13 agosto 1935: una ragazza selvaggia nei Carpazi

Smarrita dai genitori, vive per sette anni tra i monti insieme agli animali -- Scoperta ora dai boscaioli riprende a poco a poco gli usi della vita civile

Il 13 agosto 1935, “La Stampa”, nella pagina delle “Ultime Notizie”, racconta la vicenda di «Una ragazza selvaggia nei Carpazi» con questo sommario «Smarrita dai genitori, vive per sette anni tra i monti insieme agli animali -- Scoperta ora dai boscaioli riprende a poco a poco gli usi della vita civile».

Leggiamo:

 

Bucarest, 12 notte [1935]

I giornali recano gli impressionanti particolari dell’odissea di una ragazza quindicenne, certa Giovanna Mandrilla, figlia di contadini abitanti nei Carpazi, e che smarriti i genitori sette anni or sono mentre si recava con essi a una fiera, è stata ritrovata nello scorso giugno da una squadra di operai incaricati di abbattere pini di una immensa foresta situata ad una distanza considerevole da Sugag, paese in cui abita la famiglia della bimba scomparsa.

Questi operai rinvennero in una grotta una creatura selvaggia, addormentata su uno strato di foglie secche. La singolare creatura portava i resti di un vestito di pelle di montone, troppo piccolo per essa, e al quale erano stati attaccati con dei cenci dei rami che l’avvolgevano come un mantello. La ragazza alla vista degli uomini lanciò grida di terrore che non avevano nulla di umano, poi si dette a morsicare e graffiare gli uomini che avevano tentato d’impadronirsene, di guisa che costoro furono costretti a legarla. Invano essi cercarono di ammansirla con le parole: la ragazza selvaggia dei Carpazi non comprendeva il loro linguaggio. Essi le offrirono da mangiare, ma la strana creatura rifiutò dapprima gli alimenti preferendo masticare delle bacche raccolte per terra. In seguito capì che non le si voleva fare alcun male e finì per accettare i cibi che masticava come un animale.

La notizia della strana scoperta si diffuse in tutti i villaggi circostanti. II sindaco di Bucesti, il più vicino villaggio, non sapeva che fare di questa selvatica creatura che non si poteva tenere rinchiusa in casa e che sembrava ignorare totalmente il modo di vivere degli uomini. Decise quindi di informare della cosa le autorità della città di Ploesti che inviarono dei gendarmi per prendere in consegna la ragazza e condurla in città. Quivi venne affidata alle cure dell’ospedale municipale mentre veniva fatto un rapporto circostanziato della scoperta accompagnato da una fotografia dello strano essere umano. In tal modo si sperava di scoprire l’identità della poveretta scesa al livello degli animali in seguito alla vita solitaria da essa condotta da tanti anni. Le ricerche furono coronate da successo poiché poco dopo il notaio di Sugag informava le autorità di Ploesti che la ragazza era probabilmente la figlia smarita dalla famiglia Mandrilla. Il padre infatti si recava a esaminare la fotografia presso il notaio del villaggio e riconosceva subito nei tratti della ragazza una grande rassomiglianza con quelli di sua moglie. I Mandrilla partirono allora per Ploesti per visitare la ragazza che riconobbero, grazie a un segno particolare nonché per la grande rassomiglianza già constatata, per la figliola smarrita sette anni or sono.

La Giovanna Mandrilla, ricondotta nella capanna paterna, tornò ad apprendere poco per volta le abitudini umane. In modo incoerente poté raccontare in seguito la sua storia. Sette anni fa essa aveva abbandonato un momento - mentre coi parenti si recava ad una fiera - i suoi fratelli e le sue sorelle per raccogliere violette; ma poi si era sbagliata di direzione e invece di ritornar presso i suoi si era diretta dalla parte opposta. Più essa credeva di essersi avvicinata a Sugag e più se n’era allontanata. Abituata alla solitudine dei monti essa non aveva molta paura; più tardi, perduta ogni speranza di ritrovare i suoi familiari, aveva cominciato a raccogliere delle radici e delle bacche per sfamarsi. È un vero miracolo che durante il lungo tempo trascorso tra gli animali e in una regione così poco ospitale essa non sia morta e oggi la famiglia Mandrilla predilige la sua figliola prodiga miracolosamente ritrovata.

 

Una storia lieto fine anche se con qualche aspetto non del tutto chiarito dalla cronaca del giornale.

Tentando di individuare su Google Maps le località approssimativamente indicate da La Stampa, queste appaiono a una distanza poco verosimile… ma non è il caso di una verifica sul territorio, almeno fino alle prossime vacanze.

Concludo ricordando che il tema della “ragazza selvaggia”, in inglese “wild girl”, è stato variamente interpretato dal cinema, come declinazione al femminile del mito di Tarzan. Si citano tre film esteri, del 1917, del 1925 e del 2010. Un prodotto italiano del 1969 è “Tarzana, the Wild Girl”, in origine “Tarzana, sesso selvaggio”: ne riportiamo i manifesti di un erotismo oggi quasi patetico.

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Articolo pubblicato il 13/08/2019