La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Una piccola battaglia fra una guardia, un carrettiere e alcuni barabba

Sono arrivato a leggere la cronaca de «La Stampa – Gazzetta Piemontese» di venerdì 26 luglio 1895 mentre ero alla ricerca dell’annuncio della morte di un personaggio torinese. Non l’ho trovato e mi sono soffermato su un titolo che evocava una vicenda dove erano coinvolti una guardia municipale, un carrettiere e alcuni barabba. Di questa cronaca mi ha colpito un aspetto di grande attualità, fortemente diffuso in modo trasversale, quello che il cronista definisce come «spirito di ribellione ai rappresentanti della forza pubblica», molto più spesso sostenuto a parole piuttosto che realmente praticato ma che in ogni caso denota una perdita di quel senso dello Stato che in passato caratterizzava noi Piemontesi.

Leggiamo:

Una piccola battaglia fra una guardia, un carrettiere e alcuni barabba. - Il fatto è accaduto ieri [25 luglio 1895, N.d.A.], poco dopo le ore 17, sul corso Regina Margherita. Una guardia municipale che era ivi di servizio vide passare un carro tirato da un mulo che procedeva lentamente senza essere accompagnato da vicino, come prescrive il regolamento, dal carrettiere. L’agente perciò fermò il mulo ed attese che giungesse il carrettiere per invitarlo a non trasgredire le prescrizioni regolamentari.

Un momento dopo il carrettiere, che si seppe poi essere certo Fossati Giacomo, d’anni 20, sopraggiunse, ma invece di accettare quietamente i rimproveri dell’agente, rispose prima con delle insolenze e poi tentò di percuoterlo col manico della frusta, in modo che la guardia fu obbligato, per difendersi, a sguainare la sciabola. A questo punto un barabba che passava, e che non entrava per nulla nella questione, per solo spirito di ribellione ai rappresentanti della forza pubblica, si avventò sull’agente armato di coltello, mentre che altri tre barabba da lontano cercavano pure di colpirlo con delle pietre.

Il carrettiere, contentissimo di quell’insperato aiuto, vedendo che la guardia era ormai impegnata a battagliare cogli altri, sferzò il mulo e si diresse verso il ponte Regina Margherita, tentando in tal modo di sottrarsi alle conseguenze del fatto a cui aveva dato occasione.

Due signori però che erano in bicicletta lo raggiunsero per la strada, coll’intensione di andare ad avvertire le guardie daziarie della barriera di Casale perché lo fermassero; ma il carrettiere, che forse aveva indovinato la loro intenzione, svoltò in una straduccia di campagna laterale al corso, e spinse ancora di più il suo mulo a correre, in modo che ad un certo punto, a forza di correre, mulo, carro e carrettiere ribaltarono in un fosso.

Per tal modo, mercé l’aiuto di altre guardie daziarie della sezione di Vanchiglia, avvertite dai suddetti velocipedisti, il Fossati fu arrestato e condotto in Questura.

Nella perquisizione fattagli gli vennero sequestrati un coltello a serramanico ed una rivoltella di corta misura, con una provvista di 25 cartucce.

 

La rivoltella di corta misura è un’arma proibita e così armi e munizioni sequestrate inducono a credere che Giacomo Fossati fosse un carrettiere imprestato alla malavita, arrestato grazie all’aiuto di due probi «velocipedisti» e all’impegno extra istituzionale delle guardie daziarie.

Nello stesso giornale ho trovato una seconda notizia di cronaca nera riguardante un furto commesso all’Ospedale Valdese da un signorile personaggio che il cronista definisce come «finto medico».

Un ladro finto medico. - L’altro ieri [24 luglio 1895, N.d.A.] si presentò all’Ospedale Valdese un individuo signorilmente vestito, il quale, qualificandosi per un medico, disse che aveva un appuntamento all’Ospedale col medico curante dott. Roddolo, e perciò pregava che lo lasciassero entrare per attendere il collega. Naturalmente la sua richiesta venne subito gentilmente accolta, e lo sconosciuto fu fatto entrare in una camera al piano terreno, dove si trova un armadio contenente fra altro dei ferri chirurgici.

Dopo circa una mezz’ora di attesa siccome il dottor Roddolo non giungeva, lo sconosciuto dichiarò che non poteva più oltre attenderlo e se ne andò, cortesemente salutato.

Nessuno ebbe lì per lì il sospetto che si trattasse di un ladro; ma il sospetto, o, per meglio dire, la certezza la si ebbe il giorno dopo quando si verificò che dall’armadio mancava una scatola di ferri chirurgici del valore di L. 100 ed un portamonete contenente L. 8.

 

Che dire? Si ripete che l’abito non fa il monaco, che l’apparenza inganna ma, nei fatti, nessuno sospetta di una persona elegante e con una distinta parlantina. Sulle grandi capacità dei truffatori di intortare le persone ci sarebbe da scrivere un trattato ma non in questa sede… Piuttosto, chi ha detto che il ladro fosse un «finto medico»? Magari era un neolaureato o un laureando che voleva fornire il suo ambulatorio senza spendere…

Concludiamo con una terza notizia che sicuramente oggi riscuoterà un forte successo:

Una donna salvata da alcuni gattini. - Accanto ai patriottici quà quà delle oche del Campidoglio bisognerà d’ora innanzi aggiungere il vigile miagolio dei gattini che la scorsa notte salvarono da certa morte una donna, certa Abrate Margherita, abitante nella casa N. 21 di via Cottolengo. L’Abrate vive da sola, o, meglio, insieme ad alcuni piccoli gatti a cui si era affezionata. E questa sua affezione non fu male collocata poiché senza i suoi cari mici a quest’ora la povera donna sarebbe entrata nel numero dei più.

Ecco come è andata la cosa.

L’Abrate si era coricata ieri sera, verso le 22, lasciando sul tavolo da notte un resto di candela accesa. Addormentatasi, la candela giunse alla fine e poco a poco comunicò il fuoco al letto. In breve la camera fu completamente invasa dal fumo asfissiante. Fu allora che i gattini, intuendo forse il pericolo che correva la padrona e sentendosi a loro volta mancare il respiro, si misero a miagolare disperatamente in modo da svegliare l’Abrate.

Appena aperti gli occhi, la povera donna rimase esterrefatta nel vedere il suo letto in fiamme, e con tutta la forza dei suoi polmoni si mise a gridare finché non accorsero i vicini di casa, i quali, non occorre dirlo, le portarono prontamente tutti gli aiuti che il caso richiedeva.

Furono pure chiamati i pompieri e insieme a questi accorsero anche alcuni carabinieri ed agenti, ma al loro arrivo il fuoco era già stato spento dai casigliani con dei secchi d’acqua.

 

Una bella storia commovente, a lieto fine. Ma a differenza di molti attuali lettori la mia attenzione si focalizza sui vicini di casa che accorrono alle invocazioni di aiuto della Abrate e sono così solerti ed efficienti che all’arrivo dei soccorritori il fuoco è già stato spento a secchiate d’acqua. Oggi, in una situazione analoga, sono certo che i gattini si comporterebbero nello stesso modo ma non lo sono altrettanto del contegno dei vicini di casa.

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Articolo pubblicato il 11/08/2019