli deve, se per diversi anni fu preso di mira da esagerata maldicenza, e fatto segno a diffamazioni e calunnie d’ogni sorta da una stampa poco benevola, ai cui strali egli porgeva così facilmente il fianco.

Per essere imparziali bisogna riconoscere che l’Aghemo avea alcuni pregi che doveano renderlo accetto al Re; fra gli altri quello di una instancabile operosità, che compensava la sua più che debole istruzione, e un sincero e devoto attaccamento all’Augusto Signore; ma questo attaccamento malauguratamente degenerava talvolta in uno zelo assai pericoloso e nocivo.

Non di rado, sempre per fine di bene, sempre per eccesso di zelo, in circostanze difficili, ebbe ricorso a rimedi, che per la loro avventatezza o inopportunità, erano peggiori del male.

Sicché ne seguirono imbarazzi, inconvenienti e dispiaceri, che un uomo avveduto e prudente avrebbe facilmente dovuto, e saputo evitare.

In certi uffici sono indispensabili virtù la prudenza, la calma e l’esperienza del mondo: virtù delle quali il Commendatore Aghemo avea grande penuria.

I nostri vicini francesi lo avrebbero chiamato un faiseur d’embarras [faccendone N.d.A.].

Pure, in onor del vero, avea avuto il senno di formare un Gabinetto, che non era certamente un nido di aquile, ma una raccolta di eccellenti giovani, i quali senza avere inventata né la polvere da sparo, né qualsiasi polvere insetticida, compivano nullameno assai convenientemente ed onestamente il loro dovere.

Il Cavaliere Trombone, cognato dell’Aghemo, i Cavalieri Syrovich, Gentilini, Criscuolo, ecc., tutti Segretari del Gabinetto particolare, aveano per principal pregio quello di modi eminentemente gentili, che mitigavano spesso l’impressione che producevano le maniere non sempre affabili ed urbane del loro capo.

Si dice che il Commendatore Natale Aghemo abbia accumulata una grande fortuna..., anzi taluni parlano perfino di milioni!!!

Non bisogna dimenticare l’adagio volgare, che in fatto di dicerie sulle ricchezze o sulle virtù di taluno, dice:

Quattrini e santità…

Metà della metà!

Ridotta a queste proporzioni la fortuna colossale di Aghemo, è certo che si può stringergli la mano senza tema che egli vi domandi mille lire in prestito, o che vi chieda l’avallo su di una cambiale - ma è pur sicuro che egli non potrebbe neppure prosciugare il Trasimeno o arginare il Tevere.

Est modus in rebus!

Ma come ha fatto questa fortuna?

Io credo francamente, che egli la debba principalmente ed in massima parte alla magnificenza di Vittorio Emanuele, che gli volea bene; poi ai generosi doni di Sovrani esteri, convertiti in numerario (i doni, non i Sovrani), e finalmente a qualche speculazione onestamente fatta su valori di borsa, e felicemente riuscita.

Sicché per conto mio, dicano quel che vogliano le male lingue, ritengo ed affermo che la fortuna di Aghemo abbia una origine legittima ed onesta.

Colla morte di Re Vittorio, infausta e lagrimevole soluzione! cessò il dualismo del Gabinetto e del Ministero, e vennero meno i rancori e le ire dei due Capi, lungamente e tacitamente represse dalla temuta, colossale e serena autorità del Re.

Ma era ben da prevedersi che un bel giorno, o piuttosto un brutto giorno, quelle ire sarebbero scoppiate come una torpedine.

Ed Aghemo e Visone, accapigliatisi, avrebbero fatta la trista fine di quei due leoni, che venuti a mortal lotta fra loro, si divorarono l’un l’altro sicché non rimasero sul campo della pugna che le due code!

Ora il commendatore Aghemo, non è caduto, come taluni erroneamente credono… no, egli è stato soppresso col suo Gabinetto.

Ma soppresso come?

Con l’intero stipendio di dodicimila lire annue che forma un discreto arrosto, abbellito dal fumo, ovvero dal profumo di un titolo di Conte!

- Queste sì che posson dirsi soppressioni oneste! - esclameranno certo i miseri agnelli tosati dalla Giunta liquidatrice!

 

Resta poco da aggiungere alle documentate pagine di Fausto. Da sottolineare il riferimento alla «esagerata maldicenza» e alle «diffamazioni e calunnie d’ogni sorta» provenienti «da una stampa poco benevola» che sicuramente comprende anche il nostro “Ficcanaso” del quale riprendiamo a narrare le vicende.

 

Rinaldo De Sterlich (Fausto), Il re Vittorio Emanuele nella sua vita intima. Bozzetti di Fausto, Roma, Tipografia Elzeviriana, 1878 (Fonte: Google).

 

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Articolo pubblicato il 05/09/2019