Divagazioni sui Giurati – terza e ultima parte

Curiosità e aneddoti narrati dal libro di Virgilio Feroci “Giustizia e grazia...” del 1935

Concludiamo questa chiacchierata agostana sui giurati leggendo nel libro “Giustizia e grazia... Cinquecento motti, curiosità e aneddoti giudiziari” (Milano, 1935) di Virgilio Feroci (Santa Fiora, Grosseto, 1891 – Pavia, 1943), magistrato, professore universitario e scrittore, «Qualche aneddoto sul tramontato giurì».

 

* Dell’istituto della giuria, da noi tramontato senza eccessivi rimpianti, [Con R.D. n. 249/1931, i giurati erano stati ridotti a cinque e sedevano, col nome di “assessori”, in un unico collegio giudicante con due giudici togati] si può dire con sicurezza che funzionava malamente.

Basta ricordare che si verificò più di una volta il caso di giurati che si alzarono a protestare contro la sentenza del presidente che pure rispondeva in tutto e per tutto al verdetto da loro votato.

E non sono mancati casi in cui l’imputato era confesso, e i giurati dichiararono poi di averne negato la colpabilità per equivoco.

A questo proposito, l’Autore annota:

Il giurista Francesco Carrara ricorda un caso occorsogli di giurati che non votarono sulle attenuanti credendo di avere assolto, mentre in realtà avevano condannato; e un altro caso di giurati che avevano accordato le attenuanti credendo di aver condannato, mentre invece avevano assolto.

 

* Nel 1925 i giurati di una corte: affermarono che una tentata rapina era stata consumata a danno di T. dai tre imputati; affermarono che il T. era stato assassinato in detta circostanza; ma negarono che ad ucciderlo fossero stati i tre imputati.

* Ci furono dei giurati i quali, volendo affermare come esistesse ad esuberanza la scriminante della difesa legittima, sentirono il bisogno di concedere l’eccesso di difesa, così come se fosse qualche cosa di più in favore dell’imputato.

* Un giurato, cacciatore, ebbe piena fiducia nelle conclusioni del procuratore generale, e votò per la condanna, per il fatto che quegli aveva saputo fissare con precisione i termini di tempo nei quali era vietata la caccia del cervo.

* Un altro giurato, droghiere, votò per l’assoluzione per negare fiducia al procuratore generale perché gli parve che questi, nella sua requisitoria, non avesse fatto le necessarie distinzioni fra le varie specie di caffè.

* Varie volte è accaduto che qualche giurato, all’inizio del dibattimento, ha dichiarato che non si sentiva in diritto di giudicare il proprio simile e che avrebbe perciò votato scheda bianca.

* E una volta un capo giurato molto ignorante, al quale avevano con grande fatica fatto imparare la formula del verdetto si confuse al momento di pronunziarla, e disse: - Giuro sul mio onore e sulla mia coscienza che il giurì non è colpevole

* Ma la più sanguinosa ingiuria alla giuria stata fatta da un famosissimo avvocato francese, Lachaud, il quale, interrogato come si regolasse nella facoltà di ricusare alcuni giurati che spetta alle parti, disse: - Io ho sempre ricusato i più intelligenti.

A questo proposito, l’Autore annota:

Questo Lachaud è colui che legò il suo nome alla difesa della signora Lafarge… [nel celebre e controverso processo di Marie Lafarge accusata di avere avvelenato il marito tenutosi nel 1840, a Tulle, in Francia N.d.A.] senza aver mai pronunziato l’arringa dinanzi alla corte d’assise. Il fatto del resto non è isolato. Anche l’avv. Labori non parlò mai per Dreyfus: gli impedirono di parlare, gli spararono una revolverata: eppure è conosciuto come l’avvocato di Dreyfus. [Alfred Dreyfus, capitano alsaziano, di origine ebraica, dell’esercito francese, sul finire del XIX secolo è accusato, innocente, di tradimento e intelligenza con la Germania e condannato. Il caso divide l’opinione pubblica francese, dal 1894 al 1906, anno della riabilitazione N.d.A.].

*  Un giurato voleva ottenere di essere rifiutato e diceva al difensore dell’imputato: - Avvocato, mi ricusi: devo assistere al matrimonio di una mia nipote. - Ah no - rispondeva l’avvocato lusingatore - impossibile! Per questa causa ho per l’appunto bisogno di persone intelligenti!

A questo proposito, l’Autore scrive:

D’altra parte, intelligente non sempre vuol dire colto.

Notò giustamente il Pascale (nel giornale La Toga del 15 aprile 1926) che in Resurrezione del Tolstoj l’unico giurato che, nel processo della sventurata Maslova, intese la verità - che non intuirono né il consigliere di Stato né il colonnello, né lo stesso principe Dimitri - fu un giovane mercante: il fiuto del vero è un istinto più che un raziocinio.

Concludiamo con un’ultima annotazione di Virgilio Feroci che riguarda due celebri giuristi italiani del passato, Giovanni Carmignani e Francesco Carrara.

Giovanni Carmignani (San Benedetto a Settimo, oggi frazione di Cascina, Pisa, 31 luglio 1768 – Pisa, 29 aprile 1847) ha insegnato diritto penale e filosofia del diritto all’Università di Pisa. Francesco Carrara (Lucca, 18 settembre 1805 – Lucca, 15 gennaio 1888), allievo e successore di Carmignani nella scuola pisana, di ispirazione liberale, è stato uno fra i primi studiosi di diritto criminale a pronunciarsi per l’abolizione della pena di morte in Europa.

 

* Stranissimo il contrasto fra il Carmignani professore di diritto penale nell’Università di Pisa, e il Carrara che fu scolaro di lui e gli succedette nella cattedra.

Il Carmignani depose la toga di avvocato penale in segno di protesta contro la istituzione della giuria.

Il Carrara si indispettì invece, molto presto, coi magistrati togati e non volle difendere più che in assise.

Come si vede, l’istituzione delle giurie era stata disapprovata anche da qualificati giuristi e non soltanto fortemente criticata dal battagliero sacerdote giornalista cattolico-intransigente Stefano Sanpol nel suo “Quaresimale del contemporaneo dinanzi la Corte di Torino” (Firenze, 1864) già più volte citato.

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Articolo pubblicato il 22/08/2019