Governo. Il giorno di Conte

La Lega ha ritirato la mozione di sfiducia presentata al Senato, ma la crisi è aperta

Sino agli ultimi minuti, prima della riunione dei capigruppo del Senato sono circolate le notizie più disparate ed anche le ipotesi più insensate. Alla fine pare stia prevalendo, almeno nella fase inziale il principio della salvaguardia del proprio futuro, in particolare da parte degli attori in campo ad iniziare dal premier Conte, sino a Di Maio ed al leader del PD Zingaretti.

 

Così ieri alle 15 il premier Giuseppe Conte ha rivolto le sue comunicazioni all’aula del Senato. Due gli argomenti dominanti; l’elenco altisonante delle realizzazioni del suo governo e la descrizione minuziosa delle azioni di Salvini culminate con la sfiducia (poi ritirata) al  Governo.

 

Affermazioni gravi sul piano personale, ma confutate poi dal vicepremier Salvini che ha confermato passo passo quanto fatto sin dall’inizio della crisi agostana, per poi proseguire: “"Non ho paura del giudizio degli italiani". Sono qua "con la grande forza di essere un uomo libero, quindi vuol dire che non ho paura del giudizio degli italiani, in questa aula ci sono donne e uomini liberi e donne e uomini un po' meno liberi. Chi ha paura del giudizio del popolo italiano non è una donna o un uomo libero". "La libertà non consiste nell'avere il padrone giusto ma nel non avere nessun padrone", ha detto Matteo Salvini citando Cicerone. "Non voglio, precisa Salvini, una Italia schiava di nessuno".

 

Che così conclude: ”Voi citate Saviano, noi San Giovanni Paolo II.., lui diceva e scriveva che la fiducia non si ottiene con la sole dichiarazioni o con la forza ma con gesti e fatti concreti se volete completare le riforme noi ci siamo. Se volete governare con Renzi auguri...". 

 

L’altro intervento di rilevo è stato pronunciato dall’ex presidente del consiglio Matteo Renzi che nei giorni scorsi si era distinto per avanzare la proposta di un governo PD- Cinque Stelle benedetto dall’inquietante connubio Romano Prodi – Beppe  Grillo per metter poi le mani sul Quirinale “Sarebbe facile assistere allo spettacolo sorridendo ma la situazione impone un surplus di responsabilità”, sostiene Matteo Salvini, che così prosegue.

 

”Lei oggi presidente del consiglio si dimette ed il governo che lei ha definito populista ha fallito e tutta l'Ue ci dice che l'esperimento populista funziona in campagna elettorale ma meno bene quando si tratta di governare". "No si è mai votato in autunno, prosegue Renzi, c'è da evitare l'aumento dell'Iva e serve un governo non perchè noi ci vogliamo tornare ma perchè l'aumento dell'Iva porta crisi dei consumi non è un colpo di Stato cambiare il governo ma un colpo di sole aprire la crisi ora, questo è il Parlamento non il Papeete".

 

Sono seguiti altri interventi ripetitivi e di scarso profilo, volti a stigmatizzare l’origine e lo svolgimento di questa crisi un po’ atipica, oltre alla sguardo alla situazione economica europea prima ancora che italiana, con citazioni raccogliticce ed in parte errate.

I senatori di Forza Italia e FdI,  esprimendo il giudizio negativo sul Governo Conte, auspicano il ritorno di un governo organico di Centro destra da formarsi dopo il ricorso alle urne.

 

Dopo circa quattro ore di interventi, Il presidente Conte che già aveva annunciato "Alla fine di questo dibattito mi recherò dal Presidente della Repubblica per dimettermi", ha lasciato il Senato, senza essere stato sfiduciato, ma non senza stigmatizzare ancor un volta le iniziative di Salvini. 

Con la mancata discussione della mozioni di sfiducia, il Presidente del Consiglio non radicalizza la situazione in atto anche perché la Lega ha ritirato la mozione di sfiducia a Giuseppe Conte, presentata al Senato lo scorso 9 agosto ma mai calendarizzata per l'Aula.   

 

Salvini, stante il dibattito in Senato, potrebbe trovarsi in grosse difficoltà. Si tratta forse del suo momento più difficile, dopo una inarrestabile cavalcata che lo ha portato, almeno nei sondaggi, a sfiorare il 38% dei consensi e a dettare l’agenda della politica italiana. Ma forse peccheremo di ingenuità a ritenere che si sia cacciato in un vicolo cieco inconsciamente.

 

I suoi nemici sono tutti coalizzati per impedirgli di raccogliere nelle urne il tesoretto di consensi accumulati in questi 14 mesi di governo e stanno lavorando per un governo di legislatura che duri fino al 2023. 

 

A quel punto la palla passa nelle mani del Presidente della Repubblica, che avvia già oggi pomeriggio le consultazioni che si concluderanno nelle serata di giovedì, per verificare se esistano le condizioni per formare un nuovo esecutivo, anche di diverso colore, al fine di evitare lo scioglimento anticipato delle Camere.

In alternativa, il Capo dello Stato potrebbe rinviare Conte alle Camere e a quel punto ogni partito dovrebbe scoprire le sue carte e dire da che parte sta.

 

Al momento sembra molto difficile che altre maggioranze possano dar vita a governi politici. Il Movimento Cinque Stelle ha escluso di voler tornare ad un’alleanza con la Lega, ma esclude anche accordi con Matteo Renzi, che pure ha in mano i gruppi parlamentari del PD, in antitesi a Zingaretti.

 

In linea teorica, quindi, resterebbe un governo di scopo, per fare la manovra finanziaria e poi andare al voto anticipato, oppure un governo istituzionale, appoggiato da una larga e trasversale maggioranza, e guidato da una personalità non politica.

 

Ma, come si diceva, l’astio assai diffuso verso Salvini potrebbe cementare un’inedita alleanza in grado di dar vita a un governo di legislatura tra Pd, grillini e cespugli della sinistra, senza escludere il clamoroso coinvolgimento di Forza Italia. A lavorare a questa prospettiva sarebbe un terzetto inquietante, Romano Prodi, Beppe Grillo e Gianni Letta (che in serata ha smentito).

 

Il primo, che nei giorni scorsi ha compiuto 80 anni, continua a coltivare sotto sotto l’ambizione di diventare il prossimo Presidente della Repubblica e ha una concreta speranza di giocarsi le sue carte solo in questo Parlamento, con una maggioranza pentastellata, aprendo in prospettiva le porta di Palazzo Chigi a Matteo Renzi.

 

Non si dimentichi, infatti, un certo apprezzamento della base grillina per Romano Prodi, che peraltro ha un rapporto personale molto stretto con Beppe Grillo. Quest’ultimo, insieme con Davide Casaleggio, sta premendo su Luigi Di Maio affinché accetti l’alleanza con il PD e abbandoni definitivamente l’ipotesi di una riedizione dell’asse gialloverde. Ma sommando i  mal di pancia in casa Pd e qualche dissenso tra i parlamentari pentastellati, i numeri potrebbero non esserci. Ogni situazione, al momento, presenta ostacoli, controindicazione ed i morituri Conte, Di Maio e Zingaretti resistono. Ma l’inevitabile domanda di riserva se la pongono in molti “Che farà Salvini?

 

 

Immagini: Quirinale e Tpi.it

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Articolo pubblicato il 21/08/2019